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 2015  ottobre 04 Domenica calendario

Flea (Red Hot Chili Peppers), Mark Hoppus (Blink 182), Alex James (Blur), Manuchao, Damien Rice e altri rockers che appena possono vanno a fare i contadini nelle loro campagne

Troppo facile e modaiolo fare vino in Toscana come Sting. Un vero rocker lo vedi dal coraggio (di rischiare un’altra attività imprenditoriale), dall’altruismo (eco) e dalla fantasia di scegliersi un hobby in campagna per sfumare il rumore della loro vita musicale.
L’ultimo è Flea, icona rock grazie al basso che da una vita suona nei Red Hot Chili Peppers. Così mentre la band californiana sta segretamente lavorando al nuovo album, lui ha perso la testa per le api. Ne ha comprate 60 mila per prodursi il miele nel giardino di casa sua. Una passione recente, degli ultimi mesi. Che ha un secondo (e nobile) fine. Flea, colpito dalla moria di api che flagella gli Stati Uniti, ha deciso di mettere la sua piccola pezza all’emergenza che anni fa segnalò anche Einstein, quando scriveva che la Terra sparirà nel momento in cui si estingueranno le api. L’ultimo censimento in materia dice che da aprile del 2014, in un anno si sono estinti il 40% degli insetti. E così posta su Instagram le sue foto al lavoro nei tre alveari, armato di tuta, guanti e arnie. «Amo perdermi nella profondità del superorganismo delle mie api» scrive Michael Peter Balzary, solo Flea per il popolo del rock che l’ha eletto il più virtuoso delle quattro corde.
Non è l’unico folgorato sulla via del miele. Già Mark Hoppus, leader dei Blink 182 aveva coltivato il suo alveare nella sua fattoria in mezzo alle galline. Un amore scoppiato grazie alle frequentazioni della British Beekeepers Association, l’associazione degli apicoltori britannici.
Il precursore in campagna è stato certamente Alex James, bassista dei Blur ormai nel tempo che avanza dalla sua attività casearia. Un passato brit-pop tutto droghe e donne, un presente in fattoria a fare formaggio. Nonostante la recente reunion con Damon Albarn e soci, stanco della vita londinese, Alex è scappato sulle colline del Cotswolds nel cuore dell’Inghilterra e, appeso il basso al chiodo, si fa fotografare tra mucche e forme di cheddar. «Non riesco a non pensare al formaggio e questo mi spinge a creare nuovi prodotti e a sostenere il circuito degli agricoltori indipendenti: recentemente la cosa che mi emoziona di più è rifugiarmi in un supermercato francese ben fornito», dice orgoglioso.
La svolta eco è sempre più diffusa nel mondo del rock. Anche Manuchao, menestrello icona del movimento no-global ha sposato la causa dell’orto di quartiere. Nella sua Barcellona, è diventato il promotore del verde nel quartiere del Poble Nou. Pomodori, melanzane, zucchine: tutti si rimboccano le maniche, poi si dividono il raccolto. «È dalle piccole coltivazioni condivise che può svoltare questa economia in crisi massacrata dalle multinazionali», sostiene il cantante spagnolo.
La vita nell’orto aveva stregato anche Damien Rice. Il cantautore irlandese ha un passato sconosciuto al suo grande pubblico con stivali e zappa nel verde della Toscana. «Nel ’99 ho vissuto 8 mesi in Italia, realizzando un sogno che mi porto ancora dietro: ho lasciato la band e mi sono nascosto in una fattoria di Pontassieve, tra polli e asini: la pace assoluta». Anche il cantante israeliano Asaf Avidan si è preso villa (con orto) sulle colline marchigiane a San Bartolo, per coltivarsi a centimetro zero i prodotti per la sua tavola vegetariana. C’è poi la sfida dei vini (siciliani) tra Jim Kerr dei Simple Minds nelle sue tenute intorno a Taormina e Mick Hucknall, il rosso dei Simply Red che produce bianco ai piedi dell’Etna.
La vita nei campi è la fonte di relax preferita anche di alcuni artisti italiani. Per esempio Zucchero, che la sua cascina autosostenibile se l’è cresciuta a Pontremoli, sull’Appennino. O Francesco De Gregori che a Spello, in Umbria, produce un super olio. O Nek che racconta di rilassarsi solo in sella a un trattore. La simbiosi rock campagna funziona da sempre. I precursori? Sicuramente Charlie Watts, eterno batterista dei Rolling Stones, che ama i cavalli e si è aperto il suo allevamento. O Roger Daltrey, cantante degli Who, che appena può si ritira nei suoi laghetti di trote. Il premio all’originalità però va a Terminator X, ex dj e beat maker cattivissimo dei Public Enemy. La sua passione segreta? Altro che il rap: allevare struzzi.