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 2015  ottobre 04 Domenica calendario

Il Sinodo non metterà in minoranza il Papa e lavorerà sul concetto e le dimensioni dell’“accompagnamento”

T empesta alla vigilia del Sinodo sulla famiglia che apre oggi e lavorerà per tre settimane: il documento finale verrà votato sabato 24. Un teologo polacco del Vaticano (Krzysztof Olaf Charamsa) che fa un coming out quanto mai intempestivo con un’intervista al Corriere della Sera di ieri: «Sono gay, ho un compagno, vorrei che la mia Chiesa rivedesse la condanna dell’omosessualità». E c’erano stati subito prima due «ospiti» del viaggio di Francesco negli Stati Uniti che avevano raccontato d’averlo salutato familiarmente nella Nunziatura di Washington e che sono una militante antigay (Kim Davis) e un omosessuale dichiarato (Yayo Grassi) che è andato all’appuntamento papale con il compagno (Iwan Bagus).
Si tratta di lampi e tuoni mirati all’assemblea sinodale, che ieri ha avuto un preludio di pace con una veglia in piazza San Pietro presieduta dal Papa, presenti novantamila persone. Oggi ci sarà una concelebrazione di Francesco con i 270 «padri sinodali» e domani partirà il dibattito.
Il Sinodo tratterà della crisi della famiglia: giovani che non si sposano, difficoltà di prepararli a questo passo in contesti non favorevoli, rapide rotture del matrimonio, passaggio a nuove unioni. Ma dibatterà anche sulle coppie di fatto, sull’omosessualità, sul posto che possono avere nella Chiesa i divorziati risposati.
Su questi argomenti marginali rispetto all’insieme – ma che sono proprio i più controversi – riparte ora lo psicodramma dell’anno scorso, quando si fece il primo dei due Sinodi sulla famiglia, convocati da un Papa che non ha paura del dibattito. L’anno scorso il rumore finì riassorbito da una conclusione mediana e dal rinvio delle questioni più ardue alla nuova assemblea.
Con quale prospettiva si apre dunque il Sinodo? La stessa prospettiva di quanto già visto l’anno scorso, cioè di un esito mediano largamente condiviso: così assicurano il segretario generale del Sinodo, cardinale Lorenzo Baldisseri, responsabile della macchina sinodale; e il segretario speciale, l’arcivescovo Bruno Forte, il coordinatore dei «periti» ai quali è stato affidato l’approfondimento del tema famiglia.
La previsione ha tre fuochi: vivo dibattito tra i «padri», forse più acceso rispetto a quello dell’anno scorso; raddoppiata baruffa mediatica, che stavolta del resto è già partita con una settimana d’anticipo; nessun esito interpretabile come ribaltone dottrinale, o «Papa in minoranza». È verosimile che il Sinodo faccia proprie tutte le aperture segnalate dal Papa in questi due anni e mezzo: migliore accoglienza in parrocchia, nei gruppi e nelle associazioni sia per le coppie di fatto, sia per gli sposati soltanto civilmente, in vista di un loro graduale «accompagnamento» al «matrimonio sacramento»; il riconoscimento di qualche ruolo ecclesiale ai divorziati risposati, tipo testimoni e padrini nei sacramenti; l’invito alla misericordia – in confessionale – nei confronti dei risposati che vivono una conversione e compiono un «cammino penitenziale» ma non possono tornare indietro (perché, poniamo, ci sono nuovi figli con il nuovo partner); un atteggiamento non giudicante, ma nessun riconoscimento pratico, verso l’omosessuale che «cerca Dio».
In conclusione si dovrebbe arrivare – dicono in Vaticano – a una reimpostazione dell’intera «pastorale familiare» in vista del metodo dell’accompagnamento che si diceva e a molti piccoli aggiustamenti del linguaggio, della disciplina e della prassi, nel segno di una maggiore flessibilità verso le situazioni irregolari. Ma nessuna decisione clamorosa che tocchi la dottrina. Ed è immaginabile che il Papa promulghi rapidamente, come già l’anno scorso, le decisioni del Sinodo