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 2015  ottobre 04 Domenica calendario

La dura reazione del Vaticano alla confessione di padre Charamsa(«sono gay e ho un compagno»): «È un’indebita pressione sul Sinodo, deve essere allontanato»

CITTÀ DEL VATICANO Oltretevere si passa da una grande irritazione a una «tranquilla amarezza», secondo l’indole. Il «coming out» del monsignore vaticano che ha detto di essere gay e avere un compagno ha fatto il giro del mondo. E certo la risposta di padre Federico Lombardi, concordata parola per parola con la Segreteria di Stato vaticana e diffusa con un bollettino ufficiale in italiano, inglese e spagnolo, fa capire quanto l’intervista al Corriere di Krzysztof Charamsa non sia stata presa bene: «Si deve osservare che – nonostante il rispetto che meritano le vicende e le situazioni personali e le riflessioni su di esse —, la scelta di operare una manifestazione così clamorosa alla vigilia del Sinodo appare molto grave e non responsabile, poiché mira a sottoporre l’assemblea sinodale a una indebita pressione mediatica».
I tempi della dichiarazione pubblica (e senza neanche aspettare di confidarsi prima con il Papa, come Charamsa ha sostenuto di voler fare), l’ammissione di avere da tempo una relazione, la «manovra di disturbo» su temi che non sono in discussione: la definizione di famiglia, il celibato sacerdotale. La reazione era scontata: «Certamente monsignor Charamsa non potrà continuare a svolgere i compiti precedenti presso la Congregazione per la dottrina della fede e le università pontificie», ha fatto sapere Lombardi. «Gli altri aspetti della sua situazione sono di competenza del suo ordinario diocesano», il vescovo della sua diocesi in Polonia.
La sera, alla Veglia in San Pietro, è Francesco a dire l’essenziale al Sinodo che apre oggi: la Chiesa come «casa aperta» e «accogliente» per chi ha «il cuore ferito», il «rispetto per la condizione di ciascuno», l’avvertimento che «se non sappiamo unire la compassione alla giustizia finiamo per essere inutilmente severi e profondamente ingiusti».
Fermo restando «il rispetto per le situazioni personali» precisato da Lombardi, il problema va oltre l’omosessualità. A parte le considerazioni sulla Chiesa – problematiche, per un officiale dell’ex Sant’Uffizio, segretario aggiunto della Commissione teologica nonché docente alla Gregoriana e al Re-gina Apostolorum – c’è la «pressione indebita» sul Sinodo e la violazione del voto di castità: e non sarebbe cambiato granché, se avesse avuto una compagna. È significativo il commento del gesuita James Martin, direttore della rivista America, voce nota del cattolicesimo progressista: «Sono per l’onestà, ma un prete deve essere fedele alla promessa di celibato che ha fatto all’ordinazione. È una promessa a Dio». Se uno non se la sente, si spiega Oltretevere, «per onestà» può sempre chiedere il passaggio allo stato laicale, senza tradire il voto.
«Non ci devono essere pressioni», dice il cardinale Bagnasco: «La Chiesa ribadirà la sua vicinanza a tutte le situazioni». Eppure, ad essere preoccupati sono i padri sinodali che più si sono spesi per l’«accoglienza». La polemica rischia di fare il gioco delle posizioni di maggiore chiusura. I paragrafi su gay e divorziati, al Sinodo 2014, superarono la maggioranza assoluta ma non i due terzi necessari. Fu Francesco a volere che facessero parte lo stesso del testo di lavoro al nuovo Sinodo, perché se ne discutesse ancora: «Pubblicate tutto».