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 2015  ottobre 02 Venerdì calendario

L’anno zero per la lirica italiana. I conti dell’opera migliorano ma il debito del 2014 è salito a 426 milioni. Da qualche parte, del resto, bisogna pur cominciare. In particolare, sembrano aver imboccato la direzione giusta le otto fondazioni “sotto osservazione”, ovvero quelle che hanno aderito alla legge Bray e che sono obbligate a raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2016, pena la liquidazione coatta amministrativa

È l’anno zero per la lirica italiana che, con l’avvio nel 2014 dei piani di risanamento previsti dalla legge Bray (la 112 del 2013) per otto fondazioni su 14, ha dato inizio a un faticoso percorso di ristrutturazione che entro il 2016 dovrebbe portare tutti i teatri al pareggio di bilancio.
Ma la strada è ancora lunga, come risulta dall’analisi effettuata dal Sole 24 Ore sui bilanci consolidati 2014 delle 14 fondazioni (approvati durante i mesi estivi) e dal primo monitoraggio semestrale del commissario alla lirica Pierfrancesco Pinelli sui pre-consuntivi 2014 e i previsionali 2015 di cinque di esse (Bologna, Firenze, Napoli, Opera di Roma e Trieste), che hanno aderito alla legge Bray e i cui piani sono già stati approvati da Mef e Corte dei Conti. Un dato salta subito agli occhi: se è vero che, nel complesso, si registra un miglioramento dei conti economici, resta negativo il dato sul debito pregresso, che dai 392 milioni record del 2013 sale ulteriormente a 426 milioni (contro i 340 del 2012 e i 350 del 2010).
L’avvio del risanamento
Da qualche parte, del resto, bisogna pur cominciare. Migliorano ad esempio, nel complesso, i conti economici delle 14 fondazioni, che aumentano lievemente produttività e ricavi, riequilibrano gli utili o riducono le perdite e, soprattutto, contengono i costi di produzione. In particolare, sembrano aver imboccato la direzione giusta le otto fondazioni “sotto osservazione”, ovvero quelle che hanno aderito alla legge Bray e che sono obbligate a raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2016, pena la liquidazione coatta amministrativa. Per aiutarle in questo percorso di risanamento, lo Stato ha messo a disposizione 148 milioni sotto forma di prestiti agevolati, da restituire in 30 anni. Circa 115 milioni sono già stati erogati alle cinque fondazioni il cui piano di risanamento è stato approvato: il resto sarà allocato nei prossimi mesi, anche a beneficio delle tre realtà (Bari, Genova e Palermo) i cui piani sono stati approvati dal Mef solo nei giorni scorsi e sono ora in attesa del via libera da parte della Corte dei Conti. Per le prime cinque realtà monitorate, il 2014 è andato «infinitamente meglio del 2013», commenta il commissario, incaricato dal governo di gestire il rilancio delle otto fondazioni liriche aderenti alla 112.
Il monitoraggio
Il primo monitoraggio semestrale dimostra che gli sforzi di contenimento dei costi e di miglioramento dei risultati d’esercizio ci sono stati. Gli obiettivi indicati dalla legge sono stati «sostanzialmente raggiunti»: maggiore produttività, contenimento delle perdite e riduzione dei costi totali, in particolare quelli relativi al personale, che non poche difficoltà avevano causato, lo scorso anno, in alcuni teatri. Fortunatamente, nessuna Fondazione è dovuta ricorrere a licenziamenti: solo nel caso del Maggio Fiorentino, 53 dipendenti sono stati trasferiti alla società interinale governativa Ales e assegnati ad altro incarico. L’unico parametro negativo è, come accennato, quello sull’indebitamento, che nella maggior parte dei casi continua ad aumentare (+9% per le 5 fondazioni monitorate), a causa soprattutto dello slittamento nell’erogazione dei fondi. Si tratta tuttavia di un aumento in parte previsto anche nei piani di risanamento: una discesa si attende invece a partire dall’esercizio in corso. Inoltre, fa notare Pinelli, si tratta di un debito strutturalmente diverso rispetto al passato, più sostenibile, perché i fondi concessi dalla legge hanno consentito di trasformare gran parte del debito pregresso (dovuto soprattutto a fornitori e banche) in debito verso lo Stato a condizioni più favorevoli.
«Si è avviato un percorso di risanamento virtuoso – commenta il commissario –, che si conferma anche nei bilanci previsionali 2015. Ma è solo un primo passo: alcune fondazioni devono ancora lavorare parecchio e in generale, nei piani previsionali si nota una tendenza al ribasso rispetto agli obiettivi del piano di risanamento». Il ruolo del commissario è proprio quello di pungolare le fondazioni: lo stesso monitoraggio semestrale sui conti (il prossimo è previsto ai primi di novembre) e addirittura sui bilanci previsionali, rappresenta per il settore una assoluta novità, che consente ai vertici dei teatri di correggere per tempo la rotta, anche attraverso indicazioni delle voci su cui intervenire con più decisione. «Va bene aumentare i ricavi – suggerisce ad esempio Pinelli – ma in questa fase del rilancio occorre soprattutto tenere sotto controllo i costi: l’aumento dei ricavi è incerto, mentre la riduzione di un costo è una certezza».
Il cambio di passo necessario
Una lezione che i teatri lirici sembrano conoscere: allargando lo sguardo ai bilanci consuntivi 2014 di tutte le 14 fondazioni, soltanto sei di esse hanno aumentato il valore della produzione nel 2014 (si vedano i grafici in pagina). Il calo dei ricavi è in parte imputabile alla diminuzione del Fondo unico per lo spettacolo, ma in otto casi su 14 anche a una diminuzione dei ricavi da biglietti e abbonamenti. L’utile (o la perdita) di esercizio migliora invece, anche significativamente, per sette teatri, ed è positivo per nove di essi. La riduzione dei costi è un obiettivo centrato per dieci fondazioni su 14, mentre i debiti pregressi salgono in dieci casi.
La strada, si diceva all’inizio, resta lunga. Valgono perciò per tutte le fondazioni i suggerimenti che il commissario Pinelli rivolge in particolare alle otto sotto la sua “tutela”: «Occorrono grandi capacità manageriali e coesione tra le componenti chiave delle fondazioni: soci, dirigenti e maestranze». Bisogna cambiare il modo di produrre, aumentando ad esempio le coproduzioni o gli scambi di spettacoli, nell’ottica di un sistema nazionale che lavora in sinergia. Su questo fronte, ammette però Pinelli, i passi avanti sono ancora timidi o insufficienti.