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 2015  ottobre 02 Venerdì calendario

Università, buone notizie dalla classifica internazionale "World University Ranking": se a dominare sono le solite anglosassoni (California Institute of Technology, Oxford e Stanford), tra le prime 250 cresce però il numero delle italiane. La migliore è Pisa con ben due atenei (la Normale, 112esima, e la Sant’Anna, 180esima), e poi Trento (198esima), Bologna, Milano (il Politecnico) e Roma (la Sapienza). Raddoppiato rispetto all’anno scorso il numero degli atenei italiani presi in considerazione in base ai rigidi parametri della classifica (da 17 a 34)

Esaminate, analizzate in tutti i loro aspetti e giudicate con tanto di votazione. Per poi finire a far parte di una classifica mondiale che, nero su bianco, segna il profilo dei primi della classe. Anche le università, ormai, temono gli esami. Aspettano di leggere la propria posizione nel ranking che, puntualmente, fa tremare le poltrone dei rettori e dei consigli di amministrazione. Ed è così che ieri la nuova classifica mondiale delle università “World University Ranking”, stilata dal magazine inglese Times Higher Education, ha provocato grandi soddisfazioni e altrettante delusioni. Protagoniste indiscusse a livello mondiale restano le università statunitensi e inglesi che conquistano il podio. In ordine: California Institute of Technology, University of Oxford e Stanford University. Nessuna sorpresa, si tratta di conferme. Ma scorrendo la classifica la novità è tutta italiana: le università del Belpaese guadagnano posizioni e si fanno spazio tra le migliori del mondo.
IN CRESCITA
Sono 34 gli atenei italiani presi in considerazione, lo scorso anno erano 17, nel 2013-2014 erano 15 e l’anno prima ancora 14. Un trend in crescita, quindi, che vede alcune (poche in verità) università italiane entrare anche nelle prime 200 posizioni, vale a dire in quel primo 25% di atenei virtuosi. A farla da padrona tra le italiane, in questo primo sbarramento, è senza dubbio Pisa che vanta due atenei: la Scuola normale superiore e la Scuola superiore Sant’Anna, rispettivamente al 112esimo e 180esimo posto. «Siamo sicuramente soddisfatti – ha commentato il rettore della Scuola Sant’Anna, Pierdomenico Perata – questo è un bel risultato ma è uno stimolo per impegnarci ancora di più e per ottenere risultati migliori. Le prime due posizioni a livello italiano confermano che il sistema della ricerca focalizzato su temi specifici, caratteristica del Sant’Anna come della Normale, può rivelarsi vincente». Non solo Toscana, seguono infatti l’Università di Trento al 198esimo posto e poi, di poco al di fuori dei primi 200, l’Università di Bologna, il Politecnico di Milano e la Sapienza di Roma, tutte comprese tra 201 e 250. Buono il risultato del primo ateneo romano che, piazzandosi al sesto posto tra le italiane, guadagna 5 posizioni rispetto all’11esimo posto dello scorso anno. Al 17esimo posto si riconferma, come nel 2014-2015, l’Università di Roma 3. Più distante dalla vetta resta invece l’Università di Tor Vergata che si aggiudica il 30esimo posto tra le italiane, inserendosi nel settore 401-500 della classifica generale.
RIFERIMENTI
Posizioni e voti, dunque, che non sono però solo numeri: gli studenti leggono queste graduatorie come riferimenti internazionali, le studiano e spesso si lasciano consigliare nella strada da intraprendere. Il ranking stilato dal Times Higher Education tiene conto di indicatori racchiusi in macrocategorie come la formazione, la ricerca, le pubblicazioni e le citazioni, la capacità di attrarre fondi, il trasferimento tecnologico e le internazionalizzazione.
Rispetto all’edizione 2014, è stato raddoppiato il numero delle università prese in esame passando da 400 a 800. In crescita anche il numero dei paesi degli atenei che salgono da 41 a 70. Nella giungla di ranking, che a volte dispensano crediti e referenze inaspettate, ce ne sono alcune ritenute più autorevoli come nel caso della classifica internazionale stilata da Qs e come, appunto, la World University Ranking che utilizza uno sbarramento, dai canoni rigorosi, lasciando fuori dalla lista quegli atenei che, seppur candidandosi, non hanno i requisiti minimi. Una selezione che, in questo caso, ha scartato oltre 300 università delle 1.100 che avevano chiesto di essere valutate.
RESTANO FUORI
Resta fuori quindi oltre il 27% dei candidati. I criteri selettivi per l’ammissione sono chiari: conta il numero delle pubblicazioni particolarmente qualificate, almeno 200 l’anno negli ultimi cinque anni. Inoltre, per poter effettuare una comparazione oggettiva, è stato necessario individuare criteri ad hoc per normalizzare dati dei singoli atenei che ovviamente dipendono dai paesi di origine: realtà estremamente diverse in tutto il mondo, soprattutto dal punto di vista economico.