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 2015  ottobre 02 Venerdì calendario

La storia di Giada, la ragazza down, laureata all’Alberghiero, che non potrà lavorare finché la commissione non verificherà la sua disabilità che, come si sa, è irreversibile dalla nascita. Un’altra mostruosità della burocrazia italiana, che ora si mette a sindacare pure sulla Trisomia 21, un handicap che non si cura, che non muta e che, certamente, non può sparire, visto che si tratta di un handicap genetico

Dovrà aspettare mesi e dimostrare di essere down prima di poter cominciare a lavorare. È questo il paradosso della storia di Giada, una ragazza down che nella vita ce l’ha sempre messa tutta. Ha studiato e si è diplomata con il massimo dei voti. Vorrebbe tanto lavorare, ma non può: prima deve sottoporsi ad una visita che certifichi che è ancora down. E ci vorranno mesi. Si infrangono contro un pezzo di carta che manca i sogni di questa 20enne di Treviso, affetta dalla Sindrome di Down, che appena qualche mese fa festeggiava il suo diploma ottenuto con il massimo dei voti alla Scuola Alberghiera. I suoi sforzi, le sue energie non l’hanno salvata dalle mostruosità della burocrazia italiana, che ora si mette a sindacare pure sulla Trisomia 21, un handicap che non si cura, che non muta e che, certamente, non può sparire, visto che si tratta di un handicap genetico.
Come tutti i disabili, anche per Giada il lavoro è un sogno da perseguire con attenzione: servono percorsi guidati, scartoffie e tanta, tanta fortuna. Basta sbagliare una mossa, perdere il treno giusto e si rischia di rimanere lì a far nulla anche per anni. E di sentirsi malati, diversi, rifiutati. Così, per non perdere tempo, aiutata da mamma Lorena, subito dopo la maturità Giada si iscrive al servizio di Integrazione Lavorativa della sua città, sperando di accedere, quanto prima, ad un percorso protetto, che le permetta di inserirsi nel mondo “dei grandi” e fare esperienza. Ha aspettato paziente i mesi estivi, sperando ogni giorno di essere chiamata per la visita- colloquio con la commissione medica del Sil di Treviso che dovrà assegnarle il percorso più adatto a lei. Invece, proprio nel giorno fissato per la visita, arriva la doccia gelata: Giada, quando è diventata maggiorenne, non si è sottoposta alla visita medica necessaria, secondo il Servizio sanitario nazionale, per dimostrare di essere ancora down e, dunque, per lei, niente colloqui e niente lavoro. L’iter delle scartoffie deve ricominciare da capo e solo quando sarà completato Giada potrà accedere alle liste e attendere il suo turno.
«Quando Giada era piccola ogni anno ci siamo recati alle visite di revisione sulla sua sindrome – spiega mamma Lorena, che ha cresciuto da sola la figlia perché vedova – poi nel 2012 abbiamo ottenuto, per lei, la pensione di accompagnamento e ci hanno fatto sapere che, visto che soffre di Trisomia 21, non ci sarebbe più stato bisogno di revisioni». Quando, un anno dopo, Giada ha compiuto 18 anni, al contrario dei suoi coetanei affetti dalla stessa sindrome, forse per un errore, «non è stata convocata per la visita di conferma – spiega ancora la mamma – ma nonostante questo l’accompagnamento è sempre arrivato regolarmente». Due giorni fa, invece, «venti minuti prima del colloquio con la commissione medica ci è stato comunicato che senza quella visita il percorso di inserimento lavorativo non può proseguire», racconta ancora Lorena. «Io ho risposto che nelle verifiche fatte è sempre risultata la sindrome di Down. E che Giada, ovviamente, ce l’ha ancora quella sindrome: ce l’aveva cinque minuti fa e ce l’avrà anche domani, ma non è servito a nulla». Per cominciare a sperare di lavorare Giada deve avere quel pezzo di carta che, beffa nella beffa, deve fare un giro lunghissimo andata e ritorno Treviso-Roma-Treviso per ottenere l’approvazione dai medici della stessa Ausl da cui la ragazza si stava recando qualche giorno fa. «Ci vorranno almeno otto mesi – spiega ancora la mamma – e sono troppi. I ragazzi come Giada hanno bisogno di stare in attività, di sentirsi motivati per non regredire. Siamo stanchi: perchè per questi ragazzi c’è sempre qualche ostacolo?».