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 2015  ottobre 02 Venerdì calendario

Test d’ammissione all’università, test per la patente, test medici, test psicologici, test dell’acqua e dell’aria, test di funzionamento della caldaia, test dei gas di scarico, tutto viene testato, provato, verificato. Ma sarà davvero così? Lo dice il test

Viviamo nella società dei test. Test d’ammissione all’università, test per la patente, test medici, test psicologici, test dell’acqua e dell’aria, test di funzionamento della caldaia, test dei gas di scarico, tutto viene testato, provato, verificato. La parola test è entrata tardi nel nostro linguaggio quotidiano, per quanto abbia una sua indubbia vecchiezza. 

Viene dal latino testo, poi è passata all’inglese, con la caduta di quella o finale. Circolava però già nel Trecento presso di noi; indicava il recipiente di terracotta usato dagli alchimisti per saggiare la purezza dell’oro. Entra però nel linguaggio moderno attraverso gli psicologi, per indicare il quesito che serve a verificare l’intelligenza di una persona. In effetti, il significato della parola è «quesito che ammette solo una risposta esatta posta a un esaminando». 
L’intelligenza a senso unico? Probabile. Chi non ha affrontato prima o poi test attitudinali? Parente stretto del questionario o del quiz, il test appartiene di diritto alla nostra realtà attuale. Invano i linguisti italiani hanno cercato di sostituirlo, in epoca di autarchia linguistica fascista, con reattivo. Erano ben consci che il termine conteneva una sua ambiguità, di cui erano portatori gli antichi alchimisti. Per verificare e saggiare l’oro bisognava sapere applicare le regole della modificazione della materia stessa, evaporazione, sublimazione, metamorfosi, e forse persino transustanziazione. Si può sottoporre a un test la divinità, verificare l’attendibilità del divino con il metodo dell’unica risposta? No, probabilmente no. Da un certo punto in poi, effetto della rivoluzione scientifica del Seicento, ci siamo affidati alla sicurezza del test, alla sua incontrovertibilità, al fatto che esista sempre una sola risposta possibile. 
Quando mai nella vita quotidiana c’è una soluzione possibile? Forse per questo da noi, inveterati scettici latini, i test hanno ben poco attecchito. Nessuno ama essere sottoposto a un test, verificato da un questionario, determinato da un quiz. Da secoli siamo infatti convinti che vi sia più di una risposta esatta alla domanda, almeno due, se non proprio tre o anche più. Nella nostra cultura mediterranea, dominata dalla Grande Madre, il test non esiste, la verifica in definitiva impossibile. Le metriche della tecnica e della tecnologia ci hanno sempre lasciati perplessi, sviluppando reazioni ampiamente dubitative, titubanza esitazione. 
Ma sarà davvero così? Lo dice il test. La religiosità pagana dei molti dèi, e poi quella cristiana con i suoi dogmi indimostrabili e indimostrati, ci hanno resi immuni al cedimento del test, alla sua verità assoluta e inalienabile. Ci accade come davanti a quel personaggio raccontato da Primo Levi nella edizione del 1958 di «Se questo è un uomo», il sergente austroungarico Steinlauf, che oppone alla logica distruttiva del Campo la sua teutonica ostinazione a procedere attraverso regole ferree. 
Ma l’italiano e piemontese Levi, chimico e con antichi ricordi alchemici probabilmente, con uno scatto improvviso afferma che al di qua delle Alpi da secoli si respira una più facile, duttile e blanda dottrina, e che non c’è maggior vanità che sforzarsi di inghiottire interi sistemi elaborati da altri e sotto altri cieli. Non è forse più salutare, come ci suggerisce il dottor Levi, più giusto prendere coscienza di non avere sistema? Test compresi, viene voglia di aggiungere. Quelli sono buoni per altri, al Nord delle Alpi. Ammesso che li sappiano fare, e che poi non ciurlino nel manico.