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 2015  ottobre 02 Venerdì calendario

Il mare restituisce l’aereo che nel ’43 bombardò Palermo. Nella carcassa del B17 rinvenuti anche i corpi di otto avieri americani. Erano le 13.24 del 18 aprile, quando in poco meno di un’ora e mezza, furono sganciate 84 tonnellate di ordigni sulla zona urbana e 59 tonnellate sull’aeroporto. Poi il Devils from Hell fu abbattuto, un uomo fu visto lanciarsi fuori dall’abitacolo con un paracadute, altri sono rimasti dispersi per 72 anni

Quel giorno Palermo tremò tutta. Le famiglie scappavano nei rifugi antiaerei, i soldi e i gioielli nelle tasche, la paura nelle ossa e sulla pelle. In pochi istanti il cielo si riempì di aerei e si annerì di bombe. Erano le 13.24 del 18 aprile 1943, un attacco che sarebbe rimasto a lungo nella memoria della città. In poco meno di un’ora e mezza, fino alle 14.51, furono sganciate 84 tonnellate di ordigni sulla zona urbana e 59 tonnellate sull’aeroporto.
I ricordi
Di quella giornata che ancora gli anziani ricordano – chi accoccolato tra le braccia delle madri, chi in piazza con un materasso sulla testa, chi già scappato in case di fortuna in campagna – adesso riemerge dal mare la carcassa dell’unico aereo abbattuto. Un gigante dei cieli, una Flying Fortress – fortezza volante – come venivano chiamati allora i B17 dell’United States Army Air Force, l’Aeronautica militare statunitense, con le sue tredici mitragliatrici poste in torrette, con la corazzatura imponente e con le ali larghe e minacciose. Ma con un tallone d’Achille, come tutti i giganti: i motori interni più vicini alla fusoliera dell’aereo erano quelli che azionavano i serbatoi di olio lubrificante, attigui ai serbatoi alari per il carburante. Se colpivi quelli, l’aereo andava in fiamme. 
Così fu abbattuto Devils from Hell, Diavoli dall’inferno, il nome del bombardiere ritrovato sui fondali. Così morirono i suoi nove componenti dell’equipaggio. Si chiamavano Bobby M. Godwin, John W. Houck, John H. Person, Virgil Hope, Robert Imler, Robert Littrell, Arthur Nilges, Frank Spatafore, William Hawkins, tutti del 353rd Bomber Squadron. Uno di loro, non sapremo mai chi, fu visto lanciarsi fuori dall’abitacolo con un paracadute. Ma questo non gli servì a salvarsi. Furono tutti dichiarati morti un anno dopo, nel 1944, e quel che resta di loro (poco, niente, calcolano gli esperti) è ancora lì, dentro l’aereo sommerso a 75 metri di profondità, nel mare di Palermo. 
La squadra
La scoperta, arrivata dopo un complicato puzzle di racconti, testimonianze, ricerche d’archivio, è stata fatta dal team “Ombre dal fondo”, da anni impegnato nella ricerca di relitti in collaborazione con la Soprintendenza del Mare della Regione siciliana, guidata da Sebastiano Tusa. Per Tusa si tratta di uno dei numerosi colpi messi a segno in anni di ricerche sui fondali mediterranei, fondali che tutte le guerre hanno visto nello scorrere dei millenni, dai Cartaginesi agli Alleati. Proprio lui presenterà a breve, a Favignana, una ricostruzione spettacolare della battaglia delle Egadi, lo scontro che mise fine alla Prima Guerra punica, nel 242 avanti Cristo. Adesso invece parliamo di una storia ancora recente, con testimoni in vita, ed è storia per cui c’è gente che piange. 
Il Bollettino di Guerra n° 1059 diramato il giorno seguente al bombardamento, dichiarò danni ingenti a Palermo: 38 morti e 99 feriti. Dall’archivio dello storico Alessandro Bellomo, una miniera sulla Seconda Guerra Mondiale, è venuto fuori il rapporto dei Vigili del fuoco di quel giorno, uomini anche loro provati e affamati che giravano per la città ancora in fiamme, cercando di portare acqua e conforto. Pagine che emanano sudore e paura e coraggio. Furono colpite le stazioni ferroviarie, vagoni di treni, un rifugio antiaereo, il porto, il deposito del tram, l’acquedotto che riforniva la città, parecchie abitazioni. Fu affondato anche un motoveliero, ci fu un incendio, crollò un palazzo, scoppiò un deposito di munizioni. Notazione scarne dietro cui si leggono tra le righe storie di famiglie distrutte, di uomini uccisi per strada, di quartieri Liberty abbattuti. Ma è la guerra, bellezza. Guerra che avrebbe preparato lo sbarco in Normandia, che avrebbe portato i soldati americani in Sicilia, e con loro il cioccolato, la chewing-gum e il boogie-woogie. I liberatori. Tanto amati dopo gli anni delle SS e della fame. Tanto amati da perdonare perfino quelle bombe.