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 2015  ottobre 02 Venerdì calendario

Se a Ladispoli le lezioni di romeno sono obbligatorie. I bambini italiani, meno prevenuti degli adulti, hanno apprezzato la novità. Invece i loro genitori sono rimasti indispettiti dalla reazione piccata del preside, che in sostanza avrebbe detto: se non vi sta bene, la porta è quella

In due scuole elementari di Ladispoli è stata inserita un’ora obbligatoria alla settimana di romeno. Resa culturale oppure gesto di integrazione? In questi casi la pancia parla sempre prima della testa e la reazione favorevole o contraria scatta in automatico sulla base di pregiudizi ideologici che dispensano dalla fatica di pensare con il proprio cervello anziché con quello di Boldrini o di Salvini. Un quinto degli abitanti di Ladispoli è romeno. E gli scolari parlano tutti italiano, compresi i figli dei romeni, che sono nati quasi tutti lì. Quel corso aggiuntivo non rinnega il ruolo preminente della lingua indigena e si configura come un atto di cortesia verso la seconda comunità della cittadina. Una cortesia che è anche un arricchimento. Poiché una persona su cinque è romena, può essere utile alle altre quattro possedere uno strumento in più per comunicare con lei. I bambini italiani, meno prevenuti degli adulti, hanno apprezzato la novità. Invece i loro genitori sono rimasti indispettiti dalla reazione piccata del preside, che in sostanza avrebbe detto: se non vi sta bene, la porta è quella.

A costo di incorrere anch’io nelle sue ire, mi sembra che a stonare in questa vicenda dell’ora di romeno sia proprio l’aggettivo «obbligatoria». Sarebbe augurabile che certi slanci del cuore rimanessero un’opportunità. Appena diventano un dovere rischiano di trasformarsi in un sopruso. Mi ha sempre fatto paura chi cerca di imporre agli altri la propria idea di bontà.