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 2015  ottobre 02 Venerdì calendario

Mafia capitale, nuovo capo d’accusa contro Alemanno. Secondo i pm l’ex sindaco sarebbe stato corrotto da Buzzi, Carminati e Panzironi, che gli avrebbero elargito almeno 125 mila euro per vendere la sua funzione di primo cittadino e compiere atti contrari ai doveri d’ufficio. Finanziamenti elettorali e in contanti in cambio di nomine nell’Ama e pagamenti alla società Eur Spa

Dall’inchiesta madre su Mafia Capitale scaturisce un rivolo che potrebbe portare presto alla sbarra Gianni Alemanno. In attesa che gli inquirenti decidano che fare dell’indagine a suo carico per associazione mafiosa, l’ex sindaco ha ricevuto la notifica di un nuovo capo d’accusa: corruzione in concorso con Salvatore Buzzi, Massimo Carminati e il suo ex braccio destro Franco Panzironi, tutti imputati nel maxi-processo che si aprirà tra un mese. La contestazione ad Alemanno riguarda il pagamento di almeno 125.000 euro, a fronte di promesse per cifre ancora maggiori «per la vendita della sua funzione» di primo cittadino, e «per il compimento di atti contrari ai doveri d’ufficio». Con l’aggravante del favoreggiamento al sodalizio mafioso per Buzzi, l’ex leader delle cooperative rosse romane che ha materialmente sborsato il denaro, e per l’ex estremista nero Carminati.
L’avviso di conclusione indagini – firmato dal procuratore Pignatone, dall’aggiunto Prestipino e dai sostituti Cascini, Ielo e Tescaroli, preludio di un’imminente richiesta di rinvio a giudizio – è uno stralcio del procedimento principale dal quale sono emersi i finanziamenti contestati dalla Procura. Secondo gli inquirenti l’ex sindaco ha ricevuto tra il 2012 e il 2014 (quindi quando governava il Campidoglio ma anche dopo, in una sorta di saldo per i favori assicurati in precedenza), attraverso Panzironi che era d’accordo, 75.000 euro per cene elettorali, altri 40.000 alla fondazione Nuova Italia (che gli inquirenti considerano una sua «cassaforte», e dalla quale avrebbe a sua volta ricevuto soldi per sé), e almeno 10.000 euro in contanti, «a fronte di una originaria promessa di 40.000», che per l’accusa costituiscono anche una forma di finanziamento illecito all’esponente politico.
La contropartita che Alemanno avrebbe assicurato al duo Buzzi-Carminati comprende alcuni fatti ricostruiti in ogni passaggio nell’indagine principale. Ecco allora il contributo di Alemanno nella nomina dell’avvocato Giuseppe Berti nel consiglio di amministrazione dell’Ama, la municipalizzata per la raccolta dei rifiuti, e di Fiscon come direttore generale della stessa società, due nomi sponsorizzati dal presunto clan; l’aver messo «strutture del suo ufficio a disposizione di Buzzi e Carminati», come quando il capo-segreteria di Alemanno, secondo il racconto di Buzzi, si decise a incontrarlo in tutta fretta solo dopo una telefonata di Carminati; aver favorito i pagamenti del Comune di Roma alla società Eur Spa, che servivano a onorare crediti di «soggetti economici riconducibili a Buzzi e Carminati».
Nella ricostruzione dei pubblici ministeri, Panzironi – recentemente condannato a cinque anni e tre mesi di carcere per lo scandalo «parentopoli» all’interno dell’Ama – non è soltanto colui che riceveva i soldi da Buzzi e poi li girava ad Alemanno; era anche un «consigliere del sindaco», del quale si sarebbe reso complice nella vendita della funzione. Agli atti del Comune e ora del processo per Mafia Capitale, infatti, c’è una delibera del Giunta comunale guidata da Alemanno (il 2 luglio 2008, subito dopo le elezioni vinte dal centrodestra), nella quale Panzironi, in virtù dei «requisiti personali e professionali» e dei «rapporti eminentemente fiduciari» tra i due, viene nominato collaboratore del sindaco, per il quale «curerà le relazioni esterne e riferirà in via riservata all’onorevole Sindaco». Il tutto «a titolo gratuito», ma secondo i pm i guadagni venivano garantiti attraverso altre vie.
Per esempio i finanziamenti di Buzzi alla fondazione di Alemanno, elargiti sia regolarmente che «in nero». Per i quali gli inquirenti non credono alla versione fornita dal capo delle cooperative, e cioè che Alemanno sapesse poco o nulla dei soldi girati a Panzironi. «Lei non è credibile», hanno insistito i pm, anche in considerazioni della diversa estrazione politica tra i due, uno di sinistra e l’altro di destra. «Il sindaco si finanziava a prescindere dal colore», è stata la risposta di Buzzi. La nuova imputazione contestata ad Alemanno certifica che la Procura non gli dà alcun credito, e ora considera l’ex sindaco un suo complice.