Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  ottobre 02 Venerdì calendario

Bere bene, anche con dieci euro. D’altronde le mille uve della grande vigna d’Italia sono capaci di regalare i Barolo e i Brunello, ma anche, in ogni regione, vini “umili”, meno conosciuti, ma dal vantaggioso rapporto qualità-prezzo. Ecco cosa consiglia la guida 2016 dell’Espresso

È il segreto più prezioso della guida “I vini d’Italia 2016” dell’Espresso, quell’elenco che dalla Val d’Aosta alla Sicilia, consiglia i vini buoni, anzi molto buoni, e accessibili per tutte le tasche: vini che hanno poco da invidiare ai nomi più famosi, bianchi, come un Soave veneto o un Trebbiano abruzzese, rossi prestigiosi di Piemonte, Toscana o Campania. Bottiglie facili da trovare nell’enoteca sotto casa (e magari anche sugli scaffali del supermercato) e a prezzi intorno ai 10 euro a bottiglia e che soddisfano chi vuole bere bene, spendendo il giusto. D’altronde la peculiarità di quella grande vigna che è l’Italia, sottolineano i due curatori della guida, Ernesto Gentili e Fabio Rizzari, è proprio la sua varietà, nelle mille uve capaci di regalare i Barolo e i Brunello, ma anche, in ogni regione, vini “umili”, meno conosciuti, ma dal vantaggioso rapporto qualità-prezzo. E aggiunge Enzo Vizzari, direttore delle Guide dell’Espresso: «Per fortuna non sono solo più i soliti noti a fare i grandi vini, anzi sono centinaia i produttori che lavorano bene». Dal Pecorino, un bianco in grande crescita, al Dogliani fino agli improbabili, fino a qualche tempo fa, ma oggi reali, spumanti di qualità che nascono sulle colline laziali e sono capaci di sfidare i fratelli maggiori nelle classifiche guidaiole.
Perché alle guide si chiede un consiglio, ma anche la “vertigine della lista e cioè voti, classifiche. Quest’anno in testa a quelle dell’Espresso c’è, ancora una volta, un vino piemontese: e non uno qualsiasi: il Barolo 2011 di Bartolo Mascarello. Venti ventesimi ha avuto, il massimo dei voti. E lui Bartolo, il vignaiolo scomparso dieci anni fa, l’amico di Giorgio Bocca e di tanti altri intellettuali della sinistra italiana, che mise sull’etichetta delle sue bottiglie lo slogan “No barrique, no Berlusconi” sarebbe orgoglioso del vino perfetto di sua figlia Maria Teresa, capace di centrare, spiega Rizzari: «Il punto di maturità ideale dell’uva per vendemmiarla». Un vignaiolo “intellettuale” è anche Corrado Dottori, l’autore, oltre che di un interessante libri sul mondo delle vigne (“Non è il vino dell’enologo” il titolo) del miglior vino bianco di quest’anno: una sorpresa, il marchigiano Gli Eremi 2013 de La Distesa che ha avuto 19 ventesimi.
In totale sono 223 i vini (sui circa 20 mila assaggiati) che hanno raggiunto le “cinque bottiglie” il simbolo assegnato a chi ottiene un punteggio di almeno 18 ventesimi. E di questi una cinquantina rientra nella fascia dei vini con un prezzo inferiore ai 15 euro. Piemonte e Toscana con i loro grandi rossi, sono, come sempre, le regioni dominanti (50 a 48 è finita la sfida, seguiti dal Trentino Alto Adige, mentre nel Sud la più premiata è la Sicilia con 13 vini. Sono poi 18 i vignaioli che per la loro costanza nel produrre bottiglie di qualità vengono insigniti delle tre stelle: un club d’élite che registra quest’anno un nuovo ingresso, i campani di Pietracupa capaci di piazzare ben tre vini (due bianchi, un Fiano e un Greco e un rosso, un Taurasi) tra i 223 vini top.
Che sono tanti, ma sono anche una quarantina in meno dell’anno scorso. Segnale di una crisi? «No – spiega Gentili anzi, la qualità media è in crescita. Ma il vino è un prodotto naturale e non s i deve dimenticare che a incidere sulla sua qualità in modo significativo è il clima. Troppo caldo, troppo freddo, troppa pioggia non fanno l bene alla vigna. E il 2014 è stata un’annata estrema quasi in un tutta Italia con un’estate piovosa che ha pesato sulla qualità dell’uva. Per i bianchi in particolare. Ecco perché le eccellenze sono diminuite. Un segnale che alla fine però è positivo perché significa che oggi il vino italiano è fatto in vigna e non in cantina che è un riscontro sincero di ciò che avviene nel vigneto non il frutto di “alchimisti”.