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 2015  ottobre 02 Venerdì calendario

«Dotto’, ce stanno a chiude’...»: il grigio tramonto del Senato, tra fischi, veleni e sceneggiate. Le trame di Lotti e Verdini, lo sconforto degli irriducibili anti-renziani Casson e Mineo, l’imbarazzo del bersaniniano Gotor. E sullo sfondo dell’accordo tra Pd e Ala si scorge pure l’ombra di Nick ’o mericano...

Il commesso seduto alla scrivania alza lentamente la testa.
«Dotto’, ce stanno a chiude’...» (mette su una smorfia, non si capisce se di amarezza o di rassegnazione).
«A me nun me frega niente... Tanto già lo so, me trasferiscono a Montecitorio... Però... Be’, sì, insomma: un po’ me dispiace».
La sintesi è un dono.
Corridoio di Palazzo Madama, finestroni rigati da pioggia sporca, un tramonto grigio su cui è forse il caso di cominciare a far andare i titoli di coda: la storia del Senato della Repubblica sta finendo, finirà tra qualche ora o tra qualche giorno. Ma finirà. Avremo il Senato delle autonomie, con una forte rappresentanza delle Regioni, un Senato con funzioni assai ridotte che non darà più la fiducia al governo.
I cronisti dovranno venirci meno spesso, probabilmente non leggerete più certe cronache dall’emiciclo.
Come adesso.
Nell’emiciclo le opposizioni ancora urlano, si dannano, fanno la loro parte con gli ultimi sberleffi e poi con i fischi e i soliti pugni mulinati, con gli ultimi insulti al presidente Pietro Grasso, che avrebbe deciso di tagliare alcuni voti segreti sull’articolo 2.
Ma intanto è stato approvato l’emendamento firmato da Roberto Cociancich – ex capo scout di Matteo Renzi – un formidabile «cangurone», cioè un emendamento che ne abolisce tanti altri. Maurizio Gasparri, forzista leale al Cavaliere: «Però ci vorrebbe un’altra firma sotto quest’emendamento. La firma di Aquilanti...» (Paolo Aquilanti, segretario generale a Palazzo Chigi ed ex capo della segreteria del ministro Boschi). Paolo Romani, che di FI è il capogruppo: «Infatti Cociancich non sa bene cos’ha firmato...» (nervoso, lui che di solito ha toni eleganti: ma tenere saldo il gruppo gli è sempre più difficile, il dissenso monta e tra i dissidenti deve contare anche Riccardo Villari e Bernabò Bocca, oggi strategicamente assenti).
Veleni, cattiverie, sceneggiate.
I grillini hanno stampato una finta prima pagina del Corriere, con foto del ministro Boschi e titolone: «Bella ciao». Poi si è alzato Lucio Barani, un ex socialista che, dopo essere stato un fedele berluscones, è passato con il gruppo creato da Denis Verdini, Ala, truppe scelte pronte ad appoggiare il governo: e mentre Barani parlava sostenendo di appartenere ad un «gruppo di opposizione», i leghisti hanno iniziato a sventolargli in faccia dollaroni falsi.
Denis Verdini osservava la gazzarra in silenzio.
Anche Luca Lotti, il potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio, in questi giorni è rimasto sempre in silenzio.
Se parlano, i due, parlano tra loro.
Ad un certo punto arriva un flash del sito Dagospia, che insinua: «Lotti vuol scaricare Verdini. Non votateci la riforma, non serve. Ma il compare Verdini replica: i miei vogliono contare e aspettano ricompense».
La cosa certa è che l’articolo 1 – grazie al cangurone di Cociancich – è stato approvato sul velluto: con 177 voti. Dentro, oltre al Pd, c’erano Area popolare, Autonomie e, appunto, i verdiniani di Ala. «Gente che poi presenta il conto...».
Ecco le anime pie che ti ronzano attorno. Faccioni melliflui che ti prendono sottobraccio e ti portano alla buvette. «Mhmm... E allora, vuoi sapere quali premi ci sono in palio per i verdiniani appena questa storia del Senato finirà? La Eva Longo... che lo sai, no? è grande amica di Nicola Cosentino, Nick o’ mericano, a sua volta amico dei Casalesi... beh, la Longo s’aspetta di diventare presidente della commissione Infrastrutture... Poi c’è...».
Passano Corradino Mineo e Felice Casson: e dovreste vedere che sguardi, che occhiate. Con Walter Tocci rappresentano l’ala degli irriducibili del Pd. Hanno votato contro il governo sempre ed in ogni circostanza. «Ma non è servito...», dice con un filo di voce Casson.
Incrocia colleghi dem tronfi, con i sorrisoni di chi sta per stravincere. Così Miguel Gotor, bersaniano e tra i protagonisti dell’accordo con la maggioranza, chiama le agenzie e detta: «Certi toni trionfalistici mi paiono del tutto impropri. Perché io ho provato un sincero imbarazzo nel constatare che le scelte del Pd erano sostenute anche da certi senatori verdiniani...».
«Ah ah ah!» (questo è il senatore Vincenzo D’Anna, un casertano furbissimo e cinico).
Che c’è?
«Ho appena parlato con Denis, che aveva appena parlato con Lotti. È tutto sotto controllo. La riforma del Senato si fa».