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 2015  ottobre 02 Venerdì calendario

Approvato l’articolo 1 con 172 i sì, 108 contrari e 3 astenuti. Ma sono 177 i sì che fanno passare il cosiddetto «emendamento canguro», quello che ripristina una serie di funzioni del nuovo Senato e abbatte con una mannaia 220 pagine di emendamenti evitando così una ventina di voti segreti. Renzi: «Il passaggio più difficile è superato» ma non è stato semplice: tra i dollari finti che Verdini ha fatto piovere in aula e la perizia calligrafica sulla firma di Cociancich richiesta da Calderoli. Oggi l’incognita voti segreti

Il primo tempo della partita nella fornace del Senato si chiude con un punto a favore del governo, dopo una mattinata di scontri e colpi di teatro: i finti dollari-Verdini sventolati dai leghisti, la richiesta di Calderoli della perizia calligrafica sulla firma del collega Cociancich, «se quell’emendamento non è sottoscritto da lui è un falso in atto pubblico»; i continui attacchi all’arbitraggio di Grasso: il presidente bersaglio degli strali resta serafico, reagisce duro solo due volte, quando Mario Mauro gli dice «per allinearsi basta un’alzata di sopracciglio di Renzi», ribatte «non le consento di dirlo, per la valutazione degli emendamenti è stato fatto un esame attento e scrupoloso sulla base del regolamento». E ai grillini che lo sfottono: «Il pelo sullo stomaco non mi manca». 
Maggioranza larga
A fine mattinata il governo porta a casa il primo articolo della riforma costituzionale, 172 voti di Pd, Ap, Autonomie votano insieme all’Ala di Verdini. La Boschi esce dall’aula con Luca Lotti, «meglio non poteva andare, abbiamo approvato in un giorno l’articolo uno, la maggioranza è larga, dunque...». Due ore prima era andata pure meglio, Lega e 5Stelle non votano ma 177 sì fanno passare il cosiddetto «emendamento canguro» di Cociancich, che ripristina una serie di funzioni del nuovo Senato e abbatte con una mannaia 220 pagine di emendamenti evitando così una ventina di voti segreti. La De Petris di Sel si sgola per denunciare l’esistenza di un altro emendamento Cociancich all’articolo 21 sul quorum per eleggere il capo dello Stato, la minoranza Pd si irrita perché sul punto è aperta una contesa col governo: che stavolta prende le distanze dal «Cociancich bis» per tenere buoni i dissidenti. Insomma, un bailamme. L’arrivo a Palazzo Madama del portavoce del premier dimostra che il round è delicato, «con la vittoria sull’articolo uno e l’accordo sull’articolo 2 il passaggio più difficile è superato e si fa un gran passo avanti», è il commento a caldo di Renzi trasmesso ai suoi. Ma sono le parole del Pd Giorgio Tonini, «l’Italia potrà così dimostrare all’Europa di essere credibile e di avere le carte in regola per chiedere più investimenti» a dire quale sia la posta in gioco dietro la fretta del governo di chiudere il 13 ottobre.
Incubo franchi tiratori
Ma in attesa del secondo tempo, fino alle 19 quando si torna in aula, è la paura dei franchi tiratori negli scrutini segreti previsti all’articolo due a tenere banco: il sospetto che qualcuno dei «compagni» della minoranza possa sfilarsi insieme ai riottosi di Ncd. Conciliaboli e vertici maggioranza-governo, si studiano contromosse, magari altri «canguri» per far saltare i sei voti segreti, quelli più insidiosi sono su emendamenti che ripristinano l’elezione diretta dei senatori. La Boschi va a colloquio da Grasso che chiede lumi, smentisce che il governo sfornerà emendamenti canguro. Ipotesi scartata perché rischia di esacerbare ancora più il clima già infuocato. Quando riprende l’aula, Grasso riduce i voti segreti da 5 a 3: avverte che solo se verrà aggiustata la forma di due proposte queste saranno ammissibili. Apriti cielo, due ore di attacchi all’arbitro accusato di non essere imparziale, poi si chiude. Oggi la prova del nove sulla reale tenuta della maggioranza.