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 2015  ottobre 02 Venerdì calendario

Dopo l’ennesima strage in un college americano, Obama ammette la sua impotenza e attacca il Congresso, reo di aver ostacolato ogni suo tentativo di imporre un cambiamento nella legislazione delle armi. A opporglisi non sono stati solo i repubblicani ma anche i democratici, consapevoli di quanto la grande maggioranza degli americani consideri un diritto irrinunciabile la piena libertà di armarsi, garantita dal Secondo emendamento della Costituzione. Un diritto grazie al quale negli Stati Uniti sono morti più civili per colpi d’arma da fuoco nell’ultimo mezzo secolo che in tutte le guerre di tutta la storia americana

Un altro massacro in un campus universitario della nazione più armata del mondo: 300 milioni di armi da fuoco, quasi una per abitante. Un’altra febbrile ricerca delle ragioni di un gesto così efferato nei meandri di una mente malata e divorata dalla rabbia. Poi la cupa collera di Barack Obama, il presidente costretto ad ammettere la sua impotenza davanti alle improvvise esplosioni di violenza che scuotono un Paese nel quale ogni anno 33 mila persone muoiono sotto i colpi di fucili, pistole e mitragliatori.
Chi fa il giornalista e racconta l’ennesima strage vorrebbe sostenere che stavolta è diverso, che questo nuovo bagno di sangue scuote e farà cambiare rotta all’America. Purtroppo non è vero. Quella del sangue versato nelle scuole, da VirginiaTech alla strage di Columbine in Colorado che risale al 1999, è una storia che viene da lontano. A giugno, commemorando le vittime della chiesa di Charleston, in South Carolina, Obama ha confessato che quello era il suo 14esimo intervento per una strage. Poi, ad agosto, la giornalista e il cameraman assassinati a freddo, in diretta, da un loro ex collega.
Anche ieri il presidente ha strigliato il Congresso che «blocca anche la raccolta di dati». Ma ormai «le sparatorie stanno diventando routine». E avverte: «Ogni volta sarò qui a sollecitare un cambiamento della legislazione».
Il leader democratico ha provato in tutti i modi a rendere più severa la legislazione sulla vendita e la diffusione delle armi, soprattutto dopo i 26 morti, tre anni fa, nella scuola elementare di Sandy Hook. L’emozione, allora, fu enorme. Ma non bastò: in Congresso chi ha proposto riforme anche limitate a qualche controllo in più e alla proibizione di vendere caricatori che consentono di sparare decine di proiettili in pochi attimi è stato sconfitto. E non solo per l’ostilità dei repubblicani.
La piena libertà di armarsi, garantita dal Secondo emendamento della Costituzione, è considerata dalla vasta maggioranza degli americani un diritto irrinunciabile. Contro il quale, con poche eccezioni, non osano esporsi nemmeno i politici democratici. Del resto anche chi è convinto che bisognerebbe disarmare l’America sa bene che, se pure oggi fosse introdotto un qualche divieto, avrebbe efficacia per il futuro, ma non riuscirebbe certo a far sparire 300 milioni di armi capillarmente distribuite nelle case degli americani. In un Paese sterminato e in parte ancora selvaggio, chi vive in case isolate non può neppure immaginare di non essere armato.
Certo ci sono le pressioni dei conservatori e della potente lobby delle armi, la Nra. Ma a predicare la piena libertà di armarsi è anche il candidato presidenziale più liberal e progressista che l’America abbia mai avuto: quel Bernie Sanders che ai repubblicani pare un rivoluzionario socialista, ma che è anche un senatore del Vermont. Sanders sostiene di conoscere tanta gente per bene che usa le armi in modo responsabile e aggiunge che è insensato imporre in un villaggio tra i boschi del Vermont le stesse regole che valgono in metropoli come Boston: «Non usciremo da questo problema con una guerra culturale tra l’America rurale e quella delle città».
E così le stragi arrivano anche nell’Umpqua College dell’Oregon, uno degli Stati simbolo della conquista del West. «Non mi rassegno» aveva detto Obama dopo l’ultima strage, riconoscendo di venire da una lunga serie di sconfitte. Ma, con il no del Congresso a ogni riforma significativa, non ha potuto andare oltre 23 ordini esecutivi impartiti in base ai poteri presidenziali per rafforzare i controlli sull’identità degli acquirenti di armi, aumentare la sorveglianza sui malati di mente e definire piani d’emergenza per scuole e istituzioni religiose. Poca roba: come provare a svuotare il mare con un secchio nel Paese nel quale sono morti più civili per colpi d’arma da fuoco nell’ultimo mezzo secolo che in tutte le guerre di tutta la storia americana.