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 2015  settembre 21 Lunedì calendario

Alla riscoperta di Gertrude Bell, la “mamma” dell’Iraq. Archeologa, esploratrice, agente segreto: un libro e un film sulla intrepida eroina inglese che all’inizio del ’900 ebbe un ruolo determinante nella nascita del nuovo Stato

«Giramondo mascolina», con «il seno piatto», «tronfia, sculettante e blaterante», «un minuscolo esserino che si diceva fosse una donna»: generali, funzionari e diplomatici britannici non erano generosi nei giudizi su Gertrude Bell, archeologa, cartografa e linguista. Detestavano di tutto cuore quell’unica donna che si poteva fregiare dell’incarico di funzionaria politica nelle forze armate britanniche presso l’Arab Bureau. Erano costretti ad ascoltare e a far tesoro dei pareri dell’elegante signora dalla figura slanciata, occhi verdi, il naso a punta, capelli color rame, una delle maggiori esperte del mondo arabo.
La Bell giramondo era un personaggio scomodo per i militari prepotenti e colonialisti: agente segreto, un Lawrence d’Arabia in gonnella, alla fine della Prima guerra mondiale ebbe un ruolo determinante nella creazione del moderno Stato dell’Iraq. Però non è passata alla storia come il celebre Lawrence: adesso a riscoprirla è la bella biografia di Georgina Howell La regina del deserto (ed. Neri Pozza, pp. 604, € 28), che andrà in libreria l’8 ottobre, preceduta dal film di Werner Herzog che ne è stato tratto, Queen of the Desert, con Nicole Kidman, James Franco e Robert Pattinson (da venerdì nelle sale italiane).
Fuori degli schemi
Figlia di un magnate dell’acciaio di Middlesbrough, filantropo e innamorato della cultura – nel giro delle amicizie di famiglia era lo scrittore Henry James -, la Bell fu capace di tagliare insoliti traguardi. Fin dai tempi di Oxford si era abituata a essere malvista in quanto eccezionale rappresentante del gentil sesso: conseguì la laurea in storia moderna con il massimo dei voti, quando la presenza femminile era rara avis e il suo trionfo fu segnalato dal Times. Non rientrava però in alcuno schema: a Baghdad fondò le prime scuole per le donne musulmane, detestava le nullafacenti mogli degli ufficiali britannici e a Londra si schierò contro le suffragette e contro il voto al suo stesso sesso (forse anche questa sua discutibile scelta ha fatto sì che in Europa i suoi meriti di grande madre dell’Iraq e di straordinaria tessitrice di rapporti politici siano stati fino a oggi trascurati).
La sua avventura iniziò quando, dopo una vacanza in Persia, cominciò a compiere pericolose esplorazioni scortata da un paio di soldati turchi e da un fedele inserviente. In circa seicento giorni percorse più di trentamila chilometri e si addentrò in luoghi dove una donna occidentale non aveva mai messo piede, in Siria, Mesopotamia, Turchia. Parlava l’arabo alla perfezione, imparò la fotografia (la School of Historical Study della Newcastle University custodisce settemila suoi scatti), studiò epigrafia e archeologia, desiderosa di scoprire qualche ignorato gioiello del deserto, e lasciò una marea di documenti, di rapporti e di dettagliate memorie. Aveva modalità di viaggio stravaganti: oltre alla tenda per la notte ne aveva un’altra per la vasca da bagno di tela, cavalcava dieci ore al giorno – non montava all’amazzone ma si era fatta confezionare indumenti appositi – e assisa sul cammello con una mano teneva l’ombrello per il sole oppure un libro.
Pizzi, batista e pistole
Imparò a bere l’acqua brulicante di vermi, a soffrire la fame, il caldo torrido, il freddo, e iniziò a condividere nelle lunghe sere nel deserto il narghilè pieno di tabacco, marijuana oppure di oppio. Il suo bagaglio non era per nulla spartano, includeva abiti da sera alla moda, camicette di batista e gonne-pantalone di lino, camicie di cotone e pellicce, maglioni e sciarpe, stivali di tela e di cuoio. Come mai? Ancor prima dello scoppio della Grande guerra, al ministero degli Esteri ebbero bisogno di informazioni sulla penetrazione tedesca nell’Arabia settentrionale e orientale e sulle postazioni dell’Impero Turco. La Bell, proprio in quanto donna, poteva raccogliere inosservata notizie e riprendere installazioni militari con la scusa delle foto d’arte. Sotto strati di sottovesti di pizzo nascondeva fotocamera e pellicola, binocoli e armi da fuoco per la difesa personale e da donare agli sceicchi. I capi tribù la rispettavano e si confidavano quanto più esibiva sfarzo e ricchezza.

Nelle mani dei predoni

Mise spesso a repentaglio la propria vita: prigioniera di un gruppo di predoni, dopo essere riuscita a fuggire, si trovò a vagare per tre giorni in completa solitudine, in un’altra circostanza fu segregata per settimane a Haʾil, nell’oasi di Najad. Quando entrò a pieno titolo nell’intelligence britannica, fu lei a consigliare Lawrence su dove e come accendere la rivolta araba. Alla Conferenza del Cairo del 1921, voluta da Winston Churchill, grazie al suo intervento, venne promossa l’istituzione degli Stati di Transgiordania e Iraq affidati ai sovrani Abd Allah e Faysal che lei stessa aveva seguito nell’ascesa al potere. Gertrude morì il 12 luglio 1926, a 58 anni: sul suo comodino venne trovato un tubetto vuoto di sonniferi. «La regina senza corona dell’Iraq», come era stata ribattezzata a Baghdad, appassionata del mondo arabo, aveva scelto di scomparire senza tornare in patria.