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 2015  settembre 11 Venerdì calendario

Migranti, i Paesi dell’Est si coalizzano contro le quote obbligatorie per dare battaglia al piano Junker. L’Austria blocca i treni, l’Ungheria cerca di finire il suo muro al confine con la Serbia, anche la Macedonia pensa di erigere una barriera alla frontiera con la Grecia mentre l’Irlanda sale sul convoglio della solidarietà anche senza aver alcun obbligo di farlo e Obama vuole accogliere 10mila rifugiati siriani. Intanto a Bruxelles fervono i preparativi per la riunione straordinaria dei ministri degli Interni in programma lunedì

L’Austria ferma i treni, la Danimarca riapre le stazioni, anche se di malavoglia e con diffidenza. L’Ungheria cerca di finire il suo muro al confine con la Serbia e annuncia l’intenzione di chiedere uno stato di crisi che permetterebbe al governo di agire con meno vincoli. Anche i macedoni pensano a una barriera alla frontiere greca, mentre l’Irlanda sale sul convoglio della solidarietà anche senza aver alcun obbligo di farlo e Barack Obama ha chiesto alla sua amministrazione di fare in modo che negli Stati Uniti, il prossimo anno, siano accolti almeno 10mila rifugiati siriani.
Una girandola di eventi e negoziati affolla le cronache della grande migrazione che scuote un’Europa divisa. La storia succede ogni secondo mentre la politica cerca una soluzione che appare difficile, anche se ieri – fra gli sherpa comunitari – si registrava un insolito ottimismo.
A Bruxelles fervono i preparativi per la riunione straordinaria dei ministri degli Interni in programma lunedì. Gli ambasciatori hanno esaminato ieri, anche in presenza del presidente della Commissione Jean Claude Juncker, il pacchetto di sette proposte che l’esecutivo guidato dal lussemburghese ha varato mercoledì mattina. Nel testo fatto circolare dalla presidenza lussemburghese, si chiede l’immediato varo dell’Ufficio europeo di Frontex per i rimpatri, coerentemente con quanto suggerito dalla Commissione: «Il clima è positivo ci aspettiamo una dichiarazione politica di sostegno al piano», dice un diplomatico europeo. Il fronte dei «pro», spiegano fonti diplomatiche, è determinato. Nicchiano ancora i quattro di Visegrad – Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria – anche da Varsavia arrivano segnali ritenuti incoraggianti. In compenso, il presidente romeno Klaus Iohannis ha espresso contrarietà ad accettare i 6.351 profughi che le quote attribuiscono al Paese.
«C’è in Europa un’amnesia generalizzata», commenta l’ex ministro degli Esteri, Emma Bonino. In effetti, molti governi e leader si comportano come se la fuga dalla guerre e le migrazioni coatte fossero una novità per il continente. Certo populismo e nazionalismo diffusi non aiutano. Lo si vede nella posizione della premier polacca Ewa Kopacz, che deve essere riconfermata dal voto in ottobre. Dice che la crisi e l’accoglienza sono «un test per la nostra dignità», ma boccia il piano di riallocazione di 160 mila migranti disegnato dalla Commissione. Oggi, a Praga, i ministri degli Esteri di Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia incontrano i colleghi di Germania e Lussemburgo, quest’ultimo guida di turno Ue. Si spera in una messa a punto.
«Guardare l’abisso»
Preoccupano i nervi tesi in molte regioni. «Guardiamo all’abisso col coltello puntato alla gola», riassume l’ex presidente del Consiglio Ue, Herman van Rompuy, parlando con Euractiv. I segnali sono molteplici. Le Ferrovie austriache hanno bloccato ieri mattina il transito di treni «da e per» l’Ungheria a causa del «sovraccarico» dovuto all’afflusso di migranti. Traffico interrotto. Come in guerra. Il gestore magiaro ha risposto organizzando un servizio di bus per portare i profughi al confine.
I danesi, invece, ci hanno ripensato. Sono ripresi i collegamenti su ruota ferrata con la Germania e Copenaghen ha lasciato passare i migranti diretti in Svezia: dev’essere servita la persuasione dell’Ue sull’«inutilità di azioni singole» per fronteggiare una questione che riguarda tutti. E le autorità ungheresi hanno fatto arrivare degli autobus alla stazione di Szeged per prelevare i profughi, anche non schedati, e portarli al confine con l’Austria.
L’Unhcr avverte che 40 mila migranti stanno arrivando in Ungheria, così il vicepremier tedesco Gabriel stima che le proposte della Commissione Ue sono «una goccia nel mare», mentre l’Europarlamento chiede una Conferenza mondiale sulle migrazioni. Si parla, si negozia. Intanto i numeri crescono e, con loro, l’emergenza diffusa.