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 2015  settembre 10 Giovedì calendario

Il Late Show è tornato. Con Cloney e Bush, Colbert fa 6,5 milioni di telespettatori ma riuscirà a riconquistare pubblico giovane in fuga dal piccolo schermo? Intanto il New York Times lo promuove a voti – quasi – pieni, e gli auguri del rivale Jimmy Fallon li arrivano in diretta dalla Nbc. Per ora va bene così

«George Clooney è qui. E non ha neanche un film in uscita…». George Clooney e Jeb Bush, Hollywood e la Casa Bianca, la politica e lo show business, tutti uniti dal filo rosso dell’inno nazionale ironicamente cantato in apertura. E poi gli scherzi su Donald Trump, il cameo dell’amico Jon Stewart, gli auguri del rivale Jimmy Fallon in diretta dalla Nbc: come cioè se da Canale 5 si collegassero con RaiUno... Sì, il Late Show è tornato e Stephen Colbert, l’erede della trasmissione resa famosa da David Letterman, sembra davvero avere passato l’esame nel debutto più atteso. Almeno a leggere le critiche del giorno dopo. Con in testa il temutissimo New York Times che promuove a voti – quasi – pieni il nuovo conduttore scelto per rilanciare lo show che Letterman aveva portato sul podio dei migliori 50 della storia tv.
Certo: Colbert è già un veterano. Alla guida per oltre 10 anni di un programma satirico di enorme successo, The Colbert Report, dove si fingeva un fanatico giornalista repubblicano, l’antitesi del politicamente corretto. Un programma così amato da riuscire a riunire per la sigla d’addio i migliori ospiti del decennio: dal regista George Lucas all’ex segretario di stato Henry Kissinger, dal divo James Franco alla giornalista-diva Christiane Amanpour. Ma questo è ormai il Colbert passato: ancora protetto dalla maschera del finto repubblicano. Ora Stephen dovrà imparare a fare i conti con il fantasma di quel Letterman («Sono un suo fan di prima generazione» dice) che dal ’93 al maggio scorso ha fatto del suo salotto il talk show più ambito. E pazienza se l’intervista a Clooney delude. Senza un film in uscita, per riprendere la battuta, l’attore sembra davvero non avere molto da dire. Colpa di Amal? «Mia moglie mi fa incontrare un sacco di gente super intelligente e prima di uscire me lo dice sempre: con questi tipi meglio che tieni il becco chiuso». Con Jeb Bush invece va molto meglio. Colbert gli mostra uno spettatore: «Quello lì è mio fratello. E io lo amo nonostante politicamente sia il mio opposto: e lei come si differenzia dal suo?». «Sono più giovane e bello». «Sì, e politicamente?». «Sarò il “Veto” Corleone della politica. Metterò il veto su tutte le spese pazze che lui non ha saputo impedire…».
Intanto però una nuova guerra si profila all’orizzonte: e nemmeno il futuro presidente, chiunque sia, riuscirà ad evitarla. Perché con il debutto del nuovo Late Show, il programma della tarda ora, la sfida più aggressiva dell’anno è appena agli inizi. È questa la fascia in cui le tv intendono recuperare il pubblico giovane in fuga dal piccolo schermo. L’Nbc con Jimmy Fallon lo ha capito da tempo e ora anche Espn della Disney e Time Warner si stanno attrezzando: programmi sempre più facili da smembrare in clip da rilanciare in rete, conduttori capaci anche di mantenere sveglia l’attenzione su Twitter, Facebook, Instagram. Senza dimenticare, naturalmente, la prima regola dell’audience tv (oltre 6 milioni e mezzo di spettatori hanno seguito il debutto, più del doppio dell’avvio di stagione del 2014 con Letterman). In pasto il divo: sempre e comunque. Anche se, come il povero Clooney, «non ha nemmeno un film in uscita».