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 2015  settembre 10 Giovedì calendario

E Donald adora Silvio: «Mi piace, mi piace è una persona per bene». Mario Platero ha incontrato Trump agli Us Open, tra una Williams che vinceva, celebrità di ogni genere fra il pubblico e un caffè Lavazza: «Quando le telecamere lo inquadrano la reazione è mista: fischi e applausi. Ma è certamente la più forte in termini di decibel. Stupisce che sia venuto ai quarti di finale allo stadio quando dovrebbe essere preso dalla campagna elettorale. Ma il relax, la capacità di potersi divertire come e quando vuole è nel carattere del personaggio»

Donald Trump adora Berlusconi. Incontro l’improbabile candidato di punta repubblicano martedì sera agli Us Open di tennis di Flushing Meadows a New York e per la prima volta esce allo scoperto su un tema che, nella percezione di molti, avrebbe dovuto imbarazzarlo. Ma come al solito gioca al rialzo. Trump è stato attaccato, criticato, deriso per essere «materialista, donnaiolo, superficiale come Berlusconi», anzi, per essere “Trumpusconi”, come lo ha definito per primo un paio di mesi fa Frank Bruni, editorialista del New York Times ed ex corrispondente da Roma. Allora sembrava che Trump fosse uno scherzo passeggero e Bruni ha scritto: «È una commedia, è una tragedia. Ora, per favore, vuole lasciarci in pace?»
Ma Trump è Trump, ha capito che andare contro corrente ora parlando di eccessiva “correttezza politica”, ora di donne, o di messicani pericolosi è il suo punto di forza. E dunque su Berlusconi non poteva che rilanciare ammirandolo e lodandolo. E lo ha fatto con sincerità. «Le piace Berlusconi?» gli chiedo. Si ferma un attimo, cambia tono di voce, passa dal timbro di ordinaria amministrazione a un tono più determinato: «Mi piace, mi piace è una persona per bene, mi piace anche l’Italia, saluti a voi tutti ragazzi (folks) in Italia» mi dice parlando chiaro e forte nel registratore.
Vedo Trump allo stadio Arthur Ashe, il campo centrale degli Us Open dove si tenevano i quarti di finale fra le due sorelle Williams. È appena qualche box più in là. Siede a fianco della moglie Melania, vicinissimo e inconfondibile: completo blu cravatta rossa, messa in piega patinata e incredibilmente perfetta. La serata è importante, quarti di finale fra le sorelle Serena e Venus Williams. Ma per noi italiani la giornata era importante per altre ragioni, sul piano sportivo e su quello del business. Intanto le nostre tenniste hanno fatto benissimo, Roberta Vinci è arrivata in semifinale, così come il giorno dopo Flavia Pennetta, un risultato complessivo che per il nostro tennis non si vedeva da tempo. Eppoi perché fra le decine di marchi che sponsorizzano gli Us Open – dalla Jp Morgan Chase alla Ibm alla Mercedes a decine di altri – per la prima volta è spuntato un marchio italiano, quello della Lavazza, che ha organizzato vari punti di vendita di espresso e cappuccini sparsi un po’ dappertutto nel complesso tennistico newyorchese con un’operazione di marketing e sport per farsi conoscere meglio su questo mercato, come ha fatto con le iniziative culturali al Guggenheim (è in arrivo una mostra di Burri) o con quelle filantropico ambientali.
Lo stadio è gremito. Vincerà Serena in tre set. Ora punta a un record per il Grand Slam, raggiungere Maureen Connolly, Margaret Court e Steffi Graf, le uniche donne ad aver vinto i quattro grandi tornei internazionali in una stagione. Fra il pubblico ci sono celebrità di ogni genere, da Oprah Winfrey e Kim Kardashan a Anna Wintour, attori comici, ex giocatori di calcio, cantanti rap. E Trump. Quando le telecamere lo inquadrano la reazione è mista: fischi e applausi. Ma è certamente la più forte in termini di decibel. Stupisce che sia venuto ai quarti di finale allo stadio quando dovrebbe essere preso dalla campagna elettorale. Ma il relax, la capacità di potersi divertire come e quando vuole è di nuovo nel carattere del personaggio. E c’è anche una risposta indiretta a chi lo accusa di razzismo: conosce le Williams, ne apprezza il successo e ha voluto rendere i suoi omaggi alle sorelle. Un punto a suo favore con la comunità afroamericana. Difficile dire dove Trump riuscirà a portare la sua corsa. Fino a ieri lo avevo conosciuto solo indirettamente. La sua ex moglie Ivana era stata legata anni fa con il compianto Roffredo Gaetani d’Aragona, un italiano che fu celeberrimo a New York. E quando li incontravo, Ivana, in privato, aveva solo parole di ammirazione, apprezzamento per l’ex marito, cosa non comune fra coppie divorziate. Per quel che ho visto l’altra sera il suo rapporto con la moglie è intimamente rilassato. Di nuovo nel carattere del personaggio: duro con i nemici, affettuoso e leale fino all’ultimo con gli amici, le ex amanti e le ex mogli. E questo nell’era delle incertezze etiche, piace. Ma c’è il lato oscuro di Trump, di cui ancora non si è parlato. La sua amicizia con Jeffrey Epstein, il finanziere accusato di corruzione di minori, l’organizzatore di festini che hanno coinvolto anche il principe Andrew d’Inghilterra. Prima della condanna di Epstein qualche anno fa i due andavano spesso insieme a Palm Beach per giornate (e nottate) brave (Trump allora non era ancora sposato dunque parliamo di prima del 2005). Chi lo conosce bene oggi mi dice che il rischio di qualche indiscrezione pericolosa legata a quegli anni lo preoccupa molto di più di altri attacchi politici.
Ma l’altra sera era di solo relax, con protezione minima, la porta del suo box non è chiusa a chiave. Entriamo, chiacchiera con gli amici, sui tavoli il junk food che si trova in tutti gli stadi del mondo, ma c’è anche una meravigliosa zuppiera piena di frutti di bosco. In disparte, vedo la celeberrima guardia del corpo, la stessa che ha avuto gli onori della prima pagina del New York Times per aver malmenato giornalisti importuni. Per fortuna tutto va liscio sia prima che dopo, nell’incontro alla fine della partita. Chiedo a Giuseppe Lavazza, presidente dell’omonima azienda presissimo fra vari giornalisti americani (l’azienda smentisce ma si parla di un possibile collocamento in Borsa) se è sorpreso di vedere Trump tranquillamente seduto a godersi un match di tennis quando dovrebbe preoccuparsi di una complessa campagna elettorale per la presidenza americana: «Ho sempre trovato la politica un mondo a parte, difficilissimo da decifrare – mi dice Lavazza – già trovo complicato decifrare quello della politica italiana certo non mi spingo a decifrare quello americano. Ma posso dirle una cosa di cui sono certo: se Trump questa sera si è bevuto un caffè di qualunque genere, era al 100% un caffè Lavazza».