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 2015  settembre 10 Giovedì calendario

Studenti in classe alle 10. Per ora è solo un esperimento dell’Università di Oxford in cento scuole inglesi ma se è vero che «due ore di sonno perse ogni giorno sono un grosso problema sociale» e se il rendimento scolastico degli alunni che partecipano al test dovesse migliorare, potrebbe trasformarsi in realtà. L’obiettivo è di garantire ai ragazzi una quantità di sonno adeguata, cioè almeno tra le 8,5 e le 9,5 ore a notte. In questo modo, spiegano gli esperti, non solo aumenta il benessere psicologico dei ragazzi e delle famiglie, ma si riduce anche il rischio di malattie legate all’alterazione dell’orologio biologico, dall’obesità alla dipendenza da sostanze

Non buttateli giù dal letto: la campanella può aspettare. Di certo aspetterà fino alle dieci del mattino, ogni giorno, gli studenti di cento scuole inglesi che saranno sorteggiate per partecipare a un esperimento dell’università di Oxford in partenza per l’anno scolastico 2016-17: il progetto Teensleep. Un esperimento unico al mondo che prevede due ore di ritardo sull’inizio delle lezioni con l’obiettivo di valutare se e come il rendimento scolastico degli alunni cambi con i cambiamenti di orario, che si svolgerà sotto l’attento monitoraggio di esperti del sonno guidati da Paul Kelley. E Kelley alla Bbc News ha spiegato: due ore di sonno perse ogni giorno sono «un grosso problema sociale», e devono essere corrette. Soprattutto visto che «non ci sono conseguenze negative nel far cominciare la scuola più tardi, né ci sono conseguenze positive nel farla cominciare prima».
La questione non è nuova: quello che è nuovo, qui, è il passaggio alla pratica. E il tentativo, concreto, di allineare i ritmi della biologia con quelli imposti dalla collettività. «Viviamo in una società deprivata del suo sonno – ha proseguito Kelley – e soprattutto è la fascia d’età 14-24 a soffrirne di più». Oggi infatti sappiamo dell’esistenza di un orologio interno al nostro organismo che detta, tra le altre cose, il ritmo sonno – veglia: l’orologio ticchetta in risposta alle variazioni della luce, con la mediazione dell’ormone melatonina, e ha perciò un periodo di circa 24 ore che viene chiamato ritmo “circadiano”. In pratica, si tratta di un meccanismo che regola l’espressione di certi geni, che si attivano solo in momenti diversi del giorno. Questo a sua volta fa sì che sia solo in alcuni momenti della giornata che si producano certe proteine, e si attivino certi metabolismi. Ed è per questo che, per esempio, la nostra temperatura corporea è più alta nel pomeriggio rispetto al mattino. Ma è anche la ragione per cui le nostre capacità cognitive non sono sempre uguali nel corso della giornata. E Teensleep parte da qui, insieme alla constatazione che i ritmi circadiani si modificano con l’età e sono particolarmente delicati nella fascia 14 – 16 anni, quando un po’ tutti siamo “gufi” piuttosto che “allodole”, cioè tendiamo ad andare a letto tardi e svegliarci tardi piuttosto che il contrario.
L’esperimento Teensleep prevede anche una parte di educazione, nella quale si proverà a spiegare agli adolescenti che passare la serata attaccati a uno schermo non aiuta a dormire, né in termini di qualità né di quantità del sonno. Lo ha dimostrato anche una ricerca su quasi diecimila 16-19enni norvegesi, pubblicata sulla rivista Bmj, invitati a raccontare quanto tempo passano davanti a telefonini e computer, e a fare cosa. La risposta è stata circa sei ore al giorno, i ragazzi a giocare e le ragazze a chattare. Ma tutti in difficoltà a prendere sonno soprattutto se si era passata così anche l’ora precedente a quella di andare a letto. La spiegazione starebbe (anche) nella luce dello schermo, una luce artificiale capace di ingannare l’orologio interno e di alterarne i ritmi.
Insomma, prepariamoci alla rivoluzione della campanella. Un mese fa anche dall’altra parte dell’oceano c’è stato chi ha invitato le scuole a farla suonare alle dieci del mattino. E questo qualcuno è stata la massima autorità sanitaria degli Stati Uniti, cioè i Cdc (i Centri per il controllo delle malattie), che ha aderito all’appello dell’Accademia di pediatria americana. L’obiettivo è di garantire ai ragazzi una quantità di sonno adeguata, cioè almeno tra le 8,5 e le 9,5 ore a notte. In questo modo, spiegano gli esperti, non solo aumenta il benessere psicologico dei ragazzi e delle famiglie, ma si riduce anche il rischio di malattie legate all’alterazione dell’orologio biologico, dall’obesità alla dipendenza da sostanze. Quindi se l’adolescente di casa fa storie per svegliarsi non chiamatelo pelandrone. In fondo, sta rispettando la biologia.