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 2015  settembre 10 Giovedì calendario

«Maledetto, sei il leader», così Grillo incorona Di Maio delfino del M5S. Ormai è lui il volto istituzionale del Movimento. E potrebbe presto diventarne il candidato premier. Intanto il vicepresidente della Camera rilancia il reddito di cittadinanza – quei 780 euro al mese ai nove milioni di poveri: «Mettetelo nella legge di stabilità e siamo pronti a votarla»

«Perché mi avete invitato qui? Che ci sono venuto a fare?». Beppe Grillo mette su la faccia ammirata mentre osserva quelli che continua a chiamare «i ragazzi». La senatrice Nunzia Catalfo, il deputato Daniele Pesco, ma soprattutto lui, Luigi Di Maio, il vicepresidente della Camera che in conferenza stampa parla più di tutti e fa il discorso più politico.
Fa il papà orgoglioso, il fondatore del Movimento. Ripete, come tutte le volte che va in Parlamento: «Chiedete agli uscieri quanto studiano, chiedete loro quanto sono preparati. Abbiamo compiuto un miracolo». Un discorso che fa un po’ a pugni con quell’«Abbiamo incamerato di tutto» detto a Brescia pochi giorni fa. Ma si sa, Grillo è così, e le contraddizioni del Movimento sono ormai accettate da parlamentari e attivisti come un ineluttabile dato di fatto. «Casaleggio è scappato», dice l’ex comico rivolto ai giornalisti. E racconta del pranzo cui sono andati entrambi con i sette ambasciatori di Lettonia, Finlandia, Svezia, Norvegia, Lituania, Estonia, Danimarca. «Abbiamo parlato di reddito di cittadinanza che per loro è preistoria, poi volevano sapere da me cos’è il Movimento. Che dovevo dire? Come fai a spiegare il jazz? O il buddismo?». In vena poetica, parla di una povertà che è piuttosto miseria, del reddito come primo diritto («perché nella società non ti tiene dentro il lavoro, ma il reddito»). Vecchi discorsi da comizio che tornano buoni per far da cornice alla nuova offensiva in Parlamento. La richiesta di Luigi Di Maio è chiara: «Le strade sono due:o la commissione Lavoro del Senato si muove a unificare le proposte di legge e portare un testo in aula, o il governo dà un segnale e si inserisce la misura nella prossima legge di stabilità». A quel punto sarebbero pronti a votarla? «Sarebbe la stabilità più bella del mondo», risponde pronto. «Ma solo se la proposta resta la nostra, 780 euro al mese ai 9 milioni di poveri di questo Paese». Non cerca intese con chi si è offerto di farle, il Movimento, come Sel o la minoranza pd: «Le leggi si fanno con la maggioranza – spiega il vicepresidente della Camera – è dal governo che aspettiamo un segnale. In questi giorni stanno pensando a una bad bank per salvare le banche, noi pensiamo al reddito che salva le persone». Discorsi che non portano lontano, visto che Matteo Renzi si è più volte detto contrario per principio a una misura che considera assistenzialista. I 5 stelle spiegano che non lo è, che farebbe ripartire i consumi, il mercato della casa, che produrrebbe come minimo un punto di Pil in più all’anno, che si può coprire coi tagli alla spesa già proposti dall’ex commissario Cottarelli. Grillo chiama l’applauso. Insiste, in una posa ormai usuale: «Io non sono in ballo adesso. Io non sono più disponibile a convincere le persone su questo reddito, che dovrebbe scaturire dal cuore di tutti». Passa platealmente la palla a quel ragazzo che ha incontrato prima per mezz’ora negli uffici del gruppo (dopo essersi lamentato del pranzo pesante: «Non mangiate mai Silikat Suomalaisen»). Luigi Di Maio ha un completo blu impeccabile che cozza con la cravatta prestata al suo capo politico dai commessi. «Maledetto, sei il leader», scherza Grillo sul finale. Solo che, per la prima volta, conclusa la conferenza stampa, le telecamere non sono davvero più tutte per lui. La metà va in cerca di Di Maio, che – sondaggi alla mano – è ormai il volto istituzionale del Movimento. E che potrebbe presto diventarne il candidato premier. A Imola, tra un mese, quando i 5 stelle chiederanno – come ha fatto ieri il loro fondatore – «dateci fiducia, mandateci al governo».