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 2015  settembre 10 Giovedì calendario

La Casa dei Re che riscrive la storia di Roma. Al Quirinale riaffiora una rarissima abitazione dell’epoca dei Tarquini: «Si è sempre ritenuto che in età arcaica, ossia agli inizi del VI secolo a.C., l’area di questo colle fosse disabitata, o meglio, legata solo alla presenza di templi e necropoli». Una scoperta che svela una mappa urbana della Roma arcaica molto più estesa di quella che si credeva

Quando si dice, il destino di un edificio. L’ex Regio Ufficio Geologico, nel cuore della Capitale, che restituisce 2600 anni di storia “stratificata”. Vale a dire un cubo di terra millenaria vasto quanto l’intera porzione delle sue fondamenta. È qui, dal ventre del palazzo progettato da Raffaele Canevari (1879), sotto quel grande salone tenuto a battesimo nel 1895 da re Umberto I (siamo a largo Santa Susanna, a pochi metri da via Veneto) che è riaffiorata una casa arcaica. Un unicum. Una rarissima abitazione della Roma dei Re Tarquini (casi analoghi non hanno lo stesso livello di conservazione). Una dimora già presente quando il re Servio Tullio fece erigere la prima leggendaria cinta muraria difensiva di Roma. E che sembra riscrivere ora la storia del colle del Quirinale. «Si è sempre ritenuto che in età arcaica, ossia agli inizi del VI secolo a.C., l’area di questo colle fosse disabitata, o meglio, legata solo alla presenza di templi e necropoli», avverte il Soprintendente per l’area archeologica di Roma l’architetto Francesco Prosperetti. «Questa nuova abitazione posta su un’altura privilegiata del Quirinale, con il suo carattere civile, ci svela che la mappa urbana della Roma arcaica era molto più estesa – aggiunge Mirella Serlorenzi responsabile dello scavo – e che le Mura edificate dal re Servio Tullio racchiudevano un centro abitato molto più vasto». Non solo il Palatino. Non solo il Foro romano. Il ritrovamento arricchisce un cantiere di archeologia preventiva in fermento fin dal 2003, quando iniziarono i primi sondaggi sotto l’ex Istituto Geologico (nel 2004 arrivò il vincolo dal Mibact), divenuti poi scavi sistematici dal 2011. Un palazzo, quello di Canevari, sorto per ospitare il museo geologico d’Italia, ma oggetto negli anni di appassionate polemiche. 
LA VALORIZZAZIONEA partire dallo scrittore Antonio Cederna che difese a spada tratta la missione del servizio geologico. L’epopea “geologica”, poi, naufragò. Tra balletti di acquisizioni, l’ex bene demaniale è approdato nella primavera del 2015 alla Cassa depositi e prestiti spa, per farne uffici privati (ma che acquistando l’immobile, si è fatta anche carico degli scavi archeologici). Con un progetto di valorizzazione in grembo. Perché, come precisa Prosperetti, i reperti non saranno reinterrati ma resi visitabili in accordo con la proprietà. D’altronde, qui, la storia è fatta di incastri da matrioska. «Gli eccezionali reperti si sono conservati – racconta Prosperetti – perché protetti nel terreno del giardino del seicentesco convento di Santa Maria della Vittoria, l’attigua chiesa barocca, che venne inglobato nell’800 dal progetto di Canevari». Già nel 2013 il cantiere aveva fatto parlare di sé quando restituì i resti di un vasto tempio datato agli inizi del V secolo a.C. Aveva la fronte di 25 metri e una lunghezza di almeno 40: uno dei grandi templi sul Quirinale. La dedica, però, è ancora da decifrare. Forse il tempio di Quirino? Forse del Capitolium Vetus (il primo dedicato a Giove)? Quello che è sicuro è che ha avuto una vita precedente, come testimonia il deposito votivo del VII secolo a.C. Sotto il tempio, infatti, è stato riconosciuto il nucleo di un’area sacra più antica. La casa arcaica va immaginata come una struttura rettangolare, di circa 4 metri per 10, con un ingresso forse preceduto da un portico che si apre su uno dei lati lunghi. A disegnarne il perimetro è la sequenza di blocchi di tufo, che poggiano su uno strato di cappellaccio, non altro che la quota originaria di calpestio del Quirinale arcaico. Al di sopra dello zoccolo tufaceo, si ergevano le murature, impalcature di legno rivestite di intonaco di argilla, coperte da tegole. «Le persone che vi abitavano dovevano essere connesse all’area sacra del tempio – riflette la Serlorenzi – quindi ne erano probabilmente i guardiani custodi».