Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  settembre 10 Giovedì calendario

La ricetta della felicità di Nonna Eva, l’ultima abitante di borgo di Campallorzo. Ha 82 anni, vive in montagna, in una frazione di Camaiore, passa le sue giornate a governare pecore e mucche per preparare ricotte e pecorini: «Una volta avevamo settanta pecore e quindici mucche ora sono poche. Però adesso servono solo per me, non devo scendere sino a Camaiore per venderle». In un borgo che prima contava 200 anime, ora c’è solo la sua ma «qui ho tutto quello che mi serve, non do noia a nessuno e nessuno dà noia a me»

In quel tratto d’Alta Versilia, che a sud si confonde con le ultime vette delle Alpi Apuane e forma un altopiano, c’è un casolare. Una volta faceva parte del borgo di Campallorzo, duecento anime a mille metri di altezza, sotto il monte Matanna «porpora e viola», cantato da Gabriele D’Annunzio. La porta di legno è sempre aperta quando la stagione è buona e poco importa se Eva è a governare pecore e mucche per preparare ricotte e pecorini. «E chi volete che venga a rubare sino a quassù?», dice mentre gli occhi furbi si accendono di una strana luce.
Qualcuno è venuto a trovarla Eva Domenici, 82 anni, l’ultima abitante della frazione, la «nonna felice della montagna», come la chiamano a Camaiore, ed è una visita importante. Lei lo vede e sorride: «Signor sindaco, benvenuto, mi ricordo quando da bambino veniva a comprare i miei formaggi».
Il sindaco si chiama Alessandro Del Dotto, ha 34 anni, la tessera del Partito democratico (è un renziano di ferro) e di professione fa l’avvocato. «Non la incontravo da tantissimo tempo – spiega – e ho deciso di salire fino a quassù a salutare la concittadina più in quota (vive a mille metri!) e solitaria del mio comune. Mi sono bastati pochi minuti per capire che questa signora è davvero felice».
Vestita con una vestaglia verde («come i pascoli») e con un fazzoletto rosso e giallo in testa, Eva ha appena finito di mungere. «Una volta avevamo settanta pecore e quindici mucche – ricorda al sindaco – ora sono poche. Però adesso servono solo per me, non devo scendere sino a Camaiore per venderle».
Da Campallorzo a Camaiore ci sono una quindicina di chilometri. Eva se li faceva ogni venerdì con gli scarponi ai piedi trasportando le sue forme di formaggio. «Bisognava prenotarle, andavano a ruba. E io avevo proprio questo compito», ricorda il sindaco. Il perché fossero così ambite, quelle «forme», non è possibile descriverlo con le parole. Servono olfatto e gusto, un coltellaccio affilato e un bicchiere di vino.
«Sì, però l’inquinamento sta rovinando piante e campi. Guardate il ciliegio, era uno splendore e ora soffre. E gli agrifogli si sono quasi appassiti», brontola Eva. In realtà «l’inquinamento» sono quei nuovi parassiti infestanti arrivati da chissà dove, che stanno creando tanti problemi a valle. Anche questo è il prezzo di una modernità che «la nonna felice della montagna», penultima di cinque figli e nessun matrimonio, ha dovuto solo subire. «La televisione? Non m’interessa, ho la radio», dice fiera. Sino a vent’anni fa non aveva neppure l’energia elettrica e usava candele e lampade ad olio, come avevano fatto i suoi genitori e prima di loro i nonni. Il telefono lo usa per le emergenze e se squilla non risponde quasi mai. Neppure l’assenza dei figli sembra turbarla: è innamorata dei due cani che non la lasciano un minuto e dagli altri animali del cortile e della stalla.
È felice signora? «Certo, qui ho tutto quello che mi serve – risponde —, non do noia a nessuno (mi seccherebbe tanto) e nessuno dà noia a me». Non chiedete a Eva se ha una ricetta per la felicità. Basta guardarla lavorare come una forsennata con una precisione e un amore mai dimenticati. Deve preparare le maglie e le coperte per l’inverno, che produce in proprio con la lana delle pecore. E poi c’è da «governare le bestie», pensare all’orto, stare attenti al formaggio, pulire le stalle, tagliare l’erba infestante, raccogliere, ramazzare, ricucire. Verso sera ci sono gli «spettacoli» a premiarla. Il tramonto che tinge le montagne di «porpora e viola» e le stelle che luccicano sulle Apuane.