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 2015  settembre 10 Giovedì calendario

Vibo Valentia, il comune che cresce dello 0,4% grazie ai rifugiati. All’inizio nessuno aveva capito quanti posti di lavoro avrebbero portato. Da qualche mese il più arretrato centro urbano della Calabria, già sciolto per mafia, dove non c’erano autobus ne locali, è diventato il laboratorio di un esperimento involontario che, stranamente, lo accomuna alla Germania. Decine di posti di lavoro diretti nell’assistenza e molti altri nell’indotto, negozi e alberghi che riaprono o evitano il fallimento. Il Pil della provincia supera di poco i due miliardi, mentre ciascuno del migliaio dei migranti rimasti nei centri di accoglienza nella zona comporta una spesa pubblica locale fra i 35 e i 45 euro al giorno. L’economia ne avrà quasi otto milioni inattesi

Verso sud la vista dal residence «Raggio Verde» arriva fino a Stromboli, dall’altra parte domina il mare trasparente su Vibo. L’ultimo turista si è presentato quattro anni fa.
Il comune, già sciolto per mafia, ha smesso da un pezzo di pulire le strade. Non esiste un autobus per arrivare, un locale notturno nella zona, o un cameriere del posto che parli inglese. Zero prenotazioni, zero buste paga, fino a quando all’orizzonte sono iniziate ad apparire le navi in arrivo dalla costa libica. All’inizio nessuno aveva capito quanti posti di lavoro avrebbero portato.
Tra non molto al «Raggio Verde» alloggeranno 60 minorenni sub-sahariani e la prefettura coprirà i costi per assumere a tempo indeterminato un infermiere, uno psicologo, un assistente sociale, un custode e il direttore del centro di accoglienza. Il tempo stringe. L’ultima nave della Marina, quattro giorni fa, ha scaricato 230 migranti adulti e trenta bambini salvati al largo della Libia. In gran parte maliani e nigeriani. Prima ancora erano arrivati gli sbarchi della Marina svedese, di Médecins sans Frontières, una motovedetta del Liechtenstein, per un totale di 13 approdi e oltre 4.000 nuovi stranieri nella quarta provincia più povera d’Italia. All’arrivo i migranti hanno sempre bisogno di indumenti, forniti da un negozio di sport del centro che ha già fatturato seimila euro in più; di ciabatte per cinquemila euro, fornite da un languente magazzino di periferia; di migliaia di pasti a otto euro l’uno dal bar Cin Cin. Nel giorno di ogni sbarco il comune di Vibo Valentia, in dissesto, spende diecimila euro con fondi supplementari spediti del ministero dell’Interno.
Dopo 120 fallimenti nell’ultimo anno, in certi momenti questa può sembrare una città fantasma. Poi però si nota la complessione della clientela nei minimarket, gli ospiti di certi albergatori che stavano per gettare la spugna, o i nuovi inquilini in case sfitte da anni. Tutti migranti o rifugiati. Da qualche mese il più arretrato centro urbano della Calabria è diventato il laboratorio di un esperimento involontario che, stranamente, lo accomuna alla Germania. Due giorni fa il ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble ha mostrato al Bundestag che, a suo modo, è diventato un po’ keynesiano anche lui in questa crisi dei rifugiati: in pochi mesi spenderà sei miliardi più del previsto per accoglierli e ciò porterà al Paese uno 0,2% di crescita in più.
Vibo Valentia, almeno in questo, supera la Germania. I fondi europei e quelli del Viminale per accogliere gli stranieri implicano un sobbalzo in più di crescita doppio rispetto a quello tedesco. Lo 0,4%. Decine di posti di lavoro diretti nell’assistenza e molti altri nell’indotto, negozi e alberghi che riaprono o evitano il fallimento. Il Pil della provincia supera di poco i due miliardi, mentre ciascuno del migliaio dei migranti rimasti nei centri di accoglienza nella zona comporta una spesa pubblica locale fra i 35 e i 45 euro al giorno. L’economia ne avrà quasi otto milioni inattesi. Le regole delle Nazioni Unite prevedono che ad ogni straniero siano dati 2,50 euro da spendere ogni giorno; vista la dimensione dei centri di accoglienza, a Briatico questa norma porta quasi 30 mila euro di consumi in più al mese e molti negozi sbarrati da un pezzo ora hanno riaperto.
Questa non è la Germania, nessuno investe per avere domani una manodopera straniera motivata e qualificata. Ma oggi a Vibo si sopravvive meno peggio di prima. Marco Talarico, un avvocato di 47 anni, nel 2014 ha capito che stava per aprirsi una finestra, ha fondato l’associazione «Protezione Civile Monteleone» e ha negoziato un patto con il villaggio turistico Torre Sant’Irene di Briatico: 25 euro al giorno per straniero, con saldo non appena la Prefettura lo avesse pagato. L’hotel ha un profitto lordo del 30%, 700 mila euro di fatturato supplementare all’anno e mantiene venti dipendenti in più. L’associazione di Talarico passerà da zero e quindici dipendenti in pochi mesi per poter gestire centinaia di migranti. Vibo Valentia non è in Baviera, l’invadenza della mafia resta una minaccia ad ogni sbarco. Ma, prima che accada, una città fantasma non avrebbe mai immaginato di respirare un po’ grazie alle navi apparse all’orizzonte.