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 2015  settembre 10 Giovedì calendario

«Lasciateci fare il nostro mestiere. Credo anch’io che a Roma debba essere restituita la dignità ma credo anche che questa città la dignità non l’abbia persa a causa di Porta a Porta». Bruno Vespa si difende: «È un fatto di cronaca, Porta a Porta deve occuparsi di questi casi? Sì. Siamo stati attenti e ci siamo regolati invitando due persone incensurate». Le polemiche si scatenano ma neanche il clan Casamonica, sono pronti a giurare in tanti, scalfirà il suo regno

«Dietro Vera e Vittorino Casamonica c’è tutto un clan che ha preso il controllo del territorio della capitale: spegnere i riflettori forse sarebbe stato meglio. Il messaggio che è passato è il folklore, tutto è stato folklorizzato e questo aspetto patinato della mafia è quanto di più pericoloso abbiamo» dice l’assessore per la legalità del Comune di Roma, il magistrato Alfonso Sabella. «Lasciateci fare il nostro mestiere. Credo anch’io che a Roma debba essere restituita la dignità» replica Bruno Vespa «ma credo anche che questa città la dignità non l’abbia persa a causa di Porta a porta». Sarà stato il servizio pubblico a perdere la dignità? Il pensiero non lo sfiora. È un duello a colpi di fioretto quello che si svolge nello studio Rai di via Teulada, dopo la Casamonica story che ha scatenato reazioni e critiche. Nessuno vuol sentir parlare di “puntata riparatrice”, lo ribadisce anche l’assessore («Non siamo qui a fare una riparazione, non abbiamo fatto una fuitina e ora dobbiamo fare un matrimonio riparatore»), ma quella andata in onda ieri su RaiUno, lo schermo diviso in due – Sabella che, definisce più volte Vespa «un maestro», «un mostro sacro del giornalismo», ma mette in fila tutte le accuse senza risparmiare frecciate – di fatto lo è. «No, non parlo, quello che devo dire lo dico in trasmissione» dice il conduttore entrando in studio «ho detto no a sei interviste».
Travolto dalle polemiche, ha l’aria sorniona di sempre, grande navigatore, dai plastici alle diete, dai premier ai cuochi. I libri, l’azienda vinicola, e la televisione, la sua vita. Dal concorso in Rai alla direzione del Tg1, democristiano senza rimpianti. Ha 71 anni, guida Porta a porta dal 1996; ogni anno si favoleggia di ridimensionare il programma, ma cambiano governi e dirigenti e lui è sempre lì. Anche se ultimamente ha scoperto che il costume “tira di più”. Spazio più ristretto alla politica, ma con i leader che contano (i piani di Renzi, i ritorni di Berlusconi), grande attenzione alla cronaca nera, bianca, rosa. Il suo salotto televisivo, la “terza camera” è ancora il più ambito dal potere. Neanche il clan Casamonica, sono pronti a giurare in tanti, scalfirà il suo regno. Che poi la puntata sembrasse Reality di Matteo Garrone è un effetto collaterale. Sabella gli fa notare che se fosse andata in onda su una tv privata non avrebbe avuto nulla da ridire, «ma su una tv pubblica mi è sembrato sia stato dato troppo spazio. Il servizio pubblico non deve mirare solo allo share». Vespa ha la battuta pronta: «È un fatto di cronaca, Porta a Porta deve occuparsi di questi casi? Sì. Siamo stati attenti e ci siamo regolati invitando due persone incensurate. Come interlocutori e obiettori avevamo il direttore del Messaggero Virman Cusenza e Fiorenza Sarzanini del Corriere della sera». A lui, il cerimoniere, spettava il compito di occuparsi degli ospiti, come ha spiegato bene in varie interviste: «Se cerimonioso vuole dire educato, mi riconosco. Se compiacente, no. Adulatore? No, educato». Il direttore di RaiUno Giancarlo Leone è dietro le quinte, lo difende in perfetto stile Dc, un colpo al cerchio, uno alla botte: «Porta a porta ha trattato un argomento controverso con trasparenza e completezza d’informazione, senza fare sconti di alcun genere e con l’interesse di fornire il più ampio quadro possibile di notizie.
Allo stesso tempo le reazioni diffuse dei cittadini ci hanno fatto riflettere su quanto sia cruciale il ruolo del servizio pubblico nel trattare tematiche delicate come quella dei Casamonica». La Rai riflette, Sabella accusa: «Dietro la simpatia un po’ burina di Vera Casamonica», fa notare «si celano violenza e prepotenza, un mondo fatto di usura, del dolore di tante vittime... La loro voce in trasmissione è mancata». «Quando Biagi ha intervistato Sindona e Buscetta» replica Vespa «c’erano le vittime? Eppure erano mascalzoni di ben altro livello. Michele Santoro ha invitato più volte Massimo Ciancimino, è stato intervistato Schiavone, autore di tanti omicidi». Le vittime non c’erano, ma la forma è anche sostanza. «Dal programma», osserva Sabella «Vera è apparsa come “la nuova regina del clan”, non so dire se più “burina” o “coatta”: a Roma non ho ancora capito bene la differenza».
Vespa ha spiegato che il suo modello per la tv è Sergio Zavoli, che lo accusano perché non è di sinistra, che la critica non lo ama «perché forse risulto antipatico, mi vivono come un corpo estraneo», ma lui si definisce autonomo. Sull’impostazione del programma in redazione ci si confronta, ma decide lui.