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 2015  settembre 03 Giovedì calendario

Già dodici tennisti si sono ritirati per infortunio in questi Us Open. Oltre al caldo e al campo in cemento, è colpa dell’«esasperazione della potenza del motore uomo». Per Gianni Clerici, poi, «va considerato il fatto che ormai bambini – e soprattutto bambine dell’Est – vengano avviate all’attività tennistica a 2 anni, con provati intenti commerciali, così come avveniva quando si nasceva schiavi, e si veniva costretti ore e ore sui campi, ma di cotone»

«È sorprendente vedere quanti giocatori hanno dovuto ritirarsi» ha commentato Stan Wawrinka quando un segugio gli ha messo sotto il naso l’elenco dei tennisti e delle tenniste costretti al ritiro nel primo turno di New York: dodici. Preso coscienza che il giornalismo è oramai di massima costituito da luoghi comuni di incompetenti, si può capire la sorpresa di Wawrinka, che se fosse un medico andrebbe privato del titolo. Il ritiro di tanta gente, qualcosa che non accadeva dal 1969, con nove ritiri (guarda caso l’anno del Grand Slam di Laver che un giorno, sbarcando a Milano, mi disse «Ho un po’ di male al gomito, me lo curo col ghiaccio tritato»), viene collegato dai segugi delle agenzie ai 90 Celsius, e cioè 32 gradi Farenheit, con i quali, all’Australian Open, in seguito ad una fondatissima protesta di Boris Becker, gli organizzatori presero a chiudere il tetto per evitare collassi.
Nel benedetto stadio di Melbourne, i campi coperti sono tre, mentre a New York ne stanno finalmente costruendo uno. Per approfondire un tantino la vicenda dei ritiri ho telefonato al chiropratico Dottor Alfio Caronti, diplomato in Usa, perché in Italia la facoltà continua a non esistere, chissà perché. Alfio assistette 30 anni fa Furlan e Caratti a raggiungere i quarti di Parigi (‘95) e di Melbourne (‘91), e si occupa adesso di Camila Giorgi, per il cui braccino ha inventato un manico speciale. «È in corso – mi ha detto – una vicenda che potrebbe chiamarsi “esasperazione della potenza del motore uomo”. Le quattro-sei ore di allenamenti giornalieri andrebbero diversamente assistite, e non follemente perseguite».
A questa sua opinione io, senza essere medico, mi permetterei di aggiungere che questo sport, che era soprattutto verde come l’erba (3 Slam su 4) o rosso mattone agli inizi del professionismo (1968) si svolge per più del 50% su fondi duri (Hard Court), e vorrei mi si dicesse quale altro sport, fatto di corse ripetute, si svolge sul cemento. Ci sono anche da considerare l’età di qualche infortunato, che è sui trent’anni o più per il cipriota Baghdatis (finale 2006 Aus Open) Stepanek, Monfils, Andujar, l’attitudine ai malesseri (5 tipi di fratture per Monfils, o la caviglia di vetro del finalista dello scorso anno, il jap Nishikori.) E, sempre per il Professor Clerici, il fatto che ormai bambini – e soprattutto bambine dell’Est – vengano avviate all’attività tennistica a 2 anni, con provati intenti commerciali, così come avveniva quando si nasceva schiavi, e si veniva costretti ore e ore sui campi, ma di cotone. Rimane il fatto che uno dei mali del secolo sia il professionismo sportivo, e simile notizia che ha tanto sorpreso il povero Wawrinka e molti miei colleghi lo conferma.