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 2015  settembre 03 Giovedì calendario

Il paradosso di Google car. L’auto senza guidatore fa ancora troppi incidenti. Il motivo? Rispetta tutte le regole. A differenza degli esseri umani. Prendiamo ad esempio le le strisce pedonali: se percepisce un pedone, rallenta. E l’automobilista dietro gli va addosso. È stata questa la dinamica dell’ultimo incidente di una Google Car lo scorso 20 agosto

La buona notizia è che la Google Car funziona. La meno buona è che sarebbe sorta una lieve controindicazione: andrebbe usata su Marte, lontana dagli esseri viventi. Dal 2009 a oggi i test sull’auto che si guida da sola hanno fatto registrare solo 16 incidenti. E tutti sono stati causati dall’errore di un uomo.
La Google Car è troppo perfetta per convivere con il guru del caos, l’unico animale sulla Terra che è riuscito a darsi delle regole da solo, per poi infrangerle. Ed è proprio questo il problema: prendiamo le strisce pedonali. Se ne conosce anche la storia: la cronaca riporta la data del 31 ottobre del 1951 come inaugurazione del primo attraversamento pedonale autorizzato dal codice stradale, a Slough, nel Berkshire. Non c’è dubbio che le abbia inventate l’uomo. Eppure molti autisti non si fermano quando il nemico, il pedone, le vuole attraversare. Dite a una Google Car di rispettare le strisce pedonali ed ecco scatenata l’entropia: quella macchina-robot è disciplinata, se «percepisce» un bipede rallenta. E l’automobilista dietro gli va addosso.
È stata questa la dinamica dell’ultimo incidente di una Google Car lo scorso 20 agosto comunicato dalla stessa società lunedì. L’auto che si guida da sola si è rallentata da sola quando un uomo di cui non sono state rese note le generalità ha attraversato la strada. Un altro uomo che era alla guida (anche se procedono da sole dentro c’è sempre un autista chiamato «di sicurezza») non si è fidato e ha azionato manualmente i freni. L’auto che seguiva ha preso la povera Google Car in pieno, l’unica che non c’entrava niente in tutta la vicenda. Secondo Google se l’automobile fosse stata lasciata in pace avrebbe rallentato ancora un po’ per frenare dando il massimo spazio a chi la seguiva.
Tutti e 16 gli incidenti di cui si ha traccia sono così, paradossali. Il solo in cui una Google Car è andata contro un altro mezzo ed è stata dunque legalmente responsabile per l’incidente è quello dell’agosto del 2011: pare che l’autista si stesse annoiando e che avesse preso i comandi.
Tradotto: a dare retta ai risultati dei test in un mondo in cui dovessimo stracciare la patente a tutti e permettere solo alle automobili che si guidano da sole di circolare dovremmo raggiungere il risultato ottimale, zero incidenti. Non bevono (alcol, s’intende), non si stancano e, soprattutto, non chiedono mai l’aumento riunendosi in sindacati.
E qui finisce l’elogio dell’auto che si guida sola. Sì, perché i test – sebbene siano avvenuti in strade cittadine – sono stati fatti per certi versi in vitro, in ambienti per così dire controllati. Sopravviverà la super car allo scontro con il peggior nemico di qualunque automobilista, il navigatore satellitare? Le automobili che si guidano da sole (oltre a Google le sta studiando Apple, Uber, Mercedes) dipendono dai sensori e dalle mappe delle strade. Ma l’autista in carne e ossa quando viene mandato dai navigatori fuori dalle rotte commerciali può fare due cose: insultare le mappe e improvvisare. Rituali misteriosi per un robot.
Come ha detto al New York Times Donald Norman, il direttore del Design Lab dell’Università della California, «il vero problema è che sono troppo sicure», queste auto «devono imparare ad essere aggressive nella giusta dose. E la giusta dose dipende dalle differenti culture». Bisognerà insegnargli che entrare in un incrocio a Mumbai, Londra, Napoli sono cose ben diverse. Nel quartiere Shibuya di Tokyo c’è quello che viene considerato l’attraversamento pedonale più complicato del mondo: con il verde possono riversarsi sull’incrocio anche mille persone alla volta. Chi glielo spiegherà come comportarsi alla Google Car?