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 2015  settembre 02 Mercoledì calendario

«Il prefetto Gabrielli è talmente terzo da sembrare secondo, e persino un po’ primo». Marco Travaglio passa in rassegna le dichiarazioni di Gabrielli, da quando offese i terremotati de L’Aquila dicendo che, dinanzi al sisma, «gli emiliani hanno reagito meglio» di loro, fino a ieri quando dispensava «perle di presunto umorismo e dubbia saggezza ad Agorà, su Rai3»

Per curiosità: ma questo Franco Gabrielli che animale è? Se è ancora un prefetto della Repubblica, nella fattispecie il prefetto di Roma Capitale, che ci fa in televisione da mane a sera a dichiarare, pontificare, fare battute, lanciare avvertimenti? Se è diventato un politico, cioè il candidato-ombra di Renzi a sindaco di Roma, e ha iniziato la campagna elettorale in giro per talk show, perché non lo dice e non smette la divisa di prefetto? Ieri dispensava perle di presunto umorismo e dubbia saggezza ad Agorà, su Rai3. Ma gli interrogativi sulla sua logorrea risalgono all’ottobre 2012, quando Gabrielli offese i terremotati de L’Aquila dicendo che, dinanzi al sisma, “gli emiliani hanno reagito meglio” di loro. Il tutto dopo aver vietato, da prefetto de L’Aquila, le assemblee e i volantinaggi nelle tendopoli; e financo denunciato per “propaganda elettorale non autorizzata” gli aquilani rei di sgomberare le strade dalla macerie che il governo e dunque il prefetto lasciavano lì da anni. Ma lui è fatto così: parla quando dovrebbe tacere e tace quando dovrebbe parlare.
Tipo a metà giugno, quando Renzi annunciò a Porta a Porta: “Il governo non commissarierà il Comune di Roma per mafia”. Il prefetto Gabrielli aveva appena ricevuto la relazione di mille pagine della commissione d’accesso da lui inviata in Comune per decidere sull’eventuale scioglimento per Mafia Capitale dopo la seconda ondata di arresti. E, mentre la leggeva, il premier comunicò in diretta tv che poteva pure cestinarla, tanto lui – senz’averne in quella fase alcun potere – aveva già deciso al posto suo.
Anziché difendere le proprie prerogative e la propria autonomia, il prefetto si cucì la bocca proprio in una rara occasione in cui avrebbe dovuto aprirla. Poi scattò sull’attenti e si mise a vento, facendo dimenticare i suoi trascorsi enricolettiani: presentò al Viminale una relazione all’acqua di rose che escludeva lo scioglimento del Comune di Roma, in barba alla legge del 1991 modificata nel 2009 (i comuni vanno sciolti quando emergono “collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori, ovvero forme di condizionamento degli stessi”, anche in via precauzionale, anche senza indagati nelle giunte e nei consigli comunali), ma in linea con i desiderata tutti politici di Renzi (evitare il ritorno dei romani alle urne con i sondaggi che danno favoriti i 5Stelle e il commissariamento in pieno Giubileo).
Che il Comune andasse sciolto per legge l’ha confermato persino Alfano, che di solito confessa a sua insaputa (“la legge prevede il commissariamento, ma abbiamo ritenuto che non fosse il caso”). E continua a ribadirlo pure il garrulo Gabrielli. L’altroieri ha dichiarato in tv (e dove, se no?): “Posso ancora sciogliere il Comune se le mie indicazioni restassero lettera morta”. Cioè se il sindaco Ignazio Marino – pubblicamente umiliato dal governo, ma non commissariato, visto che Gabrielli non ha alcun “superpotere” – non gli obbedirà. E così, per non seguire la legge, abbiamo un prefetto che non può decidere nulla senza la firma del sindaco, ma di fatto lo ricatta con la spada di Damocle dello scioglimento a rate. Il che rende sempre più attuale la nostra domanda a Marino: perché si fa mortificare e consumare anziché dimettersi e lasciare lorsignori in brache di tela? Ieri mattina, nel salottino di Rai3, l’Arcangelo Gabrielli, sempre così entusiasta di essere Gabrielli, è tornato sul Funeral Party Casamonica. Un caso di “tafazzismo nostrano”, l’ha definito, perché “dalle 12 alle 17 nessuno si era accorto di niente. Le immagini dei funerali poi sono state mandate da chi aveva interesse ad amplificare l’evento: i Casamonica”. Bel concetto di omertà nostrana: lo scandalo non è lo show del clan con la scorta dei vigili e la beata latitanza della Questura e della (sua) Prefettura, ma il fatto che si sia saputo in giro.
Strepitosa poi la giustificazione del dolce far nulla delle cosiddette autorità di pubblica sicurezza sull’elicottero che lanciava petali di rose, ma poteva benissimo sganciare bombe: “Nell’epoca degli ultraleggeri e dei droni i nostri cieli sono affollati, è una cosa che sta nelle cose. Mica potevamo chiamare gli Eurofighter da Grosseto e abbattere l’elicottero”. Eh già, mica potevano. La cosa sta nelle cose. E le cose “si prevengono in maniera preventiva”. Ma va? “Quando questi oggetti si alzano, è troppo tardi”. Ammazza che volpe: questo dev’essere stato come minimo il capo dei servizi segreti (infatti dirigeva il Sisde, mica cazzi). Già che c’era, il prefetto Gabrielli ha detto la sua anche sulle ferie di Marino che, nel paese che confonde i veri problemi con quelli falsi, sono diventate il vero problema di Roma (dopo il traffico): “Il sindaco lo sento fra un’immersione e l’altra”. Le pazze risate. “Le ferie all’estero non gli hanno fatto bene, ma io rispetto la sua mentalità che è molto da chirurgo”. Ahahah. Tipico di chi ha la mentalità da prefetto. Infine, alla domanda sulla sua prossima candidatura a sindaco, ha risposto come il barbiere di Siviglia (tutti mi vogliono, tutti mi cercano, Franco di qua, Franco di là, che bel piacere fare il Gabrielli, di qualità!). Ma soprattutto come quelli che stanno per candidarsi, ma fanno i preziosi: “Nessuno mi ha chiesto di candidarmi a sindaco”. Ah no? “Assolutamente. Il prefetto deve essere una persona terza e questo ruolo deve essere riconosciuto da tutti”. E questa, diciamolo, è la sua battuta più riuscita. Il prefetto Gabrielli è talmente terzo da sembrare secondo, e persino un po’ primo.