la Repubblica, 2 settembre 2015
Gassman con la ramazza per Roma, cittadini che si riparano strade. Serra: «Ma del giacimento sterminato di mani e di braccia che ci è dato in sorte, che ce ne facciamo? Lo devolviamo tutto alla digitazione su tastiera, così possiamo parlarci da qui a lì anche se la strada che collega qui a lì è interrotta?»
Un’ora di lavoro con la ramazza e un accenno di vescica su una mano: tanto è costato ad Alessandro Gassman pulire il breve tratto di suolo pubblico sul quale si affaccia la sua casa romana. Al di là delle interpretazioni del gesto (alcune malevole a prescindere: è lo spirito dei tempi), colpisce la modestia dello sforzo rispetto al risultato. Pulire una strada non è opera titanica, e un uomo in buona salute con una ramazza (o un badile, o un piccone) può fare grandi cose. Non si tratta di elogiare il lavoro volontario come “salute della Nazione”: le dittature ci hanno campato, sulla propaganda congenere. Si tratta, però, di farsi qualche domanda sul funzionamento del mondo, sulla maniera super-delegata e super- specializzata in cui tutto funziona (o non funziona). Conosco una stradina secondaria interrotta da un paio d’anni da uno smottamento. Un danno da poco, ma i Comuni, si sa, non hanno più un soldo. Alcuni abitanti l’hanno riaperta in un paio di giorni di lavoro allegro; ma hanno dovuto farlo di nascosto, perché una fitta griglia di responsabilità e competenze affida la manutenzione delle strade solo ai responsabili e ai competenti, appunto. Bene, ci vogliono regole, non l’anarchica e occasionale facoltà dei singoli. Ma del giacimento sterminato di mani e di braccia che ci è dato in sorte, che ce ne facciamo? Lo devolviamo tutto alla digitazione su tastiera, così possiamo parlarci da qui a lì anche se la strada che collega qui a lì è interrotta?