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 2015  settembre 02 Mercoledì calendario

L’India e la «rivoluzione all’incontrario» dei Patel. Il giovane ventiduenne sfida Modi e insorge a sorpresa con i Patidar (proprietari terrieri e piccoli imprenditori) contro il sistema delle caste. Chiedono di poter godere degli stessi privilegi degli intoccabili (quelli che stanno sul gradino più basso nella scala dei ceti), perché, in un paese dove la metà degli impieghi pubblici e posti nelle università sono riservati ai più svantaggiati, si sono visti negare il diritto allo studio e al lavoro statale. Respinti perché sono benestanti. Quando i ricchi s’arrabbiano

Il suo è un vero e proprio ultimatum al primo ministro indiano Narendra Modi. «Ascolta la nostra voce o alle prossime elezioni del 2017 sarai sconfitto». La rivolta dei Patel, nel Gujarat, non si arresta. 
Da giorni, guidati dal giovane Hardik Patel, 22 anni, gli appartenenti al clan che fa parte della casta dei Patidar – proprietari terrieri e piccoli imprenditori benestanti – chiedono al governo locale gli stessi privilegi garantiti alle caste inferiori. O, in alternativa, l’abolizione di tutte le corsie preferenziali che consentono, con una «Affirmative Action» tutta indiana, di riservare la metà dei posti pubblici e nelle università ai più svantaggiati. Il 25 agosto, Hardik aveva mostrato la sua forza, portando in piazza, ad Ahmedabad, 500 mila Patel di tutto lo Stato. Una mobilitazione cominciata quando il giovane capo popolo aveva toccato con mano la «discriminazione». Sua sorella era stata scartata al college, mentre nel villaggio ogni membro del clan aveva una storia simile da raccontare: una facoltà che aveva detto di «no», un’amministrazione che aveva respinto la richiesta di impiego perché, semplicemente, i Patel «sono considerati ricchi». 
In effetti, il clan, dieci milioni di individui su 60 milioni di abitanti del Gujarat – che è, non dimentichiamolo, lo Stato che il premier Modi guidò a partire dal 2001 prima di essere lanciato a New Delhi – ha in mano l’economia della regione, in particolare il taglio dei diamanti e le piccole imprese, oltre che l’influenza sufficiente per fare e disfare le fortune di molti politici. Ha destato perciò molta sorpresa la presa di posizione di Hardik Patel contro il sistema delle caste. Perché, se è vero che formalmente in India non esistono più, di fatto regolano la vita quotidiana del miliardo e 200 milioni di abitanti del Subcontinente. Patel compresi: che finora hanno potuto sfruttare a proprio vantaggio la fortuna di trovarsi a mezza strada tra gli «intoccabili» e i «bramini». 
Ma i soldi non sono tutto. E per Hardik, oggi, è più importante avere l’opportunità di entrare in una buona università – con l’idea di ottenere posti di rilievo in Patria o all’estero – che rimanere nel ciclo produttivo locale, con alti, sì, ma anche bassi e imprevedibili momenti di crisi. Dunque la «rivoluzione all’incontrario» dei Patel è destinata a continuare: «Modi, da New Delhi, è meglio che provi ad ascoltarci: noi lo abbiamo fatto, noi lo possiamo distruggere».