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 2015  settembre 01 Martedì calendario

Borse nervose e listini che soffrono il mal di mare per la crisi in Cina e le decisioni della Federal Reserve sui tassi di riferimento. Intanto il petrolio il petrolio sale a 49 dollari

Giornata grigia su tutte le piazze borsistiche, all’insegna di un generale nervosismo. Un nervosismo equamente diviso su due temi roventi: la crisi in Cina e le decisioni della Federal Reserve sui tassi di riferimento. Cioè due temi scivolosi, impossibili da inchiodare con precisione, proprio quello che i mercati odiano. E dunque, pure in una giornata con poche notizie, tranne quella di un aumento nel prezzo del petrolio a 49 dollari, i listini hanno continuato a soffrire di mal di mare: tutte le principali piazze europee hanno registrato una perdita. Mentre Londra era chiusa per una vacanza, a Milano abbiamo visto una contrazione dello 0,2%, a Parigi dello 0,5% e a Francoforte dello 0,4%. Neanche le piazze americane sono riuscite a entrare in territorio positivo, con il Dow Jones che ha chiuso in perdita dello 0,70%. Unica nota positiva per noi italiani è stata la performance dell’Eni dopo l’arrivo della notizia della scoperta di un maxi-giacimento di gas al largo dell’Egitto, in un’area affidata all’Eni per lo sfruttamento. 
LO SCENARIOLa giornata era cominciata male già con la chiusura negativa di Shanghai, che nonostante un ribasso modesto è riuscita a portare al 12% la contrazione del mese di agosto, venuta dopo quella record del 14% di luglio. Una slavina che in totale ha bruciato 5 mila miliardi di dollari.
E tuttavia vari analisti si dicono certi che oramai è chiaro quale sia il gioco prossimo della Cina, almeno se è vero quel che sostiene il Financial Times, secondo il quale il governo di Pechino sarebbe pronto ad abbandonare gli acquisti di titoli azionari per far tacere le accuse di «destabilizzazione dei mercati». 
Invece le mosse future della Fed sui tassi – attese alla riunione del 16 e 17 settembre – sembrano rappresentare un busillis più complicato. Certo è che l’oro continua a registrare un deprezzamento – ieri ha perso lo 0,5% dopo aver lasciato sul campo il 2,2% la scorsa settimana – il che farebbe pensare che l’ecosistema finanziario dia per certo l’aumento dei tassi: il dollaro cioè riacquisterà il suo valore di bene rifugio, e quindi l’oro perde valore. C’è chi si dice sicuro che tutto diventerà chiaro venerdì, quando verrà reso noto il rapporto sullo stato dell’occupazione, l’altro elemento, insieme all’inflazione, che spinge le azioni della Fed sul fronte dei tassi. 
È possibile che venerdì riceveremo ottimi dati sull’occupazione a stelle e strisce. Un dato che farà bruciare ancor di più quello che invece succede in Grecia, dove il tasso di disoccupazione è al 25% e dove quasi 17 mila lavoratori sono stati licenziati o sono stati messi in cassa integrazione lo scorso luglio, mentre 40 mila altri lavoratori sono passati da un lavoro a tempo pieno a uno part-time. La ragione principale di questo sacrificio di massa? Il controllo sui capitali imposto dal governo di Atene alla fine di giugno per evitare l’affollarsi agli sportelli delle banche.