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 2015  agosto 31 Lunedì calendario

Serena Williams alla prova del quattro. Le mancano solo gli U.S. Open per completare il Grande Slam. Sin ora ci sono riuscite solo in tre: Maureen Connolly nel 1953,Margaret Court Smith nel 1970 e Steffi Graf, nel 1988. Storia di una ragazza che in vent’anni ha trasformato il suo sport e che potrebbe realizzare il suo sogno

«A oh Dottò, che ce vuo fà, ’na bbioggrafia?» mi ha detto l’ incaricato dell’archivio, dopo avermi spedito l’equivalente di trecentoquarantuno pagine dedicate in articoli a Serena Williams. Preleverò una minisintesi, perché ciò che ci chiedono, aficionados di tennis e addirittura lettori, altro non è che una risposta a: «Riuscirà Serena a realizzare, con la vittoria nel prossimo US Open, un Grande Slam?».
1) Si intende per Grand Slam, con riferimento al bridge, la vittoria nei quattro grandi tornei tuttora organizzati dalle maggiori Federazioni mondiali, Australian, Roland Garros, Wimbledon, US Open. Simile quadrinomio esiste dal 1933, inventato dal giorno in cui non riuscì a realizzarlo l’australiano Jack Crawford, opposto a New York al britannico Fred Perry al quarto tentativo.
2) Sin qui il Grand Slam è stato realizzato soltanto da 3 tenniste. Maureen Connolly nel 1953, che si giovò delle tracce di poliomielite di cui fu vittima Doris Hart, finalista in tre delle quattro prove. Insieme a lei ci riuscì nel 1970 Margaret Court Smith, australiana, facilitata dal grande viaggio necessario a competere nel Grand Slam di casa, che tra l’altro vinse battendo cinque connazionali. Ci riuscì infine Steffi Graf, nel 1988.
Tra le altre grandi, Martina Navratilova ci andò vicina due volte, riuscendo a vincere una sorta di Slam biennale (tre titoli in un anno più uno nel successivo) che sollevò entusiasmi e critiche nel 1984, prima che un voto di giornalisti, a Parigi, organizzato dallo Scriba, giungesse a negarne la validità.
3) Serena Williams sarebbe la quarta tra cotanti seni, nel raggiungere la Prova del Quattro, che è giunta a sfiorare nel 2002, iniziando la sua carriera tennistica prima del concepimento, quando suo padre Richard – racconta – dopo aver visto Virginia Ruzici in televisione sventolare un assegno, sostituì sul comodino della moglie Oracene, fattrice di altre tre figlie in un precedente matrimonio, le pillole anti concepimento con innocue pastigliette. Nacquero così le due mirabili sorelle, prima nel 1980 Venus, l’anno seguente, Serena. Richard, che a stento conosceva il punteggio, acquistò, forse a rate, una racchetta, si improvvisò allenatore e vaticinò il futuro paradisiaco delle figlie. Ne sono stato testimone assieme a Bud Collins, lo Scriba americano, quando rifiutò di sborsare i mille dollari richiesti da quel visionario afflitto da apparente follia. Serena ha iniziato il professionismo nel 1995 a Quebec City, vincendo in tutto due games contro la poco nota Ann Miller nelle qualificazioni. Nel ‘96 papà la rimandò all’asilo, ma l’anno dopo eccola raggiungere il fatidico n. 99, battendo tra l’altro in un solo torneo, a Chicago, la Pierce e la Seles (n. 7 e 4 mondiali) partendo dal n. 304.
Inizia di lì una vicenda che sarebbe interessante sviluppare, chiamata Williams versus Williams, o meglio Venus contro Serena. In simile vicenda ho creduto spesso, insieme a più autorevoli colleghi, di intuire la presenza del padre padrone Richards, che secondo noi giungeva addirittura a tracciare i copioni del sorellicidio, regista sin troppo presente, nel suo ego-bi-centrismo.
Papà si sarebbe comunque allontanato dal suo presunto ruolo, dopo una vicenda famigliare nella quale la moglie gli cadeva su un gomito fratturandosi tre costole, e che lo sceriffo locale attribuiva, chissà perché, ad una famigliare che si era rifiutata di testimoniare.
Quasi contemporaneamente, nel 2010, insieme a lui vedevamo apparire una bella moretta, di un anno più anziana di Venus, tale Lakeisha Graham, presto allattante un morettino, in fondo fratellastro delle tenniste, che già ne avevano avute tre, una della quali, Yetunde, uccisa da un gangster di Compton, luogo di nascita non proprio ideale.
Dicevo dei match tra le sorelle, e avrei chiesto al mio amico e specialista Fulvio Scaparro, se mai esistesse un complesso dal nome greco, che, come altri ben noti, potesse meglio definire i rapporti tra Serena e Venus. «La sorella più anziana nutre sentimenti materni», mi sarebbe stato risposto, e sarei stato quindi respinto nei miei umili territori del diritto e del rovescio. Per quanto di segreto accade dentro a noi, dovrei forse rivolgermi alle annate negative di Serena, e soprattutto al primo turno di Parigi 2012, quando la vidi battuta da una tipa qualunque, Virginie Razzano, figlia di un pugile italiano emigrato, in tre set, dopo esser stata vanamente, e due volte, a due punti dal match nel secondo set.
A questa partita, terminata in lacrime e sfasci di racchette, avrebbe assistito un coach francese, di origine greca, Patrick Mouratoglou, che iniziava a prendersi cura di Serena, con risultati negativi soltanto per la propria moglie, presto divorziata. Da quel giorno la Serena vincente ha ripreso a far evaporare la sua controfigura negativa, potenziando soprattutto un colpo già temibile, una battuta mai vista nel tennis femminile. Ma, a questo punto, dovrei provare a rispondere al quesito che mi è stato posto dai miei gestori, e da più di un lettore. Riuscirà Serena a far suo lo US Open, e quindi Grande Slam? Mi rivolgo a mia volta agli oroscopi. Cosa dicono le stelle ?