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 2015  agosto 31 Lunedì calendario

La Juventus che non c’è più. I quattro scudetti e l’addio di tre grandi giocatori hanno sfinito la squadra. Mario Sconcerti: «Troppo leggera oltre la difesa, senza un solo giocatore capace di tenere la palla, avere un’idea di gioco. Il problema non è la malattia, capita di non star bene. È non avere mai nessun sintomo di guarigione, come se la malattia non fosse un’eccezione, ma un nuovo modo di vivere»

La Juve non c’è più. Come diceva su altre strade Zarathustra, ora bisogna che tutti si prendano la responsabilità di essere liberi, non ci sono più riferimenti, bisogna provare a vincere. Non c’è più nemmeno il mercato, ora si è davanti a noi stessi, si pensa in proprio. Vale per la Roma, che sembra la più forte, ma vale anche per l’Inter, lenta, solida e piena di ottimi solisti, vale per il Torino che sale a 5 gol in due partite. Vale per chiunque si senta ambizioso. C’è uno spazio che non esisteva da una generazione. Il lusso di quattro scudetti e l’addio di tre grandi giocatori, hanno sfinito la Juve, soprattutto hanno disperso la vecchia disponibilità all’amalgama, a volere comunque il risultato. In questo momento la Juve non è nemmeno giudicabile. Troppo leggera oltre la difesa, senza un solo giocatore capace di tenere la palla, avere un’idea di gioco. Il problema non è la malattia, capita di non star bene. È non avere mai nessun sintomo di guarigione, come se la malattia non fosse un’eccezione, ma un nuovo modo di vivere. Questa piccola coscienza che s’ingrandisce partita dopo partita, sta portando la Juve alla paura e alla rivolta contro se stessa. Mai vista una Juve così irritata e irritabile, nervosa nel proprio interno più che contro gli avversari. Non andrà sempre così, questo è chiaro. Ci saranno altre occasioni, ma questo porta alla valutazione complessiva, un’idea a priori che non consola molto. La Juve è forte ma non più di altri. Per questo è già pesante il ritardo, perché è senza margini di superiorità. Si può perdere contro la Roma, ma giocando a calcio, rispondendo alla differenza degli altri. La Juve ha perso dal primo minuto, ha passato la metà campo poche volte e male. Ha perso la dote che più ne aveva fatto una grande squadra, la personalità. Questa non è una squadra, è sfilacciata, ha poca classe e poca voglia, picchia anche molto meno. Mandzukic non serve, non gli arriva un pallone. Dybala, il più vivo, era già sperduto a cinquanta metri dalla porta della Roma. La Juve dei mediani sembra un’idea sempre soffocata, mortificata dalla propria insipienza. Altra storia la Roma che pure ha i suoi limiti di insistenza, ma ha tanta qualità da potersi inventare dal niente dieci volte la partita. Molto gira intorno a Pjanic, potenzialmente nei primi cinque d’Europa nel ruolo, ma ogni tanto vago. È lui che fa correre o meno la squadra. L’Inter è ancora un po’ ubriaca di cambiamenti senza che se ne veda profondamente il costrutto. Manca chi cambi passo, anche Kondogbia è per ora solo ordinato. Manca una convinzione generale, come se la squadra fosse più dedita all’esibizione che al confronto. Però la squadra ha una sua durezza, non gioca bene, ma è difficile giocargli contro. È lenta e quadrata, più i suoi solisti. Jovetic ha l’età e il talento per essere finalmente protagonista, Icardi tornerà, Guarin esiste. Ora è il campionato che dà alla squadra quella velocità che un po’ manca. Nel derby si vedrà quanto il calendario ha contato e quanto conti invece davvero la squadra. Travolte Lazio e Fiorentina in trasferta, entrambe davanti a limiti difensivi gravi. Sorprende la Samp con due attaccanti, Eder e Muriel, con qualità infinita.