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 2015  agosto 31 Lunedì calendario

È scoppiata la «guerra del cibo» tra Colombia e Venezuela. 
In Venezuela si voterà a dicembre per le parlamentari e il Paese è in una grave crisi, con l’inflazione alle stelle e i prodotti alimentari che scarseggiano. Il governo di Maduro accusa i colombiani di «contrabbandare» il 40% degli alimenti dal Venezuela alla Colombia e scarica la colpa delle penurie sul vicino

Il fiume Tachira, al confine fra la regione colombiana di Santander e il Venezuela, è da dieci giorni il crocevia di immigrati in fuga e teatro di blitz di polizia ed esercito. 
Centinaia di colombiani lo attraversano a piedi, con l’acqua fino alla vita, caricando quello che possono; vestiti, elettrodomestici, effetti personali. Lasciano le loro case, mentre il ponte internazionale Simon Bolivar, principale arteria di comunicazione fra i due Paesi, è chiuso.
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha chiuso parte della frontiera come risposta a un conflitto a fuoco tra gruppi di paramilitari colombiani e poliziotti venezuelani nella selva lungo il confine. Secondo Maduro, i colombiani starebbero fiancheggiando l’attività di paramilitari e narcotrafficanti facilitando il contrabbando e il passaggio di droga in Venezuela. Più di mille colombiani sono stati deportati, molti altri hanno preferito andarsene da soli. 
A La Invasion, sulle rive del fiume, la polizia venezuelana è passata casa per casa per controllare i documenti degli abitanti e ha lasciato una «D» dipinta sui muri delle case da demolire. Da parte colombiana sono partite le proteste e l’ex presidente Alvaro Uribe si è recato sulla frontiera per manifestare la propria solidarietà ai deportati. L’attuale presidente Juan Manuel Santos ha scelto toni più prudenti, richiamando comunque il proprio ambasciatore a Caracas. 
Fin dai tempi di Chavez le relazioni fra i due Paesi hanno vissuto fasi alterne, ma la crisi in corso sembra la più grave degli ultimi anni.
«Il popolo colombiano non è il responsabile di questa situazione – ha detto Maduro –, ma dobbiamo proteggerci contro la mafia paramilitare e di narcotrafficanti guidata dall’oligarchia colombiana che fa capo ad Alvaro Uribe». 
In Venezuela si voterà a dicembre per le parlamentari e il Paese è in una grave crisi, con l’inflazione alle stelle e i prodotti alimentari che scarseggiano. A causa del calo del prezzo del petrolio, responsabile per il 90% del Pil nazionale, le entrate del governo sono crollate, le importazioni diminuite e non c’è giorno senza attacchi a camion con alimenti o a supermercati.

Il governo di Maduro accusa i colombiani di «contrabbandare» il 40% degli alimenti dal Venezuela alla Colombia e scarica la colpa delle penurie sul vicino. Per l’opposizione venezuelana, Maduro sta cercando un nemico esterno per addossargli le responsabilità di una gestione disastrosa dell’economia e distogliere l’attenzione della gente sui problemi di tutti i giorni.

Bogotà teme ora un’ondata xenofoba, considerando che in Venezuela vive quasi un milione di immigrati colombiani. Maduro ha chiarito che la frontiera rimarrà chiusa «fino a quando questi signori non impareranno a rispettare la legalità». 
E così, mentre i primi deportati costruiscono baracche dall’altra parte della frontiera, sul fiume Tachira continua l’esodo di chi se ne va temendo tempi peggiori.