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 2015  agosto 31 Lunedì calendario

Prima un’ecografia del sottosuolo con le onde sonore e poi le trivelle: ecco come si fa a trovare 630 metri di strati geologici pieni di gas, come è successo con il pozzo egiziano di Zohr, anche se sono ben nascosti sotto 1.450 metri di mare e 2.681 metri di fondale roccioso

Ma come si fa a trovare 630 metri di strati geologici pieni di gas, come è successo con il pozzo egiziano di Zohr, se sono ben nascosti sotto 1.450 metri di mare e 2.681 metri di fondale roccioso? Bisogna ricorrere a una procedura complessa, che richiede sofisticate competenze geologiche e tecnologiche. 
Nella prima fase di esplorazione si fa una specie di ecografia del sottosuolo. Una nave appositamente attrezzata spara in acqua, in direzione del fondale, delle potenti onde sonore, con uno strumento definito in gergo «airgun» (cioè pistola ad aria). Non si usano bombe. Comunque quest’operazione è criticata dagli ambientalisti perché disturba gli animali marini. 
Il suono attraversa l’acqua e anche le rocce, e qui provoca delle micro-vibrazioni. Le onde vengono riflesse in maniera differenziata a seconda della natura e della consistenza degli strati. Poi i sismografi a bordo della nave esploratrice registrano le informazioni. Questi dati vengono utilizzati non solo per la ricerca degli idrocarburi, ma anche per arricchire gli archivi degli istituti nazionali di geofisica. Poi con i computer si fa una specie di Tac a tre dimensioni del fondale marino. I cacciatori di petrolio e di metano ne traggono il primo indizio della presenza di accumuli di idrocarburi. 
Ma fino a questo punto non c’è niente di sicuro. Là dove si crede di individuare qualcosa di promettente, si costruisce una piccola piattaforma, e si fa una trivellazione esplorativa. Si usano punte diverse a seconda della consistenza del suolo, e le si cambia a mano a mano che il lavoro procede. Queste punte vengono chiamate in gergo «scalpelli» e per quanto dure sono soggette a un’usura veloce; si sostituiscono al massimo ogni 100 metri di profondità. Le più tenere costano 5 mila euro l’una, le più dure anche 50 mila euro.
In questa fase le trivelle vengono protette dall’acqua, e poi isolate dalla roccia, con tubi di acciaio sempre più lunghi. Si aggiunge un tratto all’altro, e mentre si scava si riduce anche un po’ la sezione: da un diametro iniziale di 60 centimetri si può arrivare alla fine a una larghezza del tubo di soli 30 centimetri.
L’esplorazione dura mediamente sei mesi. Quando si trovano il petrolio o il gas, si torna a scavare con scalpelli più grandi, e si foderano i pozzi con cemento e acciai speciali.
Alla fine, gli idrocarburi spuntano fuori da soli, perché nel sottosuolo si trovano a forte pressione. Ma che fatica per arrivarci.