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 2015  agosto 31 Lunedì calendario

«Entro l’anno la riforma delle intercettazioni e del processo penale», parola di Andrea Orlando. Intervista al Guardasigilli: «La decisione di affiancare a Marino Gabrielli e Cantone? Non è una tutela ma un’assunzione di responsabilità nazionale. L’Italia e il Pd non possono permettersi un fallimento nel rilancio dell’azione capitolina. Marino colga fino in fondo questa opportunità e sciolga alcune contraddizioni»

La decisione del governo di affiancare Marino con Gabrielli e Cantone? «Non è una tutela ma un’assunzione di responsabilità nazionale. L’Italia e il Pd non possono permettersi un fallimento nel rilancio dell’azione capitolina. Marino colga fino in fondo questa opportunità e sciolga alcune contraddizioni». Dopo il terremoto dell’inchiesta Mafia Capitale, il ministro della Giustizia Andrea Orlando vede tracciato un percorso di «riscatto» sia per il Pd romano sia per l’amministrazione capitolina. E al Messaggero annuncia: com’è stato a Milano per Expo, anche per il Giubileo il governo rafforzerà gli uffici giudiziari della Capitale. Non solo: entro il 2015 «possiamo farcela ad approvare in via definitiva la riforma del processo penale attuando la delega sulle intercettazioni»
Ministro, aver attribuito al prefetto di Roma un forte potere di indirizzo senza ricorrere al commissariamento non ha comportato, di fatto, la messa sotto tutela sia di Marino sia del Pd capitolino?
«Parlerei piuttosto di un’assunzione di responsabilità perché è evidente che il cratere che si è venuto a creare nel corso del tempo in una realtà come Roma, sia sul piano amministrativo che politico, è una questione nazionale. Un segnale in questo senso sul fronte politico era stato già dato con la nomina a commissario del Pd capitolino di Orfini, presidente del partito. Oggi, analogamente, si vuole sostenere la Capitale in un processo di riscatto amministrativo. È anche chiaro che starà a Marino cogliere fino in fondo questa opportunità e sciogliere alcune contraddizioni che hanno caratterizzato anche la sua azione di governo».
Eppure, proprio il giorno dell’azione di rilancio non si poteva non notare l’assenza di Marino.
«Sull’assenza di Marino sono state imbastite troppe polemiche. La sua presenza il giorno del consiglio dei ministri sarebbe stata assolutamente inessenziale, visto che il sindaco non avrebbe potuto nè dovuto assumere alcun ruolo».
E l’assenza di Renzi in conferenza stampa, a Palazzo Chigi? «Credo che sia stato oggettivamente un modo per sottolineare che la decisione in consiglio dei ministri era fondata non su una valutazione di opportunità politica ma su elementi di legge. Era giusto che fosse il ministro dell’Interno a illustrare il lavoro svolto dalla commissione d’accesso e a trarne le conseguenze»
Intende dire che nel decidere di non sciogliere Roma per mafia non ci sarebbe stata alcuna valutazione di opportunità politica? Non ha forse pesato il pericolo di un voto anticipato a Roma, in prossimità del Giubileo e in coincidenza con l’appuntamento elettorale in altre importanti città?
«Escludo che la decisione nasca da valutazioni riferite alla data delle elezioni. Il governo si è pronunciato sulla base del lavoro svolto dalla Commissione che ha escluso lo scioglimento e ha ritenuto che l’amministrazione in carica abbia svolto una funzione di discontinuità rispetto a quella che l’ha preceduta, confermando tra l’altro quanto sostenuto in Commissione Antimafia dal procuratore Pignatone. L’opportunità politica, semmai, c’è stata nell’assumere ulteriori cautele».
Alcuni si chiedono su quali basi giuridiche ciò sia avvenuto, visto che il testo unico sugli enti locali non prevede questo genere di affiancamento da parte del prefetto.
«La legge era stata pensata e concepita non immaginando che un fenomeno come questo potesse riguardare le grandi metropoli. Con tutto quello che è emerso dall’inchiesta Mafia Capitale, e cioè la fragilità del sistema e la compromissione di pezzi anche dell’apparato pubblico, non potevamo cavarcela semplicemente dicendo”non ci sono le condizioni previste dal Testo unico per lo scioglimento”. Era necessario tenere al riparo i prossimi passaggi che sono cruciali per Roma e per il Paese, a partire dal Giubileo».
Non teme che la fragilità dell’appiglio giuridico apra la strada a contenziosi amministrativi in caso di mancato accordo tra Prefetto e Sindaco oppure tra la commissione incaricata dello scioglimento del municipio di Ostia e la giunta capitolina?
«No, gli strumenti sono stati adeguatamente approfonditi e hanno avuto come precedente il modello dell’Expo. È chiaro che stiamo percorrendo una strada inedita, ma è anche inedito il fenomeno che ci siamo trovati ad affrontare».
Non è che Renzi, a differenza di Expo, tema un flop del Giubileo e non voglia accostare il suo nome all’evento?
«Il flop è un’ipotesi che non possiamo neanche minimamente prendere in considerazione. Anche per questo Marino deve essere aiutato con forza. L’Italia e il Pd non possono permettersi un fallimento nell’azione di rilancio di Roma».
Per l’Expo si è provveduto a rafforzare gli uffici giudiziari di Milano. Farete altrettanto in occasione del Giubileo?
«Ci sarà un rafforzamento, con più personale amministrativo e più magistrati. Il Giubileo, d’altronde, comporterà un aumento delle presenze in città e, inevitabilmente, un incremento dei carichi che già oggi a Roma sono di difficile gestione».
Importanti riforme arriveranno presto alla prova dell’aula: dal processo penale, con la delega al governo sulle intercettazioni, alla prescrizione. Ma c’è anche la riforma del Senato rispetto alla quale il governo, durante l’estate, ha mandato segnali di apertura a Berlusconi così da superare le contrarietà della sinistra Pd. La giustizia potrebbe diventare materia di scambio con la riforma costituzionale?
«Il sospetto di scambio è un genere letterario che registro da quando si è insediato il governo. Ognuno può valutare, però, che sino ad oggi tutto è avvenuto in modo esplicito e alla luce del sole. Può piacere o no, ma nulla è stato fatto per recondite manovre».
Non si può dire che non assomigli a un baratto la proposta di Calderoli: ritiro di 600mila emendamenti al ddl Boschi in cambio della grazia a Monella.
«Vista la delicatezza dell’istituto della grazia che chiama in causa direttamente il presidente della Repubblica mi esimono da qualunque commento, ma il dossier seguirà il suo corso e sarà impermeabile a questo genere di valutazione».
Renzi aveva detto che il 2015 sarebbe stato l’anno della riforma delle intercettazioni. Anche per lei è così?
«Penso che ce la possiamo fare»
Ad approvarla definitivamente?
«Sì, definitivamente. La delega sulle intercettazioni possiamo attuarla a strettissimo giro. Inizieremo a discuterne subito dopo il via libera alla Camera».
Eppure proprio alla Camera l’avvio è stato difficile, a causa dell’emendamento Pagano sulle registrazioni carpite di nascosto. Immaginate uno stralcio per le intercettazioni?
«Lo stralcio rischia di essere più un allungamento che una scorciatoia. Confido che entro settembre il testo verrà approvato nel suo complesso alla Camera. Subito dopo avvieremo un confronto con la stampa. I punti fermi restano tre: nessuna modifica alle intercettazioni come strumento investigativo; sì a tutte le modifiche possibili e necessarie ad impedire la diffusione di quelle che non hanno alcuna rilevazione penale; garanzia del diritto di cronaca».
Concorda con la proposta del vicepresidente del Csm Legnini che le toghe passate alla politica non tornino più in magistratura? «Condivido l’esigenza di una disciplina, ma sarei meno netto. Non mi convince fino in fondo che il passaggio in politica costituisca una sorta di contaminazione. Sarei per distinguere i casi».