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 2015  marzo 05 Giovedì calendario

Storia dell’imperatrice Cixi, già concubina

Concubine Gli imperatori cinesi avevano diritto a una sola imperatrice e a tutte le concubine che desideravano.
Cixi Nel 1852 l’imperatore Xianfeng scelse per concubina una sedicenne che nel registro di corte venne protocollata semplicemente come «la donna della famiglia Nala». I nomi femminili, ritenuti insignificanti, non venivano mai registrati. In meno di dieci anni, quella ragazza, che secondo alcune ipotesi si chiamava Lan, magnolia, o Xing, mandorla,  sarebbe diventata la sovrana della Cina e per alcuni decenni avrebbe tenuto in pugno il destino di un terzo circa della popolazione mondiale con il titolo di Imperatrice Vedova Cixi (o Tzu Hsi), un nome onorifico che significa «gentile e gioiosa».
Città Proibita La sede del trono era la Città Proibita, che copriva un’area di 720mila metri quadri. Era circondata da un fossato e da mura alte quasi dieci metri e larghe quasi nove alla base. Quasi tutti gli edifici del complesso erano ricoperti di tegole di ceramica della sfumatura di giallo riservata alla corte.
Colori A Pechino i colori delle tegole erano strettamente regolamentati: giallo per i palazzi reali, verde per quelli dei principi, grigio per tutti gli altri.
Piedi Cixi, essendo nata in una famiglia Manciù, da bambina non dovette subire la fasciatura dei piedi, una pratica Han che torturò le donne per un millennio e che consisteva nel comprimere i piedi delle bambine avvolgendoli strettamente in bende che ne rallentassero la crescita.
Drago zoppicante L’imperatore Xianfeng, nato prematuro, di salute cagionevole fin dalla nascita, il viso scarno e gli occhi malinconici, da quando era caduto da cavallo durante una spedizione di caccia aveva un’andatura claudicante. Come imperatore aveva il titolo di «drago», ma per le malelingue di Pechino era  «il Drago zoppicante».
Candidate 1 Dopo l’incoronazione di Xianfeng si mise in moto su scala nazionale la selezione delle consorti. Le candidate adolescenti dovevano provenire da famiglie di un certo rango. Cixi rientrava nel novero e come tutte le ragazze provenienti da ogni parte della Cina andò a Pechino. La selezione nella Città Proibita era fissata per il marzo del 1852. La procedura per le selezioni era immutata da generazioni. Il giorno prima della data fissata, le candidate erano condotte nella Città proibita su carretti trainati da muli (i carretti erano tronchi su due ruote con un tettuccio in bambù, chiusi da tende azzurre e foderati da cumuli di cuscini). Passavano la notte rannicchiate nei carretti, poi all’alba, guidate dagli eunuchi, facevano il loro ingresso nella sala del palazzo in cui l’imperatore le avrebbe esaminate.
Candidate 2 Le candidate dovevano dimostrare di possedere dignità e buona educazione, garbo, gentilezza e modestia. La bellezza era un elemento secondario, ma occorreva un aspetto piacevole. Cixi non era bella ma aveva una notevole compostezza. Sebbene fosse bassa di statura, poco più di un metro e mezzo, sembrava più alta grazie alle calzature mancesi alte quattordici centimetri e all’acconciatura, tipica delle donne mancesi, a metà tra una corona e una torre di guardia.  Aveva una carnagione molto bella e le mani delicate. Naso aquilino, bocca grande ma bella, bei denti bianchi, aveva occhi brillanti ed espressivi. Xianfeng la scelse insieme a diverse altre ragazze tra un centinaio di candidate.
Lan Cixi prese possesso della sua nuova dimora il 26 giugno 1852. Quando entrò a palazzo ricevette il nome Lan, «magnolia» oppure «orchidea». Quel nome non le piacque.
Appartamenti A ciascuna concubina era destinato un piccolo appartamento (l’imperatrice invece aveva il suo palazzo). Le stanze erano adorne di seta ricamata, mobili intagliati e ninnoli ingioiellati. Era ammesso apportare poche modifiche personali. Gli oggetti che le ragazze potevano tenere nelle loro stanze, la quantità e qualità di tessuti per gli abiti, il tipo di vivande per il consumo quotidiano, erano stabiliti in baso al rango.
Razioni L’imperatrice aveva diritto ogni giorno a tredici chili di carne, una gallina, un’anatra, dieci pacchetti di te, dodici giare dell’acqua speciale proveniente dalle Colline delle sorgenti di giada, oltre a quantità ben definite di verdure di vario tipo, cereali, spezie. La quota giornaliera prevedeva anche il latte munto da non meno di venticinque mucche. Gli avanzi non andavano sprecati: un imperatore precedente aveva decretato che fossero distribuiti ai servi, e gli avanzi di questi ultimi dati ai cani e ai gatti. Non bisognava gettar via neppure i loro avanzi, ma farli seccare e utiizzarli come mangime per gli uccelli.
Rango Cixi era una concubina di basso rango. C’erano otto gradini nella scala delle consorti imperiali e lei occupava il sesto. Considerato il suo rango non le spettava una mucca privata e aveva diritto solo a tre chili di carne al giorno. Aveva quattro cameriere personali mentre all’imperatrice, una ragazza di nome Zhen entrata a corte insieme a Cixi, ne spettavano dieci, oltre a numerosi eunuchi.
Sesso 1 L’imperatore sceglieva la donna con cui passare la notte scrivendo il suo nome su una tavoletta di bambù che il capo degli eunuchi gli porgeva durante il pranzo. Erano le donne ad andare in una delle sue due stanze da letto (una completamente rivestita di specchi, l’altra di paraventi di seta). Secondo la leggenda, la prescelta veniva portata da un eunuco, nuda e avvolta in un drappo di seta. Dopo il sesso, la donna se ne andava.
Sesso 2 Xianfeng, sessualmente molto attivo, aveva diciannove consorti. Nel suo letto finirono anche tante prostitute Han con i piedi fasciati, caratteristica per cui l’imperatore aveva una predilezione (venivano fatte entrare in segreto nel Vecchio Palazzo d’Estate). Per circa due anni l’imperatore non mostrò nessuna passione per Cixi.
Morte dei mille tagli Nel 1850 nella provincia del Guangxi, a causa della carestia, scoppiò la peggior ribellione contadina della storia della Cina, quella dei Taiping. La punizione per i loro capi fu il Ling-chi, la «morte dei mille tagli»: il condannato veniva affettato pezzo per pezzo in pubblico.
Moniti A causa di varie rivolte, le riserve d’argento nel 1852 erano scese  al minimo storico di 290.000 tael (il tael era la valuta cinese dell’epoca. Un tael pesava 38 grammi circa e gli era attribuito il valore equivalente a un terzo di una sterlina). Per mantenere i soldati, Xianfeng aprì i cordoni della borsa reale e alla fine rimasero solo 41.000 tael, appena sufficenti a coprire le spese correnti. L’imperatore scrisse di proprio pugno alcuni moniti per le consorti: niente orecchini a clip o di giada; non più di due fiori ingioiellati nei capelli, e chi ne avrà tre sarà punita; non più di un cun (circa 2,5 cm) per i tacchi delle scarpe, e chi porterà scarpe più alte di un cun e mezzo sarà punita.
Amiche Cixi e l’imperatrice Zhen divennero buone amiche. Zhen la chiamava «sorella minore».
Yi Nel 1854, grazie all’intervento di Zhen, Cixi passò dal sesto al quinto grado e fu ribattezzata Yi, che significa esemplare.
Figlio maschio Il 27 aprile 1856 Cixi diede alla luce un figlio maschio.  All’epoca Xianfeng aveva solo una figlia femmina avuta da un’altra concubina. Essendo femmina, la piccola  non aveva diritti dinastici. All’arrivo del figlio di Cixi, a palazzo fu aperto un fascicolo intitolato «La concubina imperiale Yi ha dato gioiosamente alla luce un grande principe». In una data propizia fissata dall’astrologo di corte fu scavata una «Buca della gioia» in cui furono sepolti, assieme agli otto tesori tra cui oro e argento, la placenta e il cordone ombelicale.
Zaichun Alla nascita del bimbo, Xianfeng, felicissimo, elevò subito Cixi a un rango superiore. Il neonato, di nome Zaichun, fu riempito di regali. Al compimento del primo anno aveva ricevuto novecento oggetti d’oro, d’argento, di giada e di altre pietre preziose, e più di cinquecento capi d’abbigliamento e di biancheria dei tessuti più raffinati.
Consorte numero due Grazie al figlio, Cixi diventò la consorte numero due, seconda solo all’imperatrice Zhen.
Balia Le regole di corte proibivano a Cixi di allattare il bambino. Fu assunta una balia: per favorirne la produzione di latte, le venne concesso di mangiare «ogni giorno mezza anatra, oppure piedini di maiale o la parte anteriore dei polmoni di maiale».
Milioni Nel 1800 i cinesi erano quattrocento milioni.
Missioni cristiane Un editto del 20 febbraio 1846, sotto l’imperatore Daoguang, aveva revocato l’interdizione alle missioni cristiane.
Testamento Xianfeng morì il 22 agosto 1861. Quella notte, chiamò al suo capezzale gli uomini che gli erano più vicini, gli otto fra principi e ministri che componevano la sua cerchia ristretta, e annunciò loro il suo testamento. Il suo unico figlio, nato da Cixi, che aveva allora cinque anni, sarebbe stato il prossimo imperatore, e gli otto uomini avrebbero formato il Consiglio dei reggenti. Siccome quegli uomini odiavano gli occidentali e con la loro politica delle porte chiuse avrebbero portato la Cina alla catastrofe, Cixi decise di attuare un colpo di Stato che avrebbe sottratto il potere ai reggenti.
Imperatrice vedova A Cixi serviva il titolo di vedova imperatrice. Solo così avrebbe acquisito il ruolo di madre dell’imperatore. Senza, sarebbe rimasta una semplice concubina. Alleandosi con l’imperatrice Zhen fece in modo che il Consiglio dei reggenti le concedesse il titolo e da allora ci si riferıì a lei e a Zhen come alle Due Vedove Imperatrici. Per differenziarsi, scelsero nomi onorifici diversi. L’imperatrice Zhen assunse il nome di «Ci’an», che significa «gentile e serena», e Cixi, che fino ad allora era stata chiamata la Concubina imperiale Yi, diventò per l’appunto Cixi, che significa «gentile e gioiosa». Fu da quel momento in poi che divenne nota come Imperatrice vedova Cixi.
Alleanza Le due imperatrici vedove si allearono col principe Gong, il nobile più eminente del Paese che godeva di molta stima e non era antioccidentale. Gong presentò ai reggenti una petizione in cui chiedeva la partecipazione delle due vedove imperatrici al processo decisionale, e la selezione di «uno o due principi, tra i più prossimi per consanguineità, per coadiuvare negli affari di Stato». Come previsto, i reggenti respinsero la petizione, sostenendo che le volontà del defunto imperatore non potevano essere alterate, e a questo andava aggiunta la regola ferrea che
voleva le donne estranee alla politica.
Colpo di Stato Cixi doveva costringere i reggenti a compiere un gesto imperdonabile che inducesse il principe Gong a estrometterli. Un giorno, mentre coccolavano l’imperatore bambino, lei e Zhen chiamarono a colloquio i reggenti e li impegnarono in un acceso confronto sulla petizione. Gli uomini s’infuriarono e replicarono in tono sprezzante che, essendo i reggenti, non erano obbligati a rispondere a due donne. Mentre strepitavano, il bambino si spaventò, pianse e si bagnò i pantaloni. L’ultimo giorno del nono mese lunare del 1861, Cixi diede fuoco alle polveri. Chiese al principe Gong di portare i suoi associati di fronte a lei e all’imperatrice Zhen e, al loro arrivo, le due vedove imperatrici accusarono i reggenti di averle intimidite alla presenza dell’imperatore bambino. L’accusa suscitò l’indignazione dei presenti. I reggenti si precipitarono nel palazzo e cominciarono a urlare fuori della sala che le donne avevano infranto una regola fondamentale, convocando nell’harem i funzionari, che erano di sesso maschile. Cixi, apparentemente in preda all’esasperazione, ordinò la stesura istantanea di un editto che ordinava l’arresto dei reggenti, accusati di impedire all’imperatore l’incontro con i suoi funzionari, un reato considerato gravissimo. Le guardie agli ordini del principe Gong li trascinarono via.
Conferire la seta Dei reggenti, uno fu decapitato. Ad altri due Cixi ordinò di togliersi la vita, inviando a ciascuno dei due la lunga sciarpa di seta bianca con cui impiccarsi. Quel genere di ordine imperiale, di uso non infrequente, era definito ci-bo, «conferire la seta». Era considerato un favore per un condannato a morte: la sentenza veniva soddisfatta con un
suicidio e non con un’esecuzione, e si poteva portare a termine in privato.
Padrona della Cina Nel 1861, il nono giorno della decima luna, alla vigilia del ventiseiesimo compleanno di Cixi, in tutto l’impero fu annunciato: «D’ora in poi tutti gli affari di Stato saranno decisi in prima persona dalle due Vedove Imperatrici, che impartiranno gli ordini al gran consulente e ai gran consiglieri affinché li eseguano. I decreti saranno sempre emanati in nome dell’imperatore». Cixi era diventata la vera governante della Cina.
Imperatore Tongzhi A cinque anni Zaichun, il figlio di Cixi, ricevette il nome di imperatore Tongzhi. Significava «ordine e prosperità». Alle sette del mattino il bambino fu accompagnato nella sala più grande della Città Proibita, la Sala dell’Armonia Suprema, Tai-he. Con una veste di broccato giallo ricamata con un motivo di draghi dorati su uno sfondo di nuvole colorate, fu fatto sedere su un trono laccato d’oro, adorno di nove stupendi draghi dorati. Altri draghi erano scolpiti sul paravento retrostante, sulle colonne che aveva intorno e sul soffitto, al centro del quale un drago avvolto nelle spire teneva sospesa tra i denti una sfera d’argento.
Commercio Sotto la guida di Cixi, in meno di dieci anni la Cina avrebbe avuto una ripresa sbalorditiva, iniziando a godere di un certo grado di prosperità. Uno degli elementi che contribuì in modo decisivo fu la nuova e cospicua fonte di reddito: gli introiti doganali dovuti ai commerci con l’Occidente, conseguenza della politica di apertura voluta da Cixi.
Navi Nel 1863, più di 6800 navi da carico fecero visita al porto di Shanghai, un balzo gigantesco rispetto alle mille navi che annualmente vi entravano sotto il regno del defunto marito.
Dogane In cinque anni, fino alla metà del 1865, le Dogane cinesi erogarono a Pechino dazi per più di 32 milioni di tael.
Importazioni Disponendo di questa nuova ricchezza, Cixi cominciò a importare derrate alimentari su vasta scala. Da molto tempo la Cina era incapace di produrre abbastanza da sfamare la popolazione. Dal 1867 in poi, le Dogane registrarono sistematiche importazioni di riso esenti da dazio. In quell’anno le importazioni di riso, l’alimento base, ammontarono a 1,1 milioni di tael.
Tombe In Cina, a quei tempi, ogni famiglia estesa aveva la propria area di sepoltura. Quei terreni erano sacri per la popolazione. Come osservò Freeman-Mitford, «qui i posti più belli vengono scelti per seppellirvi i morti». In effetti, le persone credevano che le tombe fossero la loro
destinazione finale, dove si sarebbero ricongiunte ai famigliari dopo la morte. Il colpo più letale che si poteva infliggere a un nemico era distruggergli la tomba ancestrale, affinché, dopo la morte, lui e i suoi famigliari diventassero spettri senza dimora, condannati alla solitudine e all’infelicità eterna.
Modernizzazione Al termine dei primi dieci anni di governo, Cixi aveva costituito una marina moderna e iniziato la creazione di un esercito e di un’industria bellica moderni, con attrezzature all’altezza dei tempi. Imprese moderne presero a spuntare una dopo l’altra: l’industria estrattiva del carbone e del ferro, le fonderie, le manifatture che producevano macchine. Fu introdotta l’istruzione moderna per preparare ingegneri,
tecnici, ufficiali ed equipaggi.
Università Uno degli episodi più importanti riguardò la prima istituzione scolastica moderna, l’Università Tongwen, la Scuola per l’istruzione complessiva. Fu istituita nel 1862, subito dopo l’inizio del regno di Cixi,
allo scopo di preparare una generazione di interpreti. La scuola era sistemata in una residenza pittoresca in cui, tra le palme da datteri e i boschetti di lillà e di gelsomino invernale, una piccola torre campanaria annunciava le ore delle lezioni. Nel 1865, quando, su consiglio del principe Gong, Cixi decise di trasformarla in un’università a pieno titolo che insegnasse materie scientifiche, l’opposizione si fece convulsa. Per duemila anni l’unica materia ritenuta idonea all’istruzione era stata lo studio dei classici. Cixi difese la propria scelta sostenendo che l’unico scopo dell’università era «prendere a prestito i metodi occidentali per verificare le idee cinesi», e che «non avrebbe sostituito gli insegnamenti» dei loro «santi saggi».

Viaggi Per aprire gli occhi della gente sul mondo esterno, Cixi iniziò a mandare all’estero un certo numero di viaggiatori. Nella primavera del 1866, il principe Gong scelse alcuni studenti dell’Università Tongwen perché lo accompagnassero nei suoi viaggi e visitassero l’Europa. A un mancese sessantatreenne di nome Binchun, impiegato nell’ufficio delle Dogane, venne affidato l’incarico di guidare il gruppetto di giovani. Binchun fu, come scrisse con orgoglio di sè, «il primo cinese a essere inviato in Occidente». Molti allarmisti lo avvertirono che recarsi in un Paese straniero equivaleva a offrirsi come preda «a tigri e lupi in forma umana», e che avrebbero potuto trattenerlo come ostaggio o addirittura farlo a pezzi. Binchun, tuttavia, aveva un’inguaribile curiosità ed era notevolmente libero da pregiudizi.
Binchun 1 Binchun si recò in undici Paesi e visitò città e palazzi, musei e teatri dell’opera, fabbriche e cantieri navali, ospedali e zoo, e conobbe ogni
tipo di persone, dai monarchi agli uomini e alle donne comuni. Il 6
giugno 1866, la regina Vittoria annotò sul suo diario l’udienza che gli
aveva concesso: «Ricevuti gli inviati cinesi, che sono qui senza credenziali. L’uomo che li guida è un Mandarino di 1a Classe. Somigliano alle figure dipinte o scolpite nel legno che si vedono di solito».
Binchun 2 A un ballo offerto dal principe di Galles, Binchun rimase abbagliato dalle danze, inesistenti in Cina. Si meravigliò per le città illuminate di notte e rimase stupito dai treni, su cui viaggiò quarantadue volte. «Sembra di volare», scrisse e riportò in patria un modellino funzionante di treno.
Binchun 3 Binchun: «Agli occidentali piace essere puliti, e i loro bagni e gabinetti sono lavati fino a diventare immacolati. L’unico aspetto negativo è che essi gettano giornali e riviste nelle feci, dopo averli letti, e talvolta se ne servono per pulire la lordura. Sembra che non rispettino e non apprezzino quanto vi è scritto». Rispettare la parola scritta era un insegnamento confuciano.
Mangiatori di bambini A un certo punto cominciò a diffondersi la voce che i missionari rapivano i bambini per usarne gli occhi e il cuore come ingredienti per i farmaci, oppure per fotografarli, un fenomeno misterioso, a quei tempi. Scrisse Isabella Bird: «Sono sicura che la gente credesse alle dicerie sull’abitudine dei missionari di mangiare i bambini (…). Mi accorsi che, quando uno di noi stranieri entrava in una delle strade più povere, molte persone prendevano i bambini e si affrettavano a portarli in casa; inoltre, c’erano bambini con una croce rossa in campo verde cucita sulla schiena, una precauzione presa con il convincimento che gli stranieri rispettassero troppo la croce per fare del male ai bambini che indossavano l’emblema».
Rivolta anticristiana Nel giugno del 1870, a Tianjin scoppiò una rivolta anticristiana. Secondo le voci messe in giro, un orfanotrofio delle Sorelle della Misericordia, annesso a una chiesa francese di rito cattolico romano, avrebbe praticato il rapimento dei bambini per cavar loro gli occhi e il cuore, e usarli per i farmaci e le fotografie. Diversi cristiani autoctoni, accusati dei rapimenti, furono picchiati dalla folla e, in seguito, consegnati all’ufficio del magistrato. Benché tutti fossero stati dichiarati innocenti, migliaia di uomini affollarono le strade e scagliarono mattoni contro i cristiani. La folla uccise tra i trenta e i quaranta cinesi cattolici, oltre a ventuno stranieri. In tre ore di linciaggi, saccheggi e incendi dolosi, furono ridotti in cenere orfanotrofi, chiese e scuole cristiane. Le vittime furono mutilate e sventrate, e le suore straniere furono denudate prima di essere uccise.
Cristiani Cixi condannò gli omicidi e i roghi, ordinando al marchese Zeng, il viceré di Zhili il cui ufficio si trovava a Tianjin e che in quel momento era assente e malato, di recarvisi, intervenire immediatamente e «arrestare e punire i capibanda, così da fare giustizia». Con un decreto, espresse solidarietà per le vittime cristiane, respinse le dicerie e ingiunse a tutte le autorità provinciali di proteggere i missionari.
Nozze 1 Quando Tongzhi era adolescente, la corte iniziò a preparare le sue nozze. Il procedimento di selezione delle consorti durò quasi tre anni. Al principio del 1872, prima del sedicesimo compleanno di Tongzhi, le consorti erano state scelte dalle due imperatrici vedove e dal principe stesso. Le nozze erano programmate per una data successiva dello stesso anno. Tra le centinaia di ragazze idonee, fu designata a diventare imperatrice una certa Alute.
Nozze 2 L’astrologo di corte scelse il 16 ottobre 1872 come giorno per le nozze. Un po’ prima della mezzanotte, sotto la luna piena, una grande
processione andò a prendere Alute nel suo palazzo. Indossava una splendida veste su cui era ricamato il disegno di un drago (l’imperatore) e di una fenice (l’imperatrice) intrecciati l’uno all’altra. Alla popolazione era stato imposto di tenersi alla larga, e a chi viveva lungo la via era stato intimato di rimanere in casa e di non guardare fuori. Là dove il percorso reale era intersecato dai vicoli, erano stati eretti paraventi con l’intelaiatura di bambù per impedire ogni possibile visione. Alle legazioni straniere fu comunicato con due giorni d’anticipo che in quel momento i connazionali dovevano rimanere confinati in casa, una richiesta che causò scoppi d’ira e frustrazione.
Imperatore Dopo le nozze, l’imperatore Tongzhi assunse formalmente il potere con una cerimonia che si tenne il 23 febbraio 1873. Aveva sedici anni.
Morto Tongzhi morì di vaiolo a 17 anni, nel gennaio del 1875. Alute, in segno di lealtà verso il marito, si suicidò.
Lutto Dopo la morte dell’imperatore Tongzhi, nella capitale furono vietate le nozze e gli intrattenimenti per cento giorni. A tutti gli uomini dell’impero fu proibito di sbarbarsi e di farsi tagliare i capelli. Tutte le campane, grandi e piccole, dei templi di Pechino rintoccarono trentamila volte. Furono emanate direttive dettagliate fin nei minimi particolari sullo stile degli abiti da lutto e sulle persone che erano tenute a indossarli.
Adozione  1 L’imperatore Tongzhi non aveva lasciato eredi né un testamento in cui imponeva il proprio successore. Inoltre, poco prima di morire, aveva chiesto alle due imperatrici vedove di reggere l’impero. Spettava a loro designare il futuro sovrano. Le due donne annunciarono che avrebbero adottato un bambino, e che lo avrebbero allevato personalmente.
Adozione  2 Cixi nominò dunque il nuovo imperatore: Zaitian, un bambino di tre anni, figlio della sorella e del principe Chun. In men che non si dica furono espletate le formalità per la nomina del sovrano e una processione fu inviata a prendere il nuovo imperatore. Quando ancora non erano spuntati i primi raggi del sole, il bambino fu svegliato e separato dalla madre, avvolto in una pesante veste di corte, infilato in una portantina con un funzionario al suo fianco, trasportato nella Città Proibita in mezzo a lanterne e candele e costretto a prosternarsi davanti a Cixi e all’imperatrice Zhen in una sala buia. Poi fu condotto davanti al letto in cui
giaceva il defunto imperatore Tongzhi perché si esibisse nelle doverose lamentazioni, cosa che fece del tutto spontaneamente poiché il suo sonno era stato disturbato. Iniziò così la nuova vita di Guangxu, imperatore della «Gloriosa successione».
Diplomatico Il 31 agosto 1875 Cixi annunciò la nomina del primo diplomatico: Guo Songtao sarebbe stato il ministro plenipotenziario a Londra. Guo era un uomo di idee eccezionalmente avanzate che sosteneva si dovesse imparare dall’Occidente e si dovessero adottare progetti innovativi quali la ferrovia e il telegrafo. Fu assalito con violenza dai conservatori.
Calzini Il plenipotenziario a Berlino, Hung Jun, era l’esatto opposto di Guo. Detestava le usanze europee. Sulle prime si rifiutò con sdegno di indossare calzini europei, ma, quando si rese conto che erano incom- mensurabilmente più confortevoli di quelli di cotone grezzo che aveva portato da casa, il suo proposito svanì.
Flotta militare Nel 1875 Cixi approvò l’esborso annuale di quattro milioni di tael – un preventivo enorme – per creare una flotta militare. Era l’epoca in cui, in Europa, erano state appena inventate le corazzate, e l’editto promulgato il 30 maggio da Cixi autorizzava il conte Li ad «acquistarne una o due», considerato «il loro costo astronomico». Negli anni che seguirono l’editto, furono acquistate due corazzate e altre navi da guerra. Furono inviati giovani in Francia perché imparassero a costruirle, e in Gran Bretagna perché seguissero il corso di addestramento per ufficiali della marina.
Telegrafo Nel 1875 Cixi ordinò l’installazione del telegrafo a cominciare dalla provincia del Fujian per comunicare con l’isola che il Giappone concupiva e che lei era decisa a conservare: Taiwan. Fu fondata l’Amministrazione imperiale del telegrafo e Sheng Xuanhuai, uno degli uomini d’affari più all’avanguardia del Paese, ne diventò l’amministratore delegato. All’inizio, la gente abbattè fili e pali; ma, non appena si accorse della loro innocuità, di quanto fosse prodigiosa la comunicazione e di quanti vantaggi potesse arrecare alla loro vita, il sabotaggio s’interruppe e le linee del telegrafo cominciarono a espandersi in tutto l’impero.
Carbone Sempre nel 1875, Cixi decretò l’inizio della moderna estrazione del carbone.
Elettricità Insieme al carbone arrivò l’elettricità. Nel 1888 Cixi aprì la strada facendo installare la luce elettrica nel Palazzo sul Mare. I generatori,
comprati in Danimarca, erano azionati dalla guardia del corpo dell’imperatore. Erano le prime luci elettriche cinesi che si vedessero al di fuori delle città portuali concesse per trattato agli stranieri, e stimolarono la diffusione dell’elettricità. Negli anni successivi, a Pechino e in altre grandi città, furono fondate diciassette aziende elettriche per usi civili, militari e commerciali.
Tram Nel 1889, Pechino vide il suo primo tram.
Ferrovia Il 27 agosto 1889 Cixi promulgò un decreto che preannunciava l’era della ferrovia in Cina, con la costruzione della linea principale che collegava il Nord al Sud. La ferrovia Pechino-Wuhan, prolungata in seguito fino a Canton nel Sud del Paese, diventò (e lo è tuttora) l’arteria centrale dei trasporti della Cina, decisiva ancora oggi per la sua economia.
Fabbriche tessili Cixi non abbracciò l’industrializzazione in modo indiscriminato o privo di riserve. Nel 1882, quando il conte Li chiese il permesso di costruire fabbriche tessili, si oppose: «La produzione tessile è la nostra manifattura principale. I tessuti prodotti dalle macchine tolgono lavoro alle donne e mettono in pericolo la loro sopravvivenza. È già abbastanza negativo non poter vietare i tessuti stranieri; non dovremmo infliggerci altri danni».
Bachi da seta A quei tempi la produzione tessile era chiamata can-sang, che letteralmente significa «bachi da seta e foglie di gelso», poiché la produzione della seta era da migliaia di anni una delle principali attività delle donne cinesi. Per mantenere la tradizione, ogni anno in primavera, quando i bachi iniziavano il loro lavoro, Cixi guidava le dame di corte in un sacrario dedicato della Città Proibita perché pregassero il Dio dei Bachi da seta e lo implorassero di proteggere i piccoli animali. L’imperatrice vedova e le dame di corte nutrivano i bachi quattro o cinque volte al giorno, cogliendo le foglie dei gelsi che crescevano nei terreni del palazzo. Quando un baco smetteva di filare e si chiudeva nel bozzolo che aveva fabbricato, il bozzolo era sottoposto a bollitura e il filo di seta, che in media era lungo centinaia di metri, era avvolto in una spoletta, pronto per la tessitura.

Trattati Dopo la guerra con la Francia, l’imperatrice vedova perfezionò i trattati con le potenze europee e ottenne da queste l’impegno a rispettare i confini della Cina, che furono formalmente tracciati allora e, in larga parte, rimangono tali a tutt’oggi. I trattati comprendevano l’accordo con la Russia (1881), quello con la Francia (relativo al confine con il Vietnam, 1885) e quelli con la Gran Bretagna (a proposito della Birmania nel 1886 e del Sikkim nel 1888). Fu soprattutto grazie a lei se in quegli anni, mentre le potenze europee dilagavano nel mondo, inglobando antichi regni e spartendosi vecchi continenti, la Cina fu lasciata in pace.
Entrate Al principio del 1889, all’apice dei suoi successi, l’imperatrice vedova annunciò di essere in procinto di ritirarsi e di cedere il potere al diciassettenne figlio adottivo. Sotto il suo regno, le entrate annuali della Cina erano raddoppiate. Prima della sua ascesa al potere, le entrate statali non avevano mai superato i quaranta milioni di tael neppure nel periodo più prospero, il regno di Qianlong il Magnifico. Ora assommavano a quasi ottantotto milioni e per un terzo derivavano dalle tasse doganali – conseguenza della sua politica delle porte aperte.

Papà carissimo L’imperatore Guangxu salì al trono all’età di tre anni.  Cixi gli disse di chiamarla «Papà carissimo» (qin-ba-ba) e, da grande, si sarebbe rivolto a lei con l’appellativo di «Mio padre reale» (huang-ba-ba). Per l’imperatore bambino, la figura materna fu impersonata dall’imperatrice Zhen, più che da Cixi; tuttavia, la donna morì l’8 aprile 1881 all’età di quarantatre anni, e quando Guangxu ne aveva soltanto nove. Davanti al feretro, il bambino non riusciva a smettere di piangere.
Tuoni Guangxu era fisicamente debole, esitante e nervoso, balbettava e si spaventava per un nonnulla. Era terrorizzato dai tuoni. Quando c’era una tempesta, un gruppo di eunuchi gli si assembrava intorno gridando a gola spiegata per soffocarne il rombo.
Tutore Quando compì quindici anni, nell’estate del 1886, Guangxu aveva i requisiti necessari per governare la Cina. Cixi si sentì obbligata a emanare un editto, ordinando all’astrologo imperiale di scegliere una data propizia al principio dell’anno venturo in cui il giovane avrebbe assunto il potere. Cixi annunciò che avrebbe «continuato a impersonare il ruolo di tutore ancora per qualche anno». Da allora i suoi rapporti con Guangxu, che non aveva mai amato, si deteriorano.
 
Nozze 1 Nell’estate del 1887 l’imperatore Guangxu compì sedici anni. Era l’età in cui il defunto figlio di Cixi si era sposato, e i preparativi per le sue nozze erano iniziati quando aveva tredici anni. Cixi aveva rimandato il matrimonio del figlio adottivo perché avrebbe contrassegnato il suo raggiungimento della maturità e, dopo l’evento, sarebbe stato difficile per lei mantenere le redini del potere. Il matrimonio, tuttavia, non poteva
essere posticipato all’infinito e la selezione a livello nazionale doveva essere avviata. Il procedimento durò a lungo e un giorno, nel 1888, l’imperatore Guangxu esplose per la frustrazione. In preda a un terribile nervosismo, fracassò i vetri di una finestra. A quel punto il ragazzo non riusciva più a contenere la rabbia verso il Papà carissimo. Due giorni dopo quell’accesso di collera, Cixi annunciò che le nozze avrebbero avuto luogo al principio dell’anno successivo. Seguì subito un altro decreto in cui dichiarava che si sarebbe ritirata immediatamente dopo le nozze.
Nozze 2 Come imperatrice vedova, Cixi aveva il diritto di orientare la scelta della moglie per il figlio adottivo. Voleva un’imperatrice che le obbedisse in tutto e per tutto. Seguite le procedure di selezione obbligatorie, fece la sua scelta: una figlia del fratello, il duca Guixiang. Longyu era mansueta e gentile, e aveva bei modi, ma era piuttosto bruttina (un difetto non compensato dall’intelligenza). Inoltre, aveva tre anni più dell’imperatore: ne aveva ventuno all’epoca del matrimonio, un’età assai più matura di quella consueta per una sposa reale. Persino in una famiglia comune sarebbe stata considerata una vecchia zitella.
Nozze 3 L’imperatore Guangxu provava antipatia per la sua imperatrice. La mattina delle nozze, stando al gran precettore Weng, Guangxu si alzò «lamentando un capogiro» e «rigettò acqua». I medici reali non rinvennero alcun disturbo sulla sua persona, nondimeno l’imperatore dichiarò di dover evitare le correnti e si rifiutò di recarsi nella grande sala. Il banchetto dovette essere annullato e tutti i maggiorenti lì riuniti furono obbligati ad andarsene. La cancellazione di un banchetto di nozze era un fatto inaudito e la voce prese a spargersi immediatamente in tutta la capitale. L’imperatore fece in modo che l’affronto alla famiglia della sposa raggiungesse fino in fondo lo scopo, facendo distribuire le pietanze, ancora intatte, tra i funzionari presenti nella lista degli invitati e ordinando in modo specifico che nulla fosse consegnato a casa del suocero. È facile immaginare la rabbia di Cixi quando venne a conoscenza dell’umiliazione spettacolare subita dal fratello. Da allora in poi, l’imperatore Guangxu trattò la moglie, l’imperatrice Longyu, nel migliore dei casi con freddezza. Sotto lo sguardo dei membri della corte, la guardava senza vederla, come se non esistesse. Lei cercava di compiacerlo e lui ne era infastidito. Tutti sapevano che, «quando lei accedeva alla sua presenza, non era infrequente che l’imperatore si togliesse le scarpe e gliele tirasse con un calcio». Il desiderio di Cixi di sorvegliare il figlio adottivo si rivelò controproducente
e rese ancora più tesi i loro rapporti. Adesso che Cixi era costretta a ritirarsi, l’ultima cosa che l’imperatore Guangxu aveva voglia di fare era consultarsi con lei su una questione qualsiasi, men che meno sugli affari
di Stato.
Riforme 1 Quando prese il potere Guangxu accantonò il progetto della grande ferrovia nord-sud, decretata da Cixi, e abbandonò la prevista riforma monetaria.
Riforme 2 L’imperatore Guangxu non fece nulla per dar corso alle riforme di Cixi e lasciò che cadessero nel vuoto. Tornò alla secolare gestione dell’impero: la pura e semplice amministrazione burocratica che comportava la scrittura di brevi promemoria sui dispacci quotidiani con l’inchiostro cremisi: «Rapporto ricevuto», «Attenersi a quanto proposto», «Inviare all’ufficio di pertinenza». Le udienze erano brevi e ripetitive. Era risaputo che l’imperatore soffrisse «di una lieve balbuzie» e che
parlasse «lentamente e con difficoltà». Di fatto, la sua voce era a malapena udibile e tentennante. Per risparmiargli l’evidente sofferenza di dover parlare, i funzionari si raccomandavano l’un l’altro di prodursi in
un monologo dopo la prima domanda dell’imperatore e di riempire, così, i dieci minuti che erano il minimo previsto per un’udienza.
Assopimento Le importazioni di derrate alimentari continuarono, così come il commercio con l’estero, ma il Paese attraversò «un periodo di assopimento», osservarono gli occidentali, «in cui i mercanti stranieri erano le uniche persone intraprendenti».
Palazzo d’Estate Quando si ritirò nel Palazzo d’Estate che aveva fatto ristrutturare, Cixi trascorreva i suoi giorni con gli eunuchi e le dame di corte.
Toeletta Cixi si prendeva cura del viso coprendolo per alcuni minuti con un asciugamano caldo, e poi lo asciugava picchiettando. Dopodiché avvolgeva le mani in un altro asciugamano e le immergeva a lungo nell’acqua calda – così a lungo che l’acqua doveva essere cambiata due o tre volte – e si diceva fosse il suo segreto per mantenerle morbide come quelle di una ragazza. Dopo essersi sciacquata i denti, si accomodava su una sedia rivolta a sud e un eunuco entrava ad acconciarle i capelli. Secondo gli eunuchi, Cixi aveva cominciato a perderli a quarant’anni e, sui radi capelli che le erano rimasti, veniva collocato un toupet nero come l’ebano.
Fungo d’argento Sorbiva la dose quotidiana di gelatina di «fungo d’argento» (yin-er), che si reputava ottima per la salute e la bellezza.
Trucco 1 Non poteva far molto al viso; essendo una vedova, non era previsto che si truccasse. Viceversa, le signore mancesi si coprivano abbondantemente il viso di bianco e di rosa, e dipingevano una vivida chiazza rossa sul labbro inferiore per dare l’impressione di una bocca piccola come una «ciliegia», un tocco di bellezza in un periodo in cui le labbra grandi erano ritenute brutte. Desiderosa di truccarsi, Cixi applicava con discrezione un tocco di belletto sulle guance e al centro dei palmi, e persino un pizzico sulle labbra.
Trucco 2 Il belletto usato a corte era composto di una qualità di rose che crescevano sulle colline a ovest di Pechino. I petali di una certa rosa rossa erano messi in un mortaio di pietra e schiacciati con il pestello di marmo bianco. Vi si aggiungeva un po’ di allume e il liquido rosso scuro così ottenuto era versato in una «brocca da belletto», dopo essere stato filtrato con una fine garza bianca. La lana di seta era tagliata a quadretti o in tamponi rotondi, e infilata per giorni nella brocca, perché assorbisse il liquido. Prima che finissero sulla toilette reale, i tamponi di seta si lasciavano ad asciugare in una stanza con la finestra di vetro, per evitare che prendessero polvere. Cixi inumidiva il tampone con acqua tiepida e lo applicava. Per le labbra, arrotolava un tampone, oppure ne attorcigliava un altro attorno a una forcina di giada per formare una sorta di rossetto, e lo stendeva al centro delle labbra, più sul labbro inferiore che su quello superiore.
Profumo Come profumo, mescolava lei stessa gli oli ricavati da fiori diversi.
Abiti Essendo vedova, Cixi non poteva vestire colori vivaci come il rosso o il verde vivo. Tuttavia, persino gli abiti considerati poco vistosi erano coloratissimi per i parametri europei. Dentro casa indossava una veste
color arancio chiaro con un corpetto azzurro, ricamata solo sugli orli, e uno dei suoi completi preferiti nelle occasioni speciali era una veste di broccato blu con grandi magnolie bianche ricamate sopra. Katharine
Carl, la pittrice americana che passò undici mesi con lei, osservò: «È sempre molto curata. Disegna personalmente i suoi vestiti (…) ha gusti raffinati nella scelta dei colori, e non le ho mai visto addosso un colore che non le donasse, a parte il giallo imperiale. Quel colore non le stava bene, ma era obbligata a indossarlo in tutte le occasioni ufficiali. Di solito lo modificava il più possibile con le guarnizioni, e a volte la veste era così fittamente ricamata che il colore originario si vedeva appena».
Gioielli I gioielli erano spesso realizzati su suo progetto e tra di essi vi era un mantello di perle che Cixi indossava sopra una giacca da portare nelle
occasioni ufficiali.
Calzini Ciascun paio di calzini era indossato una sola volta, pertanto era necessario un rifornimento costante. A parte la squadra di cucitrici, la sua famiglia e le altre casate aristocratiche confezionavano i calzini per lei e glieli offrivano in dono.
Latte umano A colazione per prima cosa le veniva servito il te. I Manciù bevevano il te con molto latte. Nel caso di Cixi, il latte proveniva dal seno di una balia. Cixi consumava latte umano sin dagli anni Ottanta del XIX secolo, l’epoca di una sua lunga malattia, perché così le era stato consigliato da un rinomato medico. Furono assunte diverse balie che, a turno, spremevano per lei il latte in una scodella.
Cento scodelle Quale imperatrice vedova, Cixi aveva diritto all’assegnazione quotidiana di trentun chili di maiale, un pollo e un’anatra. Insieme a questi, nonché alle verdure e agli altri ingredienti in quantità ben determinate, si cucinavano decine di pietanze che, per il pasto principale, erano disposte in più di cento tra piatti e scodelle. La maggior parte delle pietanze non veniva neppure assaggiata e il loro scopo era soltanto quello di ampliare l’offerta. Cixi mangiava quasi sempre da sola, poiché qualunque invitato sarebbe stato costretto a consumare il pasto in piedi, con l’eccezione dell’imperatore. Spesso alle dame di corte che presenziavano al pasto veniva chiesto di mangiare alla sua tavola dopo che Cixi aveva terminato e se n’era andata, nel qual caso avevano il permesso di sedersi. Di solito le pietanze avanzate alla sua tavola erano distribuite ai cortigiani come segno del favore imperiale. L’enorme quantità di cibo che avanzava a corte consentiva a una serie di banchi alimentari del quartiere di effettuare un rapido smercio e, a certe ore del giorno, ai mendicanti era concesso di recarsi davanti a una determinata porta per ricevere i resti e passare al setaccio l’immondizia prima che fosse portata via con un carro.
Cani Al Palazzo d’estate Cixi, allora cinquantenne, allevò decine di cani. Vivevano in un padiglione fornito di cuscini di seta sui cui dormivano, e possedevano un ampio guardaroba di giacche di broccato, ricamate a motivi di crisantemi, fiori di melo selvatico e altri disegni sontuosi.
Flotta Nel 1891, quando Cixi traslocò nel Palazzo d’Estate e interruppe ogni contatto con il governo, l’imperatore Guangxu decretò la sospensione di ogni spesa per la flotta e per l’esercito.
Giappone 1 Il Giappone, approfittando dell’assenza di Cixi, nel 1894 piombò sulla Cina.
Giappone 2 Dopo aver sconfitto più volte i cinesi, l’8 aprile il Giappone presentò le proprie condizioni in dettaglio. A parte la richiesta di un’indennità astronomica – duecento milioni di tael – esigeva la cessione di Taiwan, nota come il «gioiello» dell’impero cinese e che, come il vicere Zhang rammentò alla corte, versava «ogni anno più di due milioni di tael nelle casse dello Stato, facendo guadagnare ai mercanti e alla popolazione nel suo complesso decine di volte quella cifra». Oltre a Taiwan, il Giappone voleva le vicine isole Pescadores e la penisola di Liaodong, nella Manciuria meridionale. «Non cedete nessuna terra, richiamate il negoziatore e continuate a combattere!» ingiunse all’imperatore Guangxu un’esasperata Cixi. Fu ignorata dagli uomini.  Il 17 aprile fu firmato il Trattato di Shimonoseki. Il Giappone ottenne i territori che chiedeva, più un’indennità di duecento milioni di tael. Durante quel periodo Cixi fu logorata dallo sdegno e dalla disperazione, sentimenti esasperati dall’impotenza. L’angoscia era così forte da farle perdere frequentemente i sensi. Un eunuco «vide spesso Cixi piangere quando pensava di essere sola».
Giappone 3 Il Trattato di Shimonoseki rovinò la Cina. Charles Denby, il ministro plenipotenziario americano che fece da intermediario nell’accordo, e che era stato testimone dei tempi relativamente floridi prima della guerra e lo fu degli anni spaventosi che le fecero seguito, scrisse: «La guerra con il Giappone fu l’inizio della fine per la Cina».
Giappone 4 Oltre all’indennità di duecento milioni di tael, la Cina fu costretta a corrispondere al Giappone altri trenta milioni per la restituzione della penisola di Liaodong. Con l’aggiunta di altri «costi», la cifra complessiva ammontò a 321,5 milioni di tael, più del quadruplo delle entrate annuali del Giappone. C’era anche il bottino di guerra, sotto forma di armi e cannoniere. Per il pagamento, l’imperatore Guangxu chiese in prestito all’Occidente 300 milioni di tael a condizioni rovinose. Se si sommano l’indennità, gli interessi sul prestito e le spese gigantesche sostenute dalla Cina durante il conflitto, la guerra – e la pace – costarono al Paese 600 milioni di tael, quasi sei volte le entrate complessive del 1895 (101.567 milioni).
Arresti domiciliari  Dopo aver scoperto che Guangxu complottava per ucciderla, Cixi lo mise agli arresti domiciliari confinandolo nella villa Yingtai del Palazzo sul Mare, che si trovava nell’isolotto al centro del lago e cui si accedeva soltanto per mezzo di un lungo ponte che poteva essere aperto e chiuso. Quando sarebbe andata al Palazzo d’Estate, Cixi avrebbe portato il figlio adottivo con sè. Era diventato il suo prigioniero. Guangxu scrisse di suo pugno un decreto con l’inchiostro cremisi in cui annunciava che Cixi avrebbe ricoperto il ruolo di guardiano dell’imperatore. In seguito fu inscenata una cerimonia formale. Dopodiché Guangxu divenne il burattino di Cixi, firmando editti con il pennello intinto nell’inchiostro cremisi secondo i desideri della donna. Continuò a incontrare funzionari e gran consiglieri, ma sempre insieme a lei.
Passatempi Nella villa in cui era tenuto prigioniero, l’imperatore leggeva i classici cinesi e i libri occidentali in traduzione, praticava la calligrafia e suonava strumenti musicali (sosteneva di non amare le melodie
tristi). Continuava a smontare e rimontare orologi. Una volta venne alle prese con un carillon rotto e, a quanto pare, non solo riuscì a riportarlo in vita, ma anche ad aggiungervi una melodia cinese. La cosa che più lo appassionava era disegnare figure diaboliche su pezzi di
carta e scrivere immancabilmente sul retro il nome del generale Yuan, l’uomo che aveva fornito informazioni sui cospiratori ed era la causa della sua prigionia. Poi incollava i disegni alla parete, li bersagliava con le frecce di bambù e, ormai laceri, li riduceva a brandelli.
Adozione Detronizzare Guangxu era impensabile per i cinesi benché, nel complesso, la pubblica opinione accettasse di buon grado l’assunzione del potere da parte di Cixi. Guangxu era ritenuto un personaggio consacrato «dal Cielo» che non doveva neppure essere visto dai sudditi. Cixi decise allora di adottare un erede legittimo. L’erede legittimo avrebbe potuto adempiere i doveri dell’imperatore e, a tempo debito, prendere il posto del sovrano, che a quel punto avrebbe potuto ritirarsi. C’erano ragioni sufficienti per spiegare l’adozione: l’imperatore Guangxu aveva quasi trent’anni ed era senza figli. Si poteva sostenere la necessità che adottasse un figlio per continuare la linea dinastica. E così il prigioniero scrisse di suo pugno con l’inchiostro cremisi un umile editto in cui annunciava che la malattia gli impediva di avere un erede naturale e che, dopo reiterate suppliche, l’imperatrice vedova aveva gentilmente acconsentito a designare un erede legittimo per il bene della dinastia. L’erede legittimo era un quattordicenne di nome Pujun. Il padre, il principe Duan, era figlio di un fratellastro dell’imperatore Xianfeng, il defunto marito di Cixi, e tale parentela offriva la patina della legittimità.
Boxer Nel 1899 iniziò la rivolta dei Boxer antioccidentali. I Boxer cominciarono a distruggere ferrovie, treni e linee del telegrafo. A Pechino presero a bruciare chiese e proprietà straniere, tra l’esultanza della folla. In un atto di odio estremo, la massa in tumulto fece incursione nei cimiteri stranieri, fracassando lapidi e monumenti, trascinando fuori delle tombe i corpi e trafiggendoli con le lance prima di bruciarli.
Pelosi Agli stranieri i Boxer avevano affibbiato il nomignolo di «pelosi», mao-zi, per la maggior quantità di peli che presenta il loro corpo rispetto a quello dei cinesi, e ai cristiani cinesi l’appellativo di «pelosi secondari», er-mao-zi, e furono questi ultimi a subire l’impatto della ferocia dei Boxer. Con il corpo orribilmente bruciato e lacerato, fuggirono verso le legazioni in cerca di protezione: «È più di quanto lo sguardo di un essere umano possa sopportare», scrisse un soldato di guardia.
Fasce puzzolenti Dopo la ribellione dei Boxer xenofobi le potenze occidentali invasero la Cina. I capi dei Boxer, che credevano nelle proprie abilità soprannaturali, furono i primi a morire. «Un capo dei Boxer ben vestito scese tutto solo verso il ponte di barche di fronte alla
fanteria russa, facendo un grande effetto (…). Agitò la fascia e portò a termine la sua cerimonia ma, ovviamente, in pochi secondi era cadavere», così un soldato britannico descrisse la scena. Vedendo sconfitta la magia dei loro capi, alcuni Boxer supposero che gli stranieri possedessero misteriosi poteri e cercarono di ostacolarli con la contaminazione, una strategia d’antica data. Posero sugli spalti delle mura le comode e le fasce che le donne avvolgevano attorno ai piedi – i due oggetti considerati più maleodoranti – nella vana speranza che gli stranieri fossero respinti dal fetore.
Compiacente Cixi dovette mostrarsi compiacente verso i Boxer. Come spiegò ai vicerè che si opponevano al suo modo di gestire la contingenza: «È stata questione di mesi perché all’improvviso la capitale pullulasse di centinaia di migliaia di Boxer, e tra le loro file c’è la gente comune ma anche i soldati, i principi e gli alti funzionari (…). La capitale precipiterebbe in una condizione pericolosa di portata impensabile, se cercassi di usare l’esercito per schiacciarli. Devo adeguarmi ed essere trattata come il loro capo, e cercare di controllarli per recuperare in qualche modo la situazione».
Fuga 1 All’alba del 15 agosto, mentre gli alleati battevano alle porte della Città Proibita, spronata da un principe, Cixi se ne andò a bordo del carretto trainato da un mulo che questi aveva portato da casa sua. Cixi prese con sè l’imperatore Guangxu, l’imperatrice Longyu, una decina tra principi, principesse e dignitari, e la concubina dell’imperatore, Giada. Con i capelli raccolti in una crocchia e la veste informale di cotone azzurro che spesso indossava in casa, Cixi iniziò la fuga su un carretto trainato da un mulo.
Fuga 2 Fuggiva verso ovest, verso l’interno. Davanti a lei si estendeva la terra desolata dei villaggi e delle città ancora fumanti che i Boxer e l’esercito imperiale ormai disperso avevano saccheggiato. Non c’era un solo abitante in vista. Cixi aveva una sete spaventosa ma, quando gli eunuchi andarono ad attingere a un pozzo, videro teste umane galleggiare nell’acqua. Fu costretta a masticare i gambi delle piante per assorbirne l’umidità. Per quanta fame avesse, non c’era nulla da mangiare. E neppure un letto. Lei e l’imperatore trascorsero la seconda notte seduti su una panca, schiena contro schiena, fissando il soffitto. Verso l’alba, dalla terra si levò il gelo e Cixi ebbe la sensazione che le penetrasse nelle ossa. Com’era ampiamente noto, Cixi era immune al freddo ma ora, a sessantaquattro anni, trovò difficile sopportarlo, come avrebbe raccontato in seguito.
Capo Benché addolorata e in fuga, Cixi dimostrò di essere ancora il capo assoluto. Da quel momento in poi, in qualunque località Cixi si trovasse, quello diventava il centro nervoso dell’impero. Gli ordini che impartì alle province, usando il linguaggio e il tono di sempre, trasmettevano un’autorevolezza assoluta. I rapporti provenienti da tutta la Cina trovarono il modo di raggiungerla. Chiese di poter avere le truppe come scorta dei reali e le truppe si precipitarono alla velocità consentita dai cavalli o dalle gambe che li trasportavano. Chiese denaro, alimenti e trasporti e tutto affluì in fretta e in abbondanza. Durante il resto del viaggio, che coprì più di mille chilometri e durò più di due mesi, non ebbe problemi di rifornimenti. Alla fine di ottobre, quando si stabilì nella Cina occidentale, nell’antica città di Xian che dal 1100 a.C. era stata la capitale di più di dodici dinastie, ricevette più di sei milioni di tael provenienti da tutto l’impero. Quando la corte tornò a Pechino un anno dopo, ci vollero duemila carri per caricare tributi e documenti.
Xian Il 26 ottobre 1900, Cixi stabilì la propria residenza a Xian. I suoi rappresentanti, il principe Ching e il conte Li, aprirono i negoziati con le potenze.
Morti Alla guerra combattuta in Cina prima contro i ribelli Boxer poi contro il governo imperiale, partecipano otto potenze: Inghilterra, Francia, Russia, Germania, Giappone e Italia, Stati Uniti. L’assedio durò cinquantacinque giorni, dal 20 giugno al 14 agosto, quando le forze alleate s’impossessarono di Pechino. Degli occidentali presenti nelle legazioni, sessantotto furono uccisi e 159 feriti; il numero dei cristiani cinesi uccisi o feriti non fu conteggiato. I Boxer che, praticamente, attaccavano a mani nude, ebbero migliaia di caduti.
Pulizia Gli alleati furono considerati un netto miglioramento rispetto ai Boxer. Si fecero addirittura carico dell’igiene nelle strade che, all’epoca, erano una sorta di gigantesco gabinetto pubblico. Le
nuove autorità ordinarono ai proprietari dei negozi e ai capifamiglia di ripulire l’area immediatamente prospiciente. Pertanto le strade di Pechino subirono una trasformazione, con grande contentezza dei residenti e di Cixi, al suo ritorno nella capitale. La politica della responsabilità dell’area antistante la propria abitazione sarebbe stata adottata dai futuri governi cinesi.
Protocollo dei Boxer Il Protocollo dei Boxer, il documento conclusivo della guerra, fu firmato il 7 settembre 1901, un anno dopo l’ingresso degli alleati a Pechino. Le potenze decisero di non ritenere Cixi responsabile delle atrocità dei Boxer.
Indennità La disposizione destinata ad avere un impatto concreto sulla vita del popolo cinese fu quella riguardante l’indennità. L’ammontare raggiunse la cifra sbalorditiva di 450 milioni di tael. Si arrivò a quella cifra
sommando tutte le rivendicazioni avanzate da tutti i Paesi per i costi delle spedizioni militari e i danni arrecati alle persone. Poiché all’epoca la popolazione cinese annoverava circa lo stesso numero di persone, i cinesi diedero (e tuttora danno) erroneamente per certo che la somma simboleggiasse la penalizzazione dell’intero popolo.
Sollievo Verso la fine del 1900, quando ricevette la bozza del Protocollo dei Boxer, Cixi fu «sopraffatta da una moltitudine di sentimenti», uno dei quali era il sollievo. Quello che più temeva era perdere la sovranità
o essere costretta a ritirarsi in favore dell’imperatore Guangxu. Nessuna delle due ipotesi si materializzò.
Imparare dall’Occidente Il 29 gennaio 1901, quando era ancora a Xian, Cixi emanò un decreto che segnalava l’avvio di una nuova fase del suo regno. Al nocciolo, ci si proponeva di «imparare dall’Occidente»: «L’Imperatrice Vedova ingiunge al popolo che solo adottando le abitudini che rendono superiori i Paesi stranieri possiamo rettificare ciò di cui la Cina è manchevole». In passato era già stata espressa un’opinione analoga, ma adesso il programma dei cambiamenti includeva «tutti gli elementi essenziali» che avevano reso «ricchi e forti i Paesi stranieri», ovverosia «il regolamento dinastico, le tradizioni nazionali, i metodi di governo, il sostentamento del popolo, i sistemi scolastici, l’esercito e le finanze».
Ritorno a Pechino Dopo la firma del Protocollo dei Boxer e il ritiro degli eserciti d’occupazione, Cixi il 6 ottobre lasciò Xian alla volta di Pechino.
Saluti Per il suo ingresso a Pechino, Cixi ruppe con la tradizione e annunciò che gli occidentali sarebbero stati i benvenuti, se avessero desiderato assistere alla processione reale. I diplomatici furono invitati in un palazzo che godeva di una bella vista sullo svolgimento della processione. Altri si piazzarono sulle mura della città. Uno di loro scattò una foto all’imperatrice vedova mentre stava per entrare in una sala dopo essere scesa dalla portantina. Nella foto, Cixi si volta a salutare con un fazzoletto in mano, mentre la veste fittamente ricamata si apre a campana. Salutare gli spettatori era un fatto senza precedenti; Cixi s’era imbattuta in quel gesto dei monarchi stranieri leggendo i resoconti dei viaggiatori che aveva inviato all’estero.
Matrimoni misti e piedi fasciati In uno dei primi decreti rivoluzionari di Cixi, proclamato il primo febbraio 1902, fu rimossa la proibizione dei matrimoni misti tra persone di etnia Han e manciù, un divieto antico quanto la stessa dinastia Qing. Il medesimo decreto prevedeva che i cinesi Han abbandonassero la tradizione di fasciare i piedi, dando risalto al fatto che la pratica «nuoce alle creature e trasgredisce le intenzioni della Natura». Cixi disse ai responsabili delle comunità rurali di far conoscere il suo messaggio alle famiglie e di servirsi dell’esempio e della persuasione per convincerle, vietando in modo esplicito ed energico l’uso della coercizione brutale. Il suo approccio prevedeva di determinarli a poco a poco con la perseveranza. Quando l’amica americana Sarah Conger le domandò se l’editto avrebbe avuto effetto immediato nell’impero, Cixi rispose: «No, i cinesi si muovono lentamente. Le nostre abitudini sono così radicate che occorre molto tempo per cambiarle». La scelta del cambiamento graduale fece sì che dieci anni dopo molte bambine avessero ancora i piedi fasciati (compresa la nonna dell’autrice di questo libro). Tuttavia, fu l’ultima generazione a dover subire quella sofferenza.
Scuola per donne Cixi fondò una Scuola per le donne dell’aristocrazia di cui nominò direttrice la figlia adottiva, la principessa imperiale.
Riviste Nel 1904 la prima donna fu nominata direttore di un giornale importante, il Ta Kung Pao. Nei primi dieci anni del XX secolo in Cina diventò di moda l’espressione nu-quan, «diritti delle donne». Nel 1903, un opuscolo molto diffuso annunciava: «Il XX secolo sarà l’era della rivoluzione dei diritti delle donne».
Viaggiare I giovani che studiavano all’estero ricevettero una borsa di studio o qualche altro incentivo, come la promessa di un lavoro invidiabile se fossero tornati con un titolo soddisfacente. Al principio, molti si mostrarono riluttanti a partire, soprattutto i figli maschi delle famiglie aristocratiche, per i quali era impensabile una vita senza eserciti di servitori. Chiunque aspirava a diventare funzionario, tuttavia, si sentì dire che era obbligato quanto meno a viaggiare, se non a studiare all’estero,
e nel 1903 la permanenza in un Paese straniero per diversi mesi fu resa obbligatoria per ottenere un incarico.
Morte dei mille tagli Il 24 aprile 1904 fu abolita la «morte dei mille tagli». In un altro decreto, fu proibito l’uso della tortura durante gli interrogatori.
Ministero del Commercio  Nel 1903, per la prima volta nella sua storia, la Cina ebbe il proprio ministero del Commercio.
Banca di Stato Tra le tante innovazioni vi fu l’istituzione della banca di Stato nel 1905, seguita dalla nascita della valuta nazionale di cui lo «yuan» era l’unità di base. Il sistema è tuttora in uso.
Ferrovia La grande arteria che collegava il Nord al Sud, la ferrovia Pechino-Wuhan, fu completata nel 1906.
Prima volta I cinesi che non abitavano nei porti concessi al traffico con l’Occidente dai vecchi trattati vissero la loro «prima volta» in molti ambiti: la prima illuminazione stradale, la prima acqua corrente, il primo telefono, le prime facoltà universitarie di medicina occidentale (a una delle quali Cixi donò diecimila tael), il primo avvenimento sportivo, i primi musei, i primi cinema, il primo zoo e parco pubblico a Pechino (che in passato era appartenuto alla famiglia reale) e la prima fattoria statale sperimentale. Molti lessero giornali e riviste per la prima volta.
In ginocchio Dovendo cadere in ginocchio ogni volta che Cixi si rivolgeva loro, e in qualsiasi luogo si trovassero, fossero sassi o pavimenti di pietra, gli eunuchi si erano cuciti nei calzoni in via permanente le imbottiture per le ginocchia. Infatti, uno dei disturbi di cui normalmente soffrivano era l’artrite alle ginocchia.
Monarchia costituzionale Il primo settembre 1906, con un proclama epocale redatto a suo nome, l’imperatrice vedova Cixi annunciò che era sua intenzione istituire una monarchia costituzionale con un parlamento eletto, che avrebbe sostituito la vigente monarchia assoluta.
La morte di Cixi A 73 anni Cixi – afflitta da febbre e diarrea – avvertì che la morte le stava con il fiato sul collo e inviò il principe Ching nei Mausolei orientali perché controllasse la sua tomba, posta accanto a quella del marito e del figlio. Un segretario del Gran Consiglio vergò le ultime volontà di Cixi secondo i suoi desideri, «con la mano e il cuore tremante, mentre tutto mi sembrava irreale», annotò l’uomo nel suo diario. nel testamento Cixi reiterava la sua determinazione a trasformare la Cina in una monarchia costituzionale di cui, dichiarava il testamento in tono di rammarico, non avrebbe visto l’attuazione. Morì il 15 novembre 1908.
Il funerale di Cixi Da bambina, la filantropa americana Brooke Astor si trovava a Pechino, e guardò la processione dalle mura della città con la sua famiglia: «Sfilò sotto di noi per tutto il giorno passando per la porta. C’erano preti buddhisti e taoisti con la veste bianca e lama buddhisti vestiti di giallo con le fasce rosse. Innumerevoli gruppi di eunuchi vestiti di bianco lanciavano in aria le banconote (che l’imperatrice avrebbe usato durante l’ascesa in cielo)... C’erano ventiquattro cammelli bianchi con le tende di broccato giallo sulla schiena... e un intero gruppo di pony bianchi... c’erano le riproduzioni in cartapesta di tutti i palazzi dell’imperatrice... La processione sfilò accompagnata dalle grida di chi ne piangeva la morte strappandosi i capelli e battendosi il petto al suono dei cembali». Il palanchino monumentale era coperto di broccato giallo ricamato con il motivo della fenice. Al suo passaggio, tutti gli occidentali si alzarono in piedi levandosi il cappello.
Notizie tratte da: Jung Chang, L’imperatrice Cixi. La concubina che accompagnò la Cina nella modernità, Longanesi 2015