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 2015  agosto 11 Martedì calendario

L’economia del maiale cinese. L’aumento della carne suina (+5,4% a luglio) è uno degli indici negativi in arrivo da Pechino, una cattiva notizia che ha provocato un forte rialzo della Borsa di Shanghai (+4,9%). Gli operatori sono convinti che il governo di Pechino interverrà con nuove, energiche misure a sostegno della crescita. Ma sotto la pressione dei problemi cinesi, il petrolio ha toccato un nuovo minimo, ben al di sotto della barriera dei 50 dollari e il rublo arretra del 37% rispetto a maggio, il calo delle materie prime sta mettendo in ginocchio i Paesi emergenti. E ora tutti sperano in un Qe del Dragone. Reazioni a catena

Che cosa c’entra il rialzo del prezzo del maiale a Pechino con il rialzo del costo del denaro in Usa o con i problemi di Putin? La relazione c’è. E ci tocca da vicino, sia per gli effetti su Piazza Affari che sull’economia reale di casa nostra. Vediamo come e perché, attraverso la cronaca di una giornata finanziaria movimentata. E fortunata.
1) L’aumento del prezzo del maiale in Cina (+5,4% a luglio) è solo uno degli indici negativi in arrivo da Pechino. Forse il più delicato dal punto di vista politico, perché dimostra che i generi di prima necessità sono sempre più cari mentre l’economia del Paese perde colpi. Ieri è stato annunciato che a luglio sono calati sia l’export che l’import (-8% abbondanti entrambi), e che l’attivo commerciale si è ridotto a 43 miliardi di dollari (-10 miliardi).
2) Le cattive notizie hanno provocato un forte rialzo della Borsa di Shanghai +4,9%: gli operatori sono convinti che il governo di Pechino interverrà con nuove, energiche misure a sostegno della crescita dell’economia. Il partito può sostenere le conseguenze del calo della Borsa, che ha un peso relativo nella società cinese, ma deve reagire ad una discesa troppo rapida dell’industria che minaccia il tenore di vita. Di qui la previsione di una forte iniezione di liquidità nel sistema.
3) Sotto la pressione dei problemi cinesi, il petrolio ha toccato un nuovo minimo, ben al di sotto della barriera dei 50 dollari, ai livelli del 2009. Soffrono i grandi Paesi produttori, Russia in testa. Il rublo arretra del 37% rispetto a maggio. Quest’anno il prodotto interno lordo potrebbe arretrare del 3,5%.
4) Intanto il Giappone ha messo a segno un surplus della bilancia dei pagamenti per la dodicesima volta consecutiva: oltre alle rimesse degli investimenti esteri il flusso di capitali è alimentato dal boom del turismo. Ma a spingere gli acquisti degli investitori stranieri sui titoli di Stato di Tokyo, che rendono uno striminzito 0,39%, è proprio la combinazione della crisi cinese e del calo delle materie prime, che sta mettendo in ginocchio i Paesi emergenti, in Asia (vedi Malaysia) e America Latina (Brasile, in particolare).
5) Si profila così una situazione favorevole per Usa ed Europa. La prospettiva di un Quantitative Easing cinese su larga scala, combinata con i prezzi leggeri dell’energia mette Washington in una situazione ideale: il greggio debole favorisce i consumi in Occidente, le spese di Pechino (le enormi riserve sono già scese di 300 miliardi) compensano in parte gli effetti di un possibile, modesto rialzo del costo del denaro che la Fed, nonostante la rottura tra la Yellen e Fisher che dichiara di voler aspettare dati migliori sull’inflazione, sembra intenzionata a praticare già a fine settembre. La ragione? È urgente metter le briglie al rialzo dei salari per evitare fiammate inflattive.
6) Di qui una seduta positiva sia a Wall Street che in Europa. Il mercato americano celebra l’ennesimo affare del secolo di Warren Buffett: 37,2 miliardi per acquistare Precision Castparts. Sintomatico il report che JP Morgan ha dedicato ieri alla Borsa italiana. Per quanto le banche, in particolare, la casa d’affari Usa dice: «Le prospettive di crescita deli utili delle banche italiane sono le migliori d’Europa».
7) Il mix tra petrolio a prezzi bassi e spinta degli acquisti e degli investimenti da Pechino permette di sperare in una congiuntura positiva, per giunta favorita dal ribasso dell’euro e dall’andamento dei titoli del debito pubblico. Resta l’incognita di Atene. Oggi si potrebbero concludere i negoziati tra i creditori ed Atene, rendendo credibile l’obiettivo di siglare l’intesa definitiva entro il 20 agosto, data di scadenza di una rata del debito con al Ue. Ma la Germania frena: meglio un prestito-ponte, suggerisce Angela Merkel, per poter poi «trattare con calma». Come non piace a Washington, già scesa in campo per evitare il Grexit, il sassolino che può inceppare il motore del rilancio di Usa ed Europa.