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 2015  agosto 05 Mercoledì calendario

Ilva riaccende l’altoforno 1. La capacità produttiva del siderurgico risalirà al 60 per cento del valore massimo, produrrà circa 5.400 tonnellate di ghisa giornaliere portando quella di acciaio dello stabilimento, comprensiva dei tre altiforni in marcia, a circa 17mila tonnellate-giorno. Oggi, invece, con l’attività degli altiforni 2 e 4, si è su 10-11mila tonnellate

Domani l’Ilva avvierà le manovre di riaccensione dell’altoforno 1 rimasto fermo due anni e mezzo per essere adeguato alle prescrizioni ambientali dell’Aia. Lo ha ufficializzato ieri pomeriggio l’azienda in un vertice in Prefettura con le istituzioni e gli enti di controllo. L’Ilva era rappresentata dal commissario Corrado Carrubba e dal direttore generale Massimo Rosini.
Con la ripartenza dell’altoforno 1, che segue quella dell’acciaieria 1 avvenuta a fine luglio, la capacità produttiva del siderurgico risalirà al 60 per cento del valore massimo. In particolare, l’altoforno 1 produrrà circa 5.400 tonnellate di ghisa giornaliere portando quella di acciaio dello stabilimento, comprensiva dei tre altiforni in marcia, a circa 17mila tonnellate-giorno. Oggi, invece, con l’attività degli altiforni 2 e 4, si è su 10-11mila tonnellate.
Impatto positivo anche sull’occupazione e sul bilancio produttivo annuo. La prima, infatti, conterà sul ritorno al lavoro di circa 400 addetti, il secondo, invece, chiuderà a fine 2015 con 6 milioni di tonnellate. In sostanza ci sarà un recupero sul 2013 (5,7 milioni) e si terranno più o meno le stesse posizioni del 2014 (6,2 milioni), quando però era ancora in attività l’altoforno 5, il più grande dell’Ilva, ora fermo per lavori da metà marzo. Gli interventi fatti all’altoforno sono, fra gli altri, l’ammodernamento della depolverazione del campo di colata, la nuova depolverazione della stockhouse, la chiusura dell’edificio stockhouse 1, la condensazione dei vapori della loppa. Ieri l’Ilva ha spiegato che il riavvio dell’impianto sarà effettuato utilizzando una procedura consolidata a livello internazionale con l’obiettivo di minimizzare gli impatti ambientali e di sicurezza legati alle azioni, inevitabili e transitorie, proprie del riavvio. Tra queste, le emissioni dal tetto dell’impianto che in questa fase l’azienda ritiene «fisiologiche» ma che non sono presenti nella marcia normale.
Su altro fronte, intanto, tiene banco il problema dell’indotto metalmeccanico in crisi per i mancati pagamenti dell’Ilva. Ieri il presidente di Confindustria Taranto, Vincenzo Cesareo, ha inviato una lettera ai commissari dell’azienda, al ministro Federica Guidi e alle istituzioni locali, chiedendo «un incontro urgente». In una riunione, si legge nella lettera, «è stata affrontata la situazione di difficoltà riscontrata dalle imprese dovuta alle lungaggini dei tempi richiesti dalla Magistratura per l’accertamento della massa passiva.
Lo slittamento a novembre dei termini per l’accertamento dello stato passivo e l’inefficacia delle misure previste dalla legge 20/2015, aggravano lo stato di apprensione delle imprese che rappresentano agli avvocati l’urgenza di definire utili iniziative da sottoporre all’attenzione dei commissari e dei legali del siderurgico». «Al fine di dare “ossigeno” all’indotto – scrive Cesareo -, si riconferma la necessità di chiedere al giudice l’adozione di provvedimenti che possano prevedere forme di anticipazione sui crediti pregressi». «La gravità della situazione – aggiunge il presidente di Confindustria Taranto – è appesantita dal timore delle imprese di accumulare nuovi crediti insoluti derivanti dalle nuove commesse affidate dalla gestione commissariale che, dopo un primo periodo di regolarità, stanno registrando una nuova battuta d’arresto». «Da prime valutazioni – rileva Cesareo – è emerso che l’Ilva ha accumulato un nuovo arretrato di diversi milioni di euro». E il segnale d’allarme delle imprese è stato già colto dall’Ilva. A fine settimana è infatti previsto un incontro tra le parti per un punto di situazione.