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 2015  agosto 05 Mercoledì calendario

Se alla fine dei conti l’Expo sarà costata un miliardo e mezzo. Milano 2015 si candida al record di maggiore insuccesso nella storia delle esposizioni universali dell’ultimo mezzo secolo. Rischia di far peggio di Hannover 2000

Manca un miliardo e mezzo. È costata 2,4 miliardi di fondi pubblici, saranno recuperati soltanto 860 milioni. Così Expo Milano 2015 si candida al record di maggiore insuccesso nella storia delle esposizioni universali dell’ultimo mezzo secolo. A metà percorso, a tre mesi dalla fine, le cifre non sono definitive, ma cominciano a essere chiare. Le uscite: per la costruzione del sito sono stati spesi, a fondo perduto, 1 miliardo e 200 milioni, più extra-costi per una cinquantina di milioni; i costi di gestione sono di 960 milioni; per i terreni sono stati spesi 160 milioni. Totale: 2,4 miliardi di euro. Le entrate previste: 200 milioni da biglietti; 380 milioni da sponsor e royalties; 280 milioni ricavati (si spera) dalla rivendita dei terreni. Totale: 860 milioni. Uscite (2,4 miliardi) meno entrate (860 milioni) fanno 1,540 miliardi di euro che mancano all’appello e dovranno essere messi dai contribuenti.
La situazione ricorda quella di Hannover 2000, l’Expo ricordata come il flop del millennio: 18 milioni di visitatori invece dei 40 milioni previsti. Presi dal panico, gli organizzatori misero in campo un’arma non convenzionale, Veronica Feldbusch, il sogno erotico del tedesco medio, reclutata come testimonial in una mega-campagna pubblicitaria. Non bastò e l’esposizione chiuse con 1,2 miliardi di deficit. Da noi si mettono in campo stratagemmi di marketing più austeri: 3,5 milioni di euro stanziati dal ministero dell’Istruzione per convincere le residue scolaresche recalcitranti a recarsi a Rho alla riapertura delle scuole; biglietti gratis ai pensionati in agosto, in piena canicola, a spese dell’Inps; ticket regalati la sera a chi sosta nei costosissimi parcheggi dell’esposizione. Tutto ciò servirà forse a far crescere il numero dei visitatori, ma non a raddrizzare i conti.
Così si pensa già a come arginare il deficit: i tecnici Expo passeranno l’agosto a fare l’inventario di arredi e attrezzature alienabili per cercare di fare un po’ di cassa a fine evento.
Il bilancio di gestione. Cerchiamo dunque di chiarire, innanzitutto, il bilancio di gestione. Costi e ricavi dell’evento si sarebbero dovuti pareggiare, senza pesare sulle casse pubbliche. Nella versione ufficiale, cioè quella del commissario Giuseppe Sala e stampa al seguito, la gestione dell’evento costa 800 milioni. Si sarebbe dovuto raggiungere il pareggio con 24 milioni di biglietti al costo medio di 22 euro l’uno, totale 528 milioni, più 300 milioni da sponsorizzazioni (stand affittati alle aziende) e royalties (diritti sugli incassi di ristoranti e merchandising). Ma gli ingressi non vanno come previsto. Le stime sono state dunque riviste dalla stessa Expo, che ora parla di 20 milioni d’ingressi al prezzo medio di 19 euro, totale 380 milioni. Più 380 milioni di sponsorizzazioni (aumentate chissà come).
Farebbero 760 milioni: ma è pura fantasia. Secondo gli ingressi reali pubblicati dal Fatto Quotidiano (5,4 nei primi tre mesi) è realistico ipotizzare 11 milioni di biglietti venduti nei sei mesi, con un ricavo (se il prezzo medio dichiarato da Expo è vero) di poco più di 200 milioni. Aggiunti ai 380 milioni di sponsor e royalties (se i dati sono veri) fanno 580 milioni. Le spese di gestione sono molto più alte: non 800 milioni, come dichiarato da Expo, ma 960 milioni. Una parte, infatti, non figura come spese di gestione perché, finanziata con fondi statali, è stata contabilizzata come investimenti in infrastrutture, vale a dire in conto capitale – circostanza che ha fatto alzare il sopracciglio ai magistrati contabili. Nei conti, insomma (960 milioni di uscite, 580 di entrate), mancano 380 milioni. Si finisce in rosso anche a credere alle stime di Expo. Se davvero venderanno 20 milioni di biglietti al prezzo medio di 19 euro, incasseranno 380 milioni che sommati ai 380 milioni di sponsor e royalties fanno 760 milioni: comunque 200 in meno delle uscite.
L’affare dei terreni. C’è poi il “peccato originale” di Expo, il primo della storia realizzato su terreni privati: valevano 20 milioni, ma Arexpo, la società controllata da Regione e Comune, dai privati le ha comprate a 160 milioni, indebitandosi con una cordata di istituti di credito capeggiata da Banca Intesa. Puntava a rivenderli, infrastrutturati, a 340 milioni. L’asta del novembre 2014 è però andata deserta e ora si sta cercando disperatamente una soluzione per il futuro dell’area. Alle vendite immobiliari, quando non si presenta nessuno, si riprova abbassando il prezzo: per i terreni di Expo si parla già di un ribasso di 60 milioni, che portano il prezzo di base a 280 milioni.
A Milano ci sono 500 mila metri quadrati di immobili invenduti nel solo terziario, non era dunque difficile prevedere l’esito della vicenda. La cosa non è sfuggita alla Corte dei conti, che nella relazione su Expo del dicembre 2014 scrive: “Le dimensioni e i rischi commerciali del progetto sembrano scoraggiare il mercato, che già di per sé soffre una difficile crisi nelle operazioni di sviluppo, come quella che Arexpo si appresta a concludere”.
A fondo perduto. Si è parlato poco, finora, dell’investimento per la realizzazione del sito di Rho. Sono 1,214 miliardi: 737 milioni pagati dallo Stato, 477 dagli enti locali (Regione Lombardia, Provincia e Comune di Milano, Camera di commercio). La cifra non tiene conto degli extra-costi: varianti, riserve e penali chieste dalle imprese. Le ultime stime li davano a 180 milioni.
È materia di contenzioso, roba da avvocati. Al Padiglione Italia, che ha una contabilità separata, sono già stati riconosciuti 29 milioni di extra-costi, che sommati ai 63 messi a budget portano il conto a 92. Ma va detto che quell’accordo è stato fatto a un mese dall’inaugurazione, con Expo che trattava con l’incubo dell’opera incompiuta.
Per le altre richieste, secondo Sala, Expo se la caverà con una ventina di milioni. Si vedrà, ma finora non c’è stata alcuna previsione di Expo che si sia realizzata. Naturalmente, la mega-spesa per le infrastrutture non è compensata da ricavi diretti, è giustificata dall’effetto di stimolo all’economia, anche in virtù dell’investimento dei Paesi esteri nel sito, quasi 800 milioni, buona parte dei quali finiti a imprese italiane. Solo che anche le stime di crescita economica indotta dall’evento, fatte da un pool di professori della Bocconi finanziato da Expo, sono state clamorosamente smentite. Non solo l’economia lombarda e nazionale sono restate ferme, ma la disoccupazione, certifica l’Istat, è addirittura aumentata. Quello di Expo, dunque, è stato un esborso di soldi pubblici che si può propriamente definire “a fondo perduto”.