Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  agosto 05 Mercoledì calendario

Peter Pan, il Cocoricò delocalizzato. I 2500 ragazzi dello sballo si sono spostati 500 metri più in là. Tra Mdma, pasticche e canne (che poi sarebbero il meno) è tutto come sempre. Solo che l’altra sera c’era pure Valentino

Nel privé del Peter Pan, l’araba fenice del Cocoricò, Valentino Rossi versa vodka e lemonsoda e batte il cinque all’amico di Cattolica, anche lui coi bragoni corti da rapper e il cappellino con visiera camouflage. Tra dieci minuti sono le 4. «Visto?, c’è anche Vale...». Il pr di vedetta in balconata si sfrega le mani. Per nulla infrequente la presenza del “Dottore” con fidanzata e amici al seguito: e dunque va da sé, in questa prima notte di Cocoricò delocalizzato una mandria parzialmente dopata di 2.500 ragazzi trasferiti ad appena 500 metri dalla “Piramide”, surreale no?-, viene subito rivenduta dallo staff della discoteca “maledetta” come una patente di liceità post-censura.
Valentino, cosa pensa della sanzione? Sorriso. «Non dico niente!». Ma negli uffici della Mani avanti srl coltivano la speranza di un tweet di solidarietà, dato per imminente, o forse no, da parte del campione delle due ruote (habitué da anni del locale più trasgressivo d’Italia). E Antonio da Miano, periferia nord di Napoli, faccia segnata da chissà quali anestetici nella terza e ultima notte di vacanza in riviera: lui come la vede? «È una stronzata proprio – schiude lentamente le mandibole – perché non chiudono le loro...», segue particolare anatomico dell’apparato riproduttivo maschile. Pompano a manetta i bassi della house. È il mantra elettronico del popolo sfrattato dal “Cocco”. Nella serata “Magic Monday”, un classico della partnership con il Peter Pan che adesso funziona da ancora di salvataggio per la “Piramide”, la pista si gonfia di braccia sollevate che roteano nell’aria tagliata dalle scenografiche sfiammate di fumo bianco. E Tini, dj tedesca con t-shirt nera e scritta “numero 00”, come la farina, onora i 4 mila euro di onorario con due ore e mezza di set. Sembra un funerale americano: anziché piangere si fa festa, e così si muore ma solo un po’. A quanti di questi ragazzi dai 16 ai 25 anni ha fatto un effetto deterrente il decesso in pista di Lamberto Lucaccioni? «Cocco-fresco-Coccoooo». «Cocco tutta la vita». «Ecstasy la-la-la-la-la ecstasy...». Si sentono frasi e coretti così, ritmati tipo curva da stadio, e molto altro se ti immergi in mezzo alla folla ammassata in pista. Ma devi avere la cura di tenere a distanza il moralismo spiccio e l’ipocrisia all’italiana, di lasciarti intrappolare dalla morsa dei corpi che, dall’1 alle 5 del mattino, premono sotto il palco-consolle: un mezzanino sospeso tra la pista da ballo completamente gremita e il privé. E quelli che ondeggiano sulle scale e sulle terrazze bianche stile Ibiza, e addosso ai banconi dei bar dove il mischione più consumato è il solito distillato superalcolico russo-polacco unito alla bevanda energizzante molto usata dalla gente della notte e dai camionisti. «Non ci fermano, non ci fermeranno. A noi ci vedi qui stasera e ci rivedrai domani alla serata Villa Titilla (alla Villa delle Rose, altro locale storico, altro combinato disposto col “Cocco” il cui privé porta infatti il nome “Titilla”, ndr)». Jennifer è arrampicata su tacchi innaturali per la sua età ed è pallida nonostante il trucco. Niente braccialetto verde al polso. Sarebbe il lasciapassare alcolico concesso ai maggiorenni dopo il filtraggio della sicurezza all’ingresso. «Ma poi tanto ti prendono da bere gli amici». Ha fatto 40 minuti di coda assieme ad altri otto ragazzi, Jennifer, tutti romani. Adesso rimpicciolisce la sua notte e il finale sarà là fuori, distesa nel prato del parcheggio, assieme ad altri, perché non ha retto l’urto e in due la prendono sotto braccio e la caricano su un’utilitaria.
Tutto cambia e niente cambia sulla collina di Riccione, anzi di Misano: perché bastano questi 500 metri di distanza dalla “Piramide” e sei già in un altro Comune. «Siamo, territorialmente, l’unica discoteca di Riccione, un’azienda che sposta ogni estate decine di migliaia di ragazzi da ogni parte d’Italia e d’Europa vendendo pacchetti che includono hotel, pullman, parchi acquatici... Il problema droga non lo risolvi chiudendo un locale, se ne accorgeranno da soli». Mauro Bianchi, milanese trapiantato in Abruzzo, è art director del “Cocco” da cinque anni. Posa uno sguardo clinico sul muro umano under 30 mentre si erge là sotto e secerne adrenalina col passare delle ore. «Se ai ragazzi metti un divieto così, vanno in fissa ancora peggio. A parte i danni all’azienda io dico: devi fare informazione, promuovere una vera cultura antidroga. Li devi prendere dai fianchi i ragazzi, non frontalmente». Visti dalla prospettiva più diretta, e cioè in faccia mentre ballano e sballano, perché sballano anche stanotte, e lo sanno e lo vedono tutti, non è che rilascino sensazioni rassicuranti. E peró il locale che c’entra? «Allo stadio si spaccia, si pippa, si fuma. Per caso hanno mai chiuso uno stadio per questo?».
Vengono da Rimini Marco e Michele, 50 anni in due. Pit stop in bagno e poi di nuovo in mezzo. Uno indossa occhiali da sole e una maglietta col disegno di un motorino ormai oggetto di modernariato. «Quel tipo avrà esagerato, noi l’ Mdma lo facciamo una sola volta a settimana. Primo perché costa, secondo perché le cose le devi fare con la testa». Già. L’esposizione del ragionamento è fiaccata da un appannamento evidente. Girando vedi di molto meglio e di molto peggio. E fiuti odori inconfondibili. In mezzo alla folla, sia intorno alla pista che nel privé, si rollano sigarette farcite: le canne sarebbe il meno, volendo vedere. Ma il punto è la totale “destrutturazione” del popolo dei club, qui e altrove vi siano due o tremila persone accorse per celebrare il rito pagano del ballo che sballa. Quelle “mentine” che passano da pugno a pugno e scendono giù martellando il cervello come hanno fatto con Lamberto, l’ultimo rimasto sotto. Però il locale, in effetti, che c’entra? Arrivi all’ingresso a mezzanotte e mezza. Rimani colpito dallo zelo e dal rigore dei controlli: documenti in vista, tre filtri e tre code all’entrata. Prevendita, liste, tavoli. Ordine, clima tranquillo. Quelli già un po’ su di giri li vedi subito. Distinguibili perché sono poca roba. Possibile che poi una volta dentro la pelle del camaleonte muti così? «Vai a vedere là a sinistra». La dritta arriva da un ragazzo decisamente sobrio, è venuto ad accompagnare la sorella che ha compiuto i 18 sabato scorso. Eccoci. Tavolo accanto alla consolle: non proprio uno dei posti più defilati. La compagnia ordina champagne e molto altro al tavolo, usa così in ogni privé. Il gruppo si allarga, non ci sono pusher da daspare perché, a occhio, qui sono già tutti ben forniti. «Salvatore, le cartine...», ordina uno. Sono lì, a due metri da dj Tini, in mezzo c’è solo uno dei cassoni che sparano la musica elettronica più spinta della Romagna. S’accendono canne, è il primo passo: poi escono le pasticche. Non si fanno problemi a passarsele e a buttarle giù. Insieme ai liquidi. Così fino alle cinque. Fino a quando uno, il più grosso e anche il più truce di tutti, detta la linea per l’after hour, il dopo serata. Spingere la notte oltre l’alba. «Guagliò, stasera facciamo l’inferno». È la rivincita ferrosa della house sull’ovattato silenzio di morte. È il “Cocco” che riemerge come un fiume carsico e, suo malgrado, paga dazio per colpa del camaleonte.