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 2015  agosto 05 Mercoledì calendario

Tutti contro Trump, è l’uomo da battere tra i Repubblicani. Nonostante le dichiarazioni offensive e le gaffes, il miliardario americano gode del 26% dei consensi. L’ex governatore della Florida Jeb Bush e il governatore del Wisconsin Scott Walker, stanno rispettivamente al 12 e 11 per cento. Il resto del gruppo a malapena supera il 5%. Domani sera il confronto Tv

Di colpo, la campagna elettorale per le presidenziali 2016 è su tutte le prime pagine. Questa è una settimana rovente, segnata da due importanti appuntamenti fra i repubblicani mentre sullo sfondo si registra il continuo crescendo della popolarità di Donald Trump. Mai come in questa tornata ci sono stati tanti candidati per un partito: davanti ai cinque democratici, la cui pattuglia è ancora guidata da Hillary Clinton, ci sono ben 17 candidati del Grand Old Party. E fra di essi spicca il fenomeno dell’imprenditore e uomo di spettacolo newyorchese. Da quando è sceso in campo, Trump ha inanellato una serie di dichiarazioni offensive, e tuttavia l’ultimo sondaggio ieri lo dava in netto vantaggio, con il 26 per cento delle preferenze. Distanziati l’ex governatore della Florida Jeb Bush e il governatore del Wisconsin Scott Walker, rispettivamente al 12 e 11 per cento. Il resto del gruppo a mala pena superava il 5 per cento. Un fatto inatteso, con nomi che nei mesi scorsi dominavano i titoli, come Marco Rubio della Florida o Rand Paul del Kentucky, precipitati al settimo e ottavo posto.
I SONDAGGI
Come ci si qualifica nei sondaggi è importantissimo perché il primo dibattito – fissato per domani sera – sarà aperto a soli dieci candidati, i primi dieci “in classifica”. Il dibattito è gestito dalla Fox, e ovviamente i probabili esclusi hanno attaccato duramente la scelta. In compenso tutti e 17 sono stati invitati a un incontro amichevole con il pubblico, lunedì sera nel New Hampshire, e hanno potuto rispondere alle domande di un giornalista che non nascondeva le sue simpatie repubblicane. Non tutti sono andati: proprio Trump è stato uno dei tre che si è defilato. Ma gli altri 14 non hanno avuto difficoltà, anche se l’obbligatoria brevità delle risposte ha impedito loro di soddisfare davvero la curiosità del pubblico. Ad esempio, Jeb Bush non ha potuto illustrare in cosa consistano le sue “differenze” con il fratello e il padre, mentre Lindsey Graham, senatore della Carolina del sud, non ha potuto spiegare perché le relazioni extraconiugali di Bill Clinton dovrebbero farci provare “diffidenza” verso Hillary Clinton. Ma per lo meno l’incontro del New Hampshire ha ottenuto quel che il partito voleva: che nessuno si accapigliasse, come avvenne nelle primarie del 2012. L’incontro è stato noioso ma civile.
Invece molti si aspettano (e qualcuno spera) che il dibattito organizzato dalla Fox domani sera a Cleveland sia ben più infuocato. Anche se sul palco saranno “solo” dieci, ci sarà anche Trump, e se gli ultimi due mesi devono servire da esempio, è probabile che il costruttore di grattacieli parta all’attacco senza remore. Nelle settimane scorse è riuscito a mettere in dubbio l’eroismo di guerra del senatore John McCain, un uomo che è stato prigioniero e torturato dai VietCong, ha rivelato il numero di telefono di un rivale, ha offeso le donne che allattano, e sostenuto che gli immigrati sono delinquenti che stuprano e rubano. E questo è solo un piccolo esempio.
L’analista David Brooks scriveva ieri che Trump ha coagulato intorno a sé il sostegno degli elettori che si sentono «alienati, frustrati e arrabbiati». E proprio per questo domani sera Donald si dovrebbe invece comportare bene, perché se è vero che gridando ottiene di andare in cima alla truppa, non gli basterà per conquistare la maggioranza degli americani, tradizionalmente centristi.