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 2015  agosto 05 Mercoledì calendario

Sesso, soldi e figli nel tempio del Kung-fu. L’abate Shi Yongxin, cinquantenne pasciuto, è accusato di aver intrecciato relazioni con più donne, di aver avuto sette bambini di cui uno con una monaca e di aver sottratto ingenti somme di denaro dalla casse che lui stesso aveva contribuito a riempiere trasformando l’antica arte guerriera in un business capace di attrarre investimenti e seguaci anche oltre le frontiere del Celeste Impero

Lo scandalo è esploso con lentezza. Nessun turbinio di lance, o colpi impossibili vibrati a mezz’aria, come a sconfiggere la legge della gravità. L’abate del monastero di Shaolin, dal volto rubicondo e ben pasciuto, ha cercato a lungo di dribblare le voci che su Internet lo accusavano di aver intrecciato relazioni con più di una donna, addirittura di aver avuto fino a sette bambini – uno con una monaca – tutti illegittimi, nella Patria del figlio unico e, infine, di aver sottratto fondi ingenti dalla casse che lui doveva proteggere (e che aveva contribuito a riempire).
Shi Yongxin, 50 anni, alla fine ha dovuto utilizzare uno dei trucchi più in voga tra i monaci acrobati del tempio che ha sede tra le montagne dello Henan, nella Cina centrale, ed è diventato celebre anche per film come Shaolin Soccer : sparire dalle scene. L’Ufficio locale per gli affari religiosi, su istruzione di Pechino, ha aperto un’inchiesta ufficiale: «Prendiamo questo compito con estrema serietà e chiariremo rapidamente la vicenda in modo da assicurarne una corretta comprensione». Al microscopio andranno le accuse di un altro monaco, che sui social network si fa chiamare Shi Zhengyi (in cinese significa «colui che fa giustizia») e, forse, potrebbe essere uno pseudonimo dietro al quale si nascondono più discepoli del monastero. A complicare lo scenario, un comunicato del tempio minaccia «denunce» contro chiunque propaghi «accuse infondate».
Shi Yongxin, entrato nella scuola dei monaci combattenti a 17 anni, è, comunque lo si giudichi, un personaggio singolare: titolare di un master in amministrazione aziendale, dal 1987, quando è subentrato al vertice del meraviglioso centro di studi buddhisti, ha impresso a tutta la struttura un impulso unico. Sfruttando in maniera moderna l’antica arte guerriera dei monaci (inventori del kung-fu), ha trasformato il nome Shaolin in un marchio capace di attrarre investimenti e seguaci anche oltre le frontiere del Celeste Impero. Nei giorni scorsi si era addirittura recato in Australia per discutere l’acquisto (per 3,5 milioni di euro) di un terreno dove avrebbe in progetto di costruire un resort da 350 milioni con annesso parco a tema (kung-fu, naturalmente), hotel e campo da golf. Il tutto mentre le polemiche online intorno alla sua vita privata hanno cominciato ad attirare l’attenzione di Pechino.
Secondo le voci Shi Yongxin è un «malversatore e un donnaiolo» che, «assumendo diverse identità» e attraverso un sistema di false fatture, avrebbe imbrogliato le autorità cinesi, i monaci del tempio, e tutti i fedeli buddhisti della Cina. Vero o falso? Stavolta l’abilità circense dell’abate potrebbe non bastare.