Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  agosto 04 Martedì calendario

Il corpo di Padre Pio sarà esposto nella basilica di San Pietro durante il prossimo Giubileo della misericordia. Ecco perché Papa Francesco si affida al corpo del frate da Pietrelcina per lanciare il messaggio del perdono universale

In vita venne osteggiato dalle gerarchie vaticane che dubitavano di lui, della folla di fedeli che – dicevano – raggiungendo in massa San Giovanni Rotondo altro non faceva che rimpinguare le tasche dei suoi confratelli. Padre Pio da Pietrelcina, san Pio dopo la canonizzazione del 2002 presieduta da Giovanni Paolo II, venne addirittura accusato di rapporti non chiari con le sue donne predilette: «È passato insensibilmente da manifestazioni minori di affettuosità ad atti sempre più gravi, fino all’atto carnale», scrisse in una relazione al Sant’Uffizio il domenicano Paul-Pierre Philippe che il 22 febbraio 1961 interrogò il frate cappuccino a nome di Papa Giovanni XXIII. E ancora: Egli è «un falso mistico» e «un disgraziato sacerdote che approfitta della sua reputazione di santo per ingannare le vittime». Il suo caso costituisce «la più colossale truffa che si possa trovare nella storia della Chiesa». Accuse pesanti, queste come tante altre, poi rivelatesi del tutto false. Tanto che ancora oggi il Vaticano, e più precisamente il Papa venuto da un Paese «quasi ai confini del mondo», e che da certo devozionismo sembra essere lontano, è Padre Pio che decide di mettere al centro della scena. Il suo corpo, infatti, verrà trasportato direttamente nella basilica vaticana durante il prossimo Giubileo della misericordia.
La contraddizione, tuttavia, è soltanto apparente: Francesco, infatti, è anche il Papa della pietà popolare. Già a Buenos Aires, da cardinale arcivescovo, seguiva il popolo nelle sue devozioni senza mai osteggiarle. Il pastore che voleva e vuole avere l’odore del gregge lasciava che il gregge lo guidasse alla scoperta di santi popolari magari soltanto in un quartiere della città, in una parrocchia, in un piccolo gruppo di fedeli. Insomma, Bergoglio dimostra di sapere come per tanti fedeli Padre Pio sia il santo della misericordia. Da lui andavano a confessarsi, convinti di trovarvi qualcosa di divino che non vedevano altrove. Così ancora oggi: ogni anno sono sei milioni i pellegrini che si recano a San Giovanni Rotondo, una delle mete di pellegrinaggio più visitate d’Italia e d’Europa. Vi giungono in aereo, in treno, in automobile e autobus, chi per chiedere una grazia o una guarigione, e chi semplicemente per pregare. Trecentomila erano, invece, i fedeli giunti a Roma nel 2002, una delle canonizzazioni che in Vaticano ricordano più seguite di sempre.
È entrando nella basilica inferiore di San Giovanni Rotondo che si comprende in profondità la decisione di Papa Francesco di portare a Roma il corpo di Padre Pio. Nel mezzo dello spazio sacro, infatti, all’interno della colonna portante da cui partono le arcate che sorreggono la basilica superiore progettata da Renzo Piano, c’è una piccola fessura che separa i fedeli dall’urna contenente il corpo del santo. Un pertugio che, per volere dell’artista gesuita padre Marco Rupnik, direttore dell’Atelier dell’arte spirituale del Centro Aletti che nella basilica inferiore ha realizzato 54 mosaici, richiama per forma la ferita del costato di Cristo così come viene rappresentata nella scena dell’apparizione di Gesù risorto agli apostoli. Attraverso questa ferita, i fedeli possono vedere e toccare il sarcofago di Padre Pio e da lui, come accadeva quando era in vita, ricevere grazie, aiuto, consolazione. È semplicemente questa stessa consolazione che Francesco desidera che chiunque possa ricevere durante il Giubileo della misericordia. Per sua disposizione, infatti, il corpo del frate cappuccino verrà per la prima volta dalla canonizzazione portato via da San Giovanni Rotondo ed esposto nella basilica vaticana dall’8 al 14 febbraio prossimi. Sarà esposto il giorno del mercoledì delle ceneri in quanto, come ha ricordato monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, in una lettera inviata all’arcivescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, monsignor Michele Castoro, è il giorno in cui il Papa «invierà in tutto il mondo i missionari della misericordia, conferendo loro speciale mandato di predicare e confessare perché siano segno vivo di come il Padre accoglie quanti sono in cerca del suo perdono».
Al di là dei dettagli organizzativi, che ancora non si conoscono, relativi al trasporto del corpo – verrà portato a Roma con «idoneo automezzo», ha dichiarato il portavoce dei frati cappuccini, Stefano Campanella -, ciò che conta è la sostanza. Con Francesco nulla accade a caso. Ogni gesto che egli compie ha un significato. Così, far pervenire a Roma il corpo del frate cappuccino significa ricordare a tutti che, più d’ogni altra cosa, è la misericordia di Dio l’architrave che sorregge la Chiesa.
Della devozione di Jorge Mario Bergoglio per Padre Pio non si sa molto. «Padre Pio, adesso siamo più vicini, io benedico te ma tu proteggi me...», disse Francesco l’anno scorso ricevendo una statua in legno del santo portatagli in Vaticano dai frati cappuccini. Di certo si sa che il messaggio che il Papa vuole dare portando il corpo del santo a Roma è diretto a tutte le diocesi del mondo. In quest’ottica sono pensati anche tutti gli altri eventi del Giubielo. Fra quelli più significativi, un giorno dedicato ai carcerati. Insieme altri due eventi importanti come le 24 ore per il Signore (4 marzo) e la Veglia “Asciugare le lacrime” (5 maggio), una veglia «per tutti quelli che hanno bisogno di consolazione». Un tempo della misericordia è ciò che il Papa desidera la Chiesa viva di qui in avanti. In sintonia con lui, anche la “vecchia” Curia romana che la settimana scorsa ha parlato per voce del cardinale Georges Cottier, domenicano, teologo pontificio emerito. In un’intervista alla Civiltà Cattolica ha detto: «Nel rigorismo è insita una brutalità che è contraria alla delicatezza con cui Dio guida ogni persona».