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 2015  agosto 03 Lunedì calendario

Dai prestiti per liberare i pagamenti arretrati rischi miliardari nelle Regioni, In Piemonte bocciatura costituzionale da 2,55 miliardi. Incognite anche in Lazio

Il decreto enti locali che sta per essere approvato in via definitiva dalla Camera dopo la fiducia ottenuta al Senato la scorsa settimana mette sul piatto altri tre miliardi per liberare i pagamenti arretrati di Regioni ed enti locali. Si tratta dell’ultima (finora) puntata di una fortunata serie, che finora ha messo in circolo circa 25 miliardi di euro sotto forma di “spazi finanziari”, cioè di somme liberate dal Patto di stabilità degli enti locali, e soprattutto di prestiti da parte dell’Economia per le Regioni (e dalla Cdp per gli enti locali). La serie è fortunata soprattutto per le imprese, che si sono viste finalmente liquidare fatture diventate ormai “storiche” da parte della Pubblica amministrazione, ma sta cominciando a mostrare qualche crepa. Pericolosa per i conti pubblici.
L’allarme ha cominciato a risuonare dieci giorni fa, quando la Corte costituzionale (con la sentenza 181/2015, descritta sul Sole 24 Ore del 24 luglio) ha dichiarato illegittimo un gruppo di misure scritte nel bilancio 2013 della Regione Piemonte. La ragione è tecnica, ma il principio è semplice e le conseguenze pesanti. Torino aveva ottenuto un’anticipazione di liquidità per 2,55 miliardi di euro, ma l’aveva utilizzata in parte per ripianare il disavanzo con cui si era chiuso il 2012 (riducendolo da 1,15 miliardi a 364 milioni), e in parte per abbellire il risultato del 2013. La mossa è apparentemente astuta ma palesemente illegittima: i vecchi debiti, cioè quelli per i quali è stato attivato il prestito, devono essere già iscritti a bilancio come residui, quindi il prestito non può cambiare i saldi dei conti perché così facendo finisce anche per finanziare nuova spesa corrente. In questo modo, si viola anche la regola aurea scritta in Costituzione (articolo 119, comma 6), in virtù della quale non è possibile indebitarsi per pagare la spesa corrente.
La falla da 2,55 miliardi che si è aperta in Piemonte, per intenderci, vale 200 milioni in più dei tagli alla sanità previsti per tutte le Regioni, su cui da settimane si è scatenato il dibattito. A Torino, per di più, nel 2014 è arrivato un altro assegno da 779 milioni, sul cui utilizzo la Consulta non si è espressa solo perché nel frattempo il Governo ha rinunciato al contenzioso. Ora comunque, il commissario straordinario (cioè lo stesso presidente della Regione Sergio Chiamparino, che ha ereditato larga parte del problema dalla precedente giunta a trazione leghista) dovrà capire quanti di quei soldi sono ancora recuperabili, per reindirizzarli al pagamento delle vecchie fatture, e soprattutto non potrà utilizzare le nuove somme in arrivo per ritoccare il bilancio.
Ma il problema è solo piemontese? L’interrogativo cruciale è questo, se si dà uno sguardo alla geografia delle anticipazioni arrivate alle Regioni: in gioco ci sono oltre 20 miliardi di euro, cioè una manovra finanziaria di quelle pesanti.
A primeggiare nella classifica dei beneficiari è la Regione Lazio, che da sola ha ricevuto quasi nove dei 20 miliardi arrivati alle Regioni, cioè il 43% delle risorse distribuite finora ai governatori. E nemmeno a Roma, a quanto pare, va tutto bene. Il problema di Roma è diverso da quello piemontese, e si capisce leggendo la relazione della Corte dei conti regionali sulla parifica dei bilanci 2013. La Regione avrebbe dovuto fissare a 8,8 miliardi il livello massimo di ricorso al mercato finanziario per coprire il maxi-disavanzo 2012 (superiore a 6 miliardi) e gli investimenti dell’anno dopo, ma ha abbassato questa somma utilizzando oltre due miliardi di euro delle anticipazioni generate dallo sblocca-debiti. L’anticipazione però non è un mutuo, perché può essere utilizzata solo per ripagare i vecchi debiti e non può finanziare nuova spesa, quindi la gestione laziale, scrive la Corte nel suo consueto linguaggio sorvegliato, «non appare pienamente conforme» alle regole contrattuali: solo dalla terza rata in poi il Lazio sarebbe rientrato nei ranghi.
La sentenza della Corte costituzionale, però, lancia un sasso pesante nello stagno dei bilanci regionali, e sta agitando gli uffici ragioneria di parecchie regioni, a partire da quelle più esposte. Senza contare che i soldi ricevuti, essendo un’anticipazione, vanno restituiti, con un programma a rate che si chiuderà in 30 anni. Per pagare le rate bisogna trovare le coperture, e sul punto per esempio la Regione Lazio aveva messo in campo gli aumenti fiscali, criticati dalla Corte che consiglia invece tagli di spesa.