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 2015  luglio 31 Venerdì calendario

Il caso del rapper vietnamita Nguyen Vu Son. Ha prodotto un brano che è diventato virale, soprattutto tra i suoi connazionali, e che si intitola Fuck Communism. Il guaio è che in Vietnam è al potere un regime comunista soffocante, peggiore anche di quello cinese, e pure più corrotto. Il ragazzo rischia grosso

La statura di un’attivista dipende dalla grandezza (e dalla ferocia) del potere a cui si oppone. Per esempio, a fare battute su Maometto in Europa, si rischia di finire crivellati di colpi. A pubblicare vignette contro il Papa, al massimo si sfiora il ridicolo. Per lo stesso motivo, sono grottesche le intemerate «politiche» dei rapper di casa nostra, i quali da qualche tempo hanno scoperto che berciare cretinate contro Matteo Salvini porta pubblicità, e dunque fanno a gara a chi la spara più grossa (e più banale). Tra l’altro, il pubblico bove dei concerti spesso e volentieri batte le mani a mo’ di foca da circo, e si compiace di essere «fuori dagli schemi» perché si adegua allo stereotipo secondo cui un esponente della Lega deve per forza essere razzista. Succede quindi che personaggi come Fedez o J-Ax diventino maestri del pensiero per grillini dalle sinapsi bruciate.
Tutto ciò suona ancor più sconfortante dopo aver visto che cosa affrontano altri rapper in giro per il mondo. Per esempio il ventiquattrenne vietnamita Nguyen Vu Son. Attualmente questo ragazzo è di stanza negli Stati Uniti, alla Oklahoma State University, dove studia gestione d’impresa. Ma non è la sua unica attività. Nguyen con lo pseudonimoNah-èancheunrapper, e da poco è uscito il suo album di inediti. Soprattutto, però, Nah ha prodotto un brano che è diventato virale, soprattutto tra i suoi connazionali. In poco tempo, la sua canzone ha raggiunto un milione di visualizzazioni su Youtube, ed è una cifra incredibile se si considera che il testo è in vietnamita (cosa che riduce abbastanza il bacino di utenza) e soprattutto che in Vietnam ci sono meno di quaranta milioni di utenti web. In pratica, il nostro ha sfornato un singolo da hit parade. Con un piccolo problema. Il titolo del pezzo, in inglese, è Fuck Communism. La traduzione italiana potrebbe essere «affanculo il comunismo», ma l’originale vietnamita, a quanto pare, è ancora più pesante. «Provate a pensare alla peggiore maledizione che possiate mai pronunciare», ha detto Trinh Nguyen, attivista responsabile dell’associazione Viet Tan, che si occupa del sostegno ai vietnamiti in America.
Dunque il brano di Nah è una violenta maledizione del comunismo. E in effetti, leggendo il testo tradotto, si trovano versi di puro odio contro le autorità, la polizia politica, i burocrati: «Tutti i malversatori moriranno senza sepoltura»; «Non accetterò mai di essere uno schiavo, si fotta il comunismo». Un attacco frontale al sistema comunista, col tono più spietato possibile. Il guaio è proprio questo: il Vietnam è al potere un regime comunista soffocante, peggiore anche di quello cinese, e pure più corrotto. Il ragazzo rischia grosso. Il suo visto americano per motivi di studio scade l’estate prossima, e a quel punto Nah dovrà ritornare in patria, dove la galera più che un rischio è una certezza. Già stando all’estero potrebbe essere condannato a vent’anni di carcere per «propaganda contro lo Stato». Nel frattempo, la sua famiglia è già stata presa di mira dalla polizia comunista. «Nel giro di sei mesi, a mio padre sono venuti tutti i capelli bianchi», ha raccontato il rapper. Per evitare conseguenze più gravi, i famigliari del ragazzo hanno dovuto disconoscerlo, rinnegarlo come figlio. Lui, invece, non intende rinnegare nulla. «Sapevo che sarebbe stato rischioso», ha detto. «E ho pensato alle conseguenze. Andare in prigione. Avere la mia famiglia perseguitata per crimini che non ha commesso. Potrebbero anche rapirmi o farmi restare vittima di un incidente». Se ci sarà da finire in prigione, ci finirà, perché è convinto che così potrà «mostrare alle nuove generazioni che non devono avere paura». L’obiettivo di Nah è proprio quello di spingere i suoi coetanei alla mobilitazione contro il regime, sfruttando la musica ma anche il passaparola sul web (molto utilizzato oggi per cause per lo meno discutibili). La sua tesi è che i giovani vietnamiti siano «zombie manipolati dallo Stato».
«Ho realizzato che il governo comunista del Vietnam è alla radice di tutti i problemi», ha spiegato il rapper in un’intervista. «Fanno il lavaggio del cervello alla gente, creano povertà e corruzione, tolgono la libertà politica e i diritti umani, puniscono gli attivisti così che i leader comunisti possano mantenere il potere e vivere come re o aristocratici». Poiché non hanno futuro né alternative, i giovani vietnamiti si limitano a ubriacarsi, a drogarsi o a consolarsi con i pochi beni materiali disponibili.
Il simbolo di questa generazione a cui «è stato fatto il lavaggio del cervello» è un logo a forma di teschio a cui manca la calotta cranica. Gli attivisti lo diffondono sul web, ma lo indossano anche sottoforma di spillette e t-shirt. La loro protesta si è spostata sulle strade. L’11 luglio un gruppo di «zombie» ha manifestato a Ho Chi Minh City. La polizia li ha dispersi, sequestrando le loro magliette e i loro simboli.
Uno degli organizzatori della manifestazione era un rapper, un amico e collaboratore di Nah di nome Phi. Lo hanno incarcerato, e deve ancora uscire di galera. Ma a quanto pare gli zombie vietnamiti non hanno paura: chi si considera un morto vivente, non teme per la sua vita.