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 2015  luglio 31 Venerdì calendario

Per la prima volta nella storia dell’Ue la Germania sembra voler andare avanti senza curarsi del consenso degli altri partner. Del progetto di Wolfgang Schäuble di assegnare la vigilanza sui bilanci dei governi a un organo «indipendente», togliendola alla Commissione europea, colpisce la motivazione: il presidente dell’esecutivo comunitario Jean-Claude Juncker era il candidato del Partito popolare alle Europee, dunque ha una legittimità politica e non può svolgere un compito tecnico come il controllo delle regole su deficit o debito

Da Berlino ad Atene, passando per Roma o Parigi, si fatica a trovare qualcuno disposto a credere che l’uscita della Grecia dall’euro sia davvero scongiurata per sempre. Nuove settimane terribili torneranno. Se non subito, quando ci si renderà conto che l’economia ellenica è di nuovo in disgregazione o quando gli ostacoli politici si ripresenteranno nel Parlamento e nelle piazze di Atene o dei Paesi creditori. I dubbi che il Fmi sta esplicitando sono solo ciò che tutti gli altri pensano ma non dicono.
C’è un punto però sul quale questa saga greca inizia a fornire qualche responso. Se non sul futuro di quel Paese, su quello che gli altri vogliono e come si immaginano la coesistenza nell’unione monetaria. Non era andata così in passato. Nella fase puramente finanziaria del contagio europeo (2010-2013) i vari protagonisti, anche con idee diverse, erano tutti concentrati su un obiettivo comune: calmare le acque. Ora è diverso. L’intensità delle ultime settimane, e le crepe nel governo dell’euro che hanno esposto, obbligano i principali Paesi a dire una volta per tutte come pensano che questa moneta possa darsi un assetto che ne garantisca il futuro.
È qui che le differenze fondamentali finalmente stanno venendo a galla. Francia e Italia, come nell’intervento dei rispettivi responsabili per gli Affari europei che riportiamo, parlano di un’area euro più politica: un Parlamento dell’unione monetaria, un bilancio comune. A Berlino invece le sensibilità sono diverse.
Per la prima volta la Germania sembra voler andare avanti senza curarsi del consenso di Roma e soprattutto di Parigi. Del progetto di Wolfgang Schäuble di assegnare la vigilanza sui bilanci dei governi a un organo «indipendente», togliendola alla Commissione, colpisce la motivazione: il presidente dell’esecutivo comunitario Jean-Claude Juncker era il candidato del Partito popolare alle Europee, dunque ha una legittimità politica e non può svolgere un compito tecnico come il controllo delle regole su deficit o debito. Berlino cerca di rimuovere la discrezionalità della politica dal funzionamento dell’unione monetaria. Vede le norme dell’euro come condizioni tecniche da rispettare, anche se riguardano il modo in cui i governi tassano e spendono.
La legge in Germania è una cosa seria, ma c’è anche altro: il timore che la violazione delle regole da parte di qualcuno obblighi i tedeschi a pagare per salvarli. Le cose finora non sono andate proprio così, nella misura in cui (anche) i contribuenti italiani hanno contribuito perché le banche tedesche uscissero indenni dai loro investimenti in Grecia. Eppure questo timore brucia talmente alla Germania da spingerla a mettere sul tavolo l’arma dell’espulsione dall’euro per chi non sta ai patti. Il messaggio è stato recapitato alla Grecia, ma perché tutti prendessero nota.
Schäuble ha ragione quando fa capire che Italia e Francia non possono chiedere la tutela di un bilancio europeo senza cedere sovranità. Il taglio delle tasse di Matteo Renzi, annunciato prima di parlarne a Bruxelles o spiegare le coperture, in questo disegno stride. E così la battuta di Manuel Valls, il premier di Parigi, sul fatto che la Francia si fa il suo bilancio da sé «perché è un grande Paese». Ma è difficile spiegare a Renzi o a Valls che la politica deve stare fuori dalle loro scelte, quando entrambi hanno il fiato sul collo delle forze anti-sistema decise a rompere con l’euro. La Grecia ha esposto queste visioni differenti, il punto ora è capire se sono compatibili. E come tutto nell’unione monetaria, non è affatto scontato.