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 2015  luglio 31 Venerdì calendario

Antidoping, la rivoluzione fallita del Coni. L’Arma dei Carabinieri era al centro del progetto ma dopo i proclami, nessuna nuova commissione

Avete presente il gioco dell’oca, dove si gira e rigira lungo un tortuoso percorso e si finisce sempre nella casella di partenza? Ebbene, nonostante gli scandali recenti e recentissimi, la linea del Coni in tema di antidoping sembra improntata solo a questa strategia. Un annuncio roboante, i mesi che passano e tutto che resta come prima. Il presidente Malagò aveva promesso nel febbraio scorso, quando “Repubblica” denunciò la politica inefficace e i risibili effetti dei controlli antidoping dell’ente del Foro italico (solo lo 0,4% delle positività…), di sistemare definitivamente la questione. L’arma vincente avrebbe dovuto essere…l’Arma, intesa come Arma dei carabinieri che avrebbero dovuto prendere in mano le redini dell’antidoping garantendo quella “terzietà” che è elemento essenziale di ogni organismo di inchiesta e giudizio. A quasi sei mesi di distanza nulla è cambiato. Nessuna nuova commissione, nessuna novità fra i responsabili delle varie sezioni dell’antidoping coniano. Nel frattempo è deceduto il generale Piccinno sulla cui fattiva collaborazione in molti facevano affidamento, per una scossa significativa nell’ambiente. Della “rivoluzione” di Malagò resta nella Cvd, la commissione ministeriale che si occupa del settore non professionistico, il braccio destro del compianto Piccinno, il maggiore Della Porta, per il resto tutto è tornato nelle mani del generale in pensione Nobili, cooptato già da tempo nel Coni-Nado, come responsabile della delicatissima Cammissione Controlli, quella che decide chi e come andare a testare. Insomma, tutto come prima della bufera “whereabouts” e della vicenda degli staffettisti frequentatori di un medico inibito (sanzionato per precedenti vicende doping) per assolvere i quali si è attesa l’entrata in vigore del nuovo codice (modificato appositamente?) nel gennaio 2015, quando il “reato” era già stato accertato inequivocabilmente nel settembre 2014. Con il vecchio regolamento sarebbero stati certamente condannati. Solo una coincidenza? E bastato “giocare” un po’ sui tempi in attesa delle nuove provvidenziali regole. Mentre dell’adozione integrale del sistema Adams per la reperibilità, annunciata da Malagò nell’autunno scorso si sono perse le tracce. Antidoping Coni a due velocità, dunque: rigore assoluto con Schwazer cui viene negato lo sconto di pena nonostante la fattiva collaborazione nell’inchiesta che lo ha riguardato e regolamento provvidenziale per gli staffettisti. Antidoping immobile nei risultati. Comprese le percentuali (scandalose) di positivi acclarati dal Coni: 4875 test e solo lo 0,4% di positività, secondo le cifre del report Wada, l’agenzia mondiale, del 2014. Contro il 4,2% della Cvd (su 1511 test) e quasi il 9% accertato dai prelievi fatti direttamente dai Carabinieri. Siamo al ridicolo. È chiaro: lo sport non vuole mollare il controllo dell’antidoping. Nonostante l’evidente fallimento. Anzi, fallito l’obbiettivo della “rigenerazione” del Coni-Nado, allunga le sue mani anche sulla Cvd. Che adesso è presieduta da Pino Capua, ex responsabile dell’antidoping della Federcalcio.