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 2015  luglio 31 Venerdì calendario

Yishai Schlissel, 40 anni, ebreo ultraortodosso, si è scagliato con un coltello di venti centimentri sul corteo del Gay Pride che sfilava per le vie di Gerusalemme. «È un sacrilegio», urlava. Sei giovani feriti, uno è grave. Aveva già colpito dieci anni fa alla stessa manifestazione, era uscito di prigione da pochi giorni

Non hanno nemmeno fatto in tempo a spalancare gli occhi per la sorpresa, tanto l’attacco è stato rapido, assurdo e imprevedibile. Una lama lunga venti centimetri comparsa in mezzo alla folla, tra migliaia di ragazzi, palloncini colorati, danze, musica e bandiere arcobaleno. Era un coltello quel luccichio che improvvisamente è saltato fuori dalla tasca di una giacca nera, un coltello che doveva punire la «marcia abominevole», il Gay Pride, a Gerusalemme. Sei giovani sono rimasti a terra, feriti. Due sono gravi.
L’assalto
Yishai Schlissel, 40 anni, ebreo ultraortodosso, ha aspettato i manifestanti di fronte a un supermercato nella centrale via Keren ha-Yesod. La situazione era tranquilla, pochi contestatori, la polizia che controlla ogni metro. Ma lui, imperturbabile, determinato, aspettava che il corteo gli passasse vicino. Un balzo oltre le transenne, dritto nel cuore del corteo. Yishai Schlissel urlava mentre menava feroci fendenti contro quelli che «stavano violando la Città dei Re, la città Santa».
Un testimone, Shai Aviyor, ha raccontato a Channel 2 di aver visto «un giovane ultra-ortodosso accoltellare chiunque si trovasse sulla sua strada. La gente gridava e scappava. Corpi e sangue erano rimasti per terra».
Tempismo «perfetto»
Yishai Schlissel era uscito da pochi giorni dal carcere, dove aveva scontato dieci anni per tentato omicidio. Quando gli agenti l’hanno bloccato e identificato la rabbia si è mischiata all’amarezza. In prigione Schlissel ci era finito nel 2005 per un attacco identico: si era scagliato sul Gay Pride – il primo di Gerusalemme – e aveva pugnalato tre persone. Condannato a 12 anni, era uscito con una riduzione di pena.
Da giorni circolava una sua «dichiarazione di intenti», una lettera scritta a mano e distribuita nel suo quartiere in cui spiegava che «quegli scellerati vogliono organizzare una marcia nella città del Re di tutti i Re. Vogliono profanare il suo Tempio. Vergogna. È dovere di ogni ebreo impedire tale sacrilegio, anche a costo di essere percossi o arrestati».
E proprio per le annose tensioni tra ortodossi e comunità omosessuale mai come ieri Gerusalemme era blindata. Il percorso del corteo era stato studiato apposta perché non passasse in quartieri ortodossi, e i rabbini da tempo sollecitavano i fedeli a ignorare il Gay Pride. Solo qualche settimana fa a Mea Shearim si era tenuta una manifestazione contro l’omosessualità e ieri, a debita distanza dal Gay Pride, si era svolta una manifestazione di attivisti di destra che protestavano contro la «marcia obbrobriosa». Ma nessun incidente.
Tutti al sicuro
Netanyahu ha condannato «il grave crimine di odio. In Israele, tutti, compresi i membri della comunità gay, hanno diritto di vivere in sicurezza». Ma fra i partiti di sinistra vicini alla comunità omosessuale si accusa il premier di aver in passato assecondato correnti retrive dell’ebraismo. Per combattere «i dispensatori di odio – affermano – occorre agire con determinazione in Parlamento, con una legislazione degna di un Paese civile».