Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  luglio 31 Venerdì calendario

Sull’autobus con Stefano Esposito. Il neoassessore ai Trasporti della Capitale prende il 30 da Corso Risorgimento, e in soli dieci minuti raggiunge il Campidoglio. Certo è sporco, puzza ma almeno ha l’aria condizionata. Fortuna? «E allora? Le sembra negativo avere a Roma un assessore ai Trasporti fortunato?». Intanto però parla dell’Atac, dei suoi debiti con le ditte fornitrici (431 milioni, per questo il tetto è tenuto su con un pezzo di nastro adesivo), della privatizzazione («Per ora studio e sto zitto»), dell’autista sospeso («Ha capito di aver violato le regole ma la pena dev’essere proporzionata al peccato») e poi promette: «Se un macchinista si azzarda a rifare quello che hanno fatto, cioè a fermare il convoglio con qualche scioperetto selvaggio, io quel macchinista giuro che lo a-sfal-to! Chiaro?»

«Qual è il bus che dobbiamo prendere?».
Il numero 30, assessore.
«Ce l’ha il biglietto?».
I biglietti li compriamo in tabaccheria, lì dietro.
«Lasci stare: ne ho già acquistato uno anche per lei».
(Con il nuovo assessore ai Trasporti di Roma, il senatore Stefano Esposito, alla fermata Atac di corso Rinascimento: sotto il sole a picco, con le scarpe che lasciano impronte sul marciapiede, insieme ad altri cittadini romani che aspettano rassegnati. «Povera gente... una pensilina, effettivamente, farebbe comodo». Poco fa, nel suo ufficio di Palazzo Madama, Esposito ha incontrato Cristian Rosso, l’autista sospeso a tempo indeterminato per aver pubblicato su YouTube un video in cui denuncia i disservizi dell’azienda per cui lavora. Lo ha ascoltato con interesse, poi si sono scattati un selfie: Esposito è un tipo tosto, veloce, spiazzante, lucido, determinato. Il Pd prima gli ha chiesto di bonificare quella fogna criminale che era diventato il municipio di Ostia: adesso di prendersi cura del trasporto pubblico che a Roma ha raggiunto i livelli di Kabul, mine a parte).
«Saranno cinque fermate... Ma almeno l’intervista la facciamo guardando da vicino, salendo dentro il problema. Intanto, vediamo che ora è: mhmm... sono le 14.35... Così calcoliamo i tempi di attesa».
Assessore, questa però non è un’ora di punta.
«Vero. Ma io lo sfizio voglio togliermelo lo stesso».
Cos’ha detto all’autista che l’Atac vuole punire in modo esemplare?
«È un bravo ragazzo. Ha capito di aver violato le regole. E sa di dover essere punito. Però, come ho anche spiegato alla sua azienda, la pena dev’essere proporzionata al peccato: sospendetelo per due, tre giorni... È assurdo sospenderlo a tempo indeterminato!».
Il suo primo contatto con l’Atac è stato ruvido.
«Ruvido? No, necessario. I vertici dell’azienda sanno che io non interferirò mai con il loro lavoro: da me non riceveranno mai una telefonata per sollecitare una promozione, per chiedere un’assunzione...».
Posso chiederle una battuta su Gianni Alemanno?
«No, la prego: su Alemanno... no, proprio no».
Atac: davvero verrà privatizzata?
«Non è un problema all’ordine del giorno. E, comunque, il sindaco Marino non pensa di privatizzare, pensa – caso mai – di trovare un partner al 49%...».
Quindi se...
«No, alt! Glielo dico con il cuore: io ho il terrore di infilarmi in un dibattito ideologico del genere che piace tanto ai grillini... tipo: privatizzare è bene o è male? Per ora, quindi, sto zitto e mi studio l’azienda».
C’è poco da studiare: bus guasti, sporchi, fatiscenti. La metro che viaggia con le porte aperte, i macchinisti che, all’improvvisano, frenano e spengono i motori.
«Guardi: io sono per il dialogo. Sui giornali vengo descritto come un duro e puro a favore della Tav, ma invece io sono per incontrare, capire, risolvere: con i sindacati e con l’azienda voglio fare un patto serio...».
Sarebbe, questo patto?
«Ridiamo dignità ai nostri clienti, cioè i cittadini romani, e orgoglio ai dipendenti. E se il patto viene accettato e tiene, allora io le dico pure che...».
Che?
«Che se un macchinista si azzarda a rifare quello che hanno fatto, cioè a fermare il convoglio con qualche scioperetto selvaggio, io quel macchinista giuro che lo a-sfal-to! Chiaro?».
(Intanto arriva il bus numero 30: saliamo a bordo).
«Timbro io per lei».
Grazie.
«C’è l’aria condizionata...».
Guardi i sedili, osservi il sudiciume del pavimento, senta che tanfo.
«Mhmm... Lei pensa che a Torino e Milano i bus siano in condizioni migliori?».
Sì, francamente sì.
«Sbaglia. E comunque: l’altro giorno ho incontrato alcuni suoi colleghi stranieri, corrispondenti di grandi testate, gente che vive a Roma da una decina d’anni. E tutti erano d’accordo su un punto: il trasporto pubblico, nella Capitale, è sempre stato un problema. Solo da un paio di mesi è diventato tragico».
Guardi lì: un pezzo del tetto è tenuto con il nastro adesivo.
«Lasci stare: ho appena scoperto che l’Atac ha un debito di 431 milioni d’euro con le ditte fornitrici di ricambi...».
Salutiamo il conducente?
«Certo!»
(Il conducente avrà una trentina d’anni: indossa jeans, scarpe da basket, la camicia della divisa portata fuori dai pantaloni è sbottonata fino all’ombelico, nel taschino il telefonino e gli auricolari – pronti per una bella chiacchierata – sul collo. Quando Esposito si presenta, lui sbianca e balbetta. «Bo... bon... bongiorno»).
Scendiamo. Questa è la fermata del Campidoglio.
«Vediamo un po’... Sa quanto ci abbiamo messo? Dieci minuti! Buono, no?».
Eh... è stato fortunato, assessore.
«E allora? Le sembra negativo avere a Roma un assessore ai Trasporti fortunato?».