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 2015  luglio 30 Giovedì calendario

Denis Verdini ha presentato il suo gruppo, Ala, assicurando che «nessuno di noi ha intenzione di entrare nel Pd». La spiegazione è suggestiva: «Quando da ragazzi eravamo al bar, e c’erano le sfide fra Mennea e Borzov, i comunisti facevano il tifo per Borzov. Io per Mennea, e le cose non sono cambiate». E però le rassicurazioni non rassicurano. A sinistra lo scandalo è di fuoco («È nato il governo Renzi-Verdini-Azzollini. Che tristezza!», twitterà Nichi Vendola) e mentre va in aula, proprio a votare contro l’arresto di Antonio Azzollini, Verdini aggiunge «né nel Pd né in maggioranza né tantomeno al governo»

Denis Verdini ha appena detto in conferenza stampa che «nessuno di noi ha intenzione di entrare nel Pd». La spiegazione è stata suggestiva: «Quando da ragazzi eravamo al bar, e c’erano le sfide fra Mennea e Borzov (sprinter dell’ex Urss, ndr), i comunisti facevano il tifo per Borzov. Io per Mennea, e le cose non sono cambiate». E però le rassicurazioni non rassicurano. A sinistra lo scandalo è di fuoco («È nato il governo Renzi-Verdini-Azzollini. Che tristezza!», twitterà Nichi Vendola, uomo dal garantismo altalenante) e mentre va in aula, proprio a votare contro l’arresto di Antonio Azzollini, Verdini aggiunge «né nel Pd né in maggioranza né tantomeno al governo».
Avanti tutta
Insomma, gli preme di portare avanti le riforme stabilite col patto del Nazareno, niente altro. «Non voteremo mai la fiducia a Matteo Renzi, significherebbe passare in maggioranza e noi siamo all’opposizione e ci vogliamo rimanere». Strano, perché se non si vota la fiducia si rischia di far cadere il governo, e addio legislatura costituente, addio all’ammodernamento del paese che è il motivo unico della nascita di Ala, acronimo del gruppo verdiniano, cioè Alleanza liberalpopolare-autonomie (prima della conferenza stampa di presentazione si era scherzato: «Ma ala destra o ala sinistra?», «dipende dai casi», aveva risposto il deputato Massimo Parisi). «Non ci importa nulla», insiste Verdini, «non voteremo la fiducia, voteremo le riforme e alcuni provvedimenti se condivisi. Fine».
In fondo è comprensibile: a Renzi la fiducia la voteranno i suoi per arrivare in fondo alla legislatura. Eppure è difficile pensare a Verdini che lascia Berlusconi senza farsi venire sospetti. E qui Verdini si blocca un attimo, completa il ragionamento fatto poco prima: «Io ora parlo di Berlusconi e poi mai più. Perché gli voglio bene. Ho per lui una stima infinita e lasciare lui e Forza Italia è stato un dolore immenso e il dolore è una questione privata. Berlusconi rimane un gigante, che ha trasformato la politica, il linguaggio, l’imprenditoria, tutto ciò che ha toccato. Lui vede sempre oltre, vede quello che gli altri non vedono, stavolta me compreso. Stavolta non capisco la sua posizione durissima su riforme che fino a un certo punto abbiamo condiviso tutti. Al suo fianco, purtroppo, ormai ero a disagio». Oltretutto il cambiamento di opinione è stato improvviso e drastico, «e dipende dall’idea che lui si è fatto del paese e non è la mia, forse dipende anche da chi gli sta attorno».
Il dubbio
Verdini ha fretta, sta entrando in aula ma c’è da capire meglio perché in conferenza stampa abbia detto che la legge elettorale può cambiare, si può dare il premio alla coalizione piuttosto che al partito. Si pensa già al 2018? Alle elezioni? Ad Ala federata al Pd? «Queste sono tutte dietrologie. Andare con chi? Per fare che cosa? Leggo anche io le stupidaggini di twitter e facebook, ma non è vero nulla. Nemmeno che si sta parlando con gli alfaniani. Non avrebbe senso: penso che presto il centrodestra imploderà e non sappiamo che cosa succederà dopo, è inutile dire sciocchezze su che faremo fra tre anni. Per ora si fa le riforme che non sono le riforme di Mussolini. Poi si vedrà». In conferenza stampa aveva ricordato a Roberto Speranza che, da capogruppo Pd, aveva partecipato «da aiuto regista» al Nazareno, cioè a quello che oggi definisce «un film dell’orrore». Ora a tutti gli altri che a sinistra «fanno dietrologia» ricorda la Costituzione «che sbandierano di mattina e di sera, e che contiene un principio secondo cui i parlamentari non hanno vincolo di mandato: l’unico vincolo è la loro coscienza. Forse ci crederanno in pochi, ma di coscienza ne ho una anch’io». Si infila in aula. «Verdini, però adesso lei è renziano». Torna indietro serio: «Nel mondo moderno la politica vive sulle leadership. E oggi in Italia ci sono le leadership di Berlusconi, di Salvini, di Grillo e di Renzi. Quest’ultima è una leadership che si muove nel campo a noi avverso e che però, per noi moderati, ragiona nel modo più attrattivo. Niente di più». E soprattutto niente di meno.